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Davide Van De Sfroos torna con il nuovo album: tutte le strade e le storie portano sempre al folk

"Maader Folk" riporta in scena il cantautore laghée, a sette anni di distanza dal precedente lavoro

Davide Van De Sfroos torna dopo sette anni con un nuovo album, "Maader Folk". Benevola e consolatrice, "la madre" protagonista del titolo e della cover, è una figura capace di apparire in sogno e indicare una via cantautore laghée: quella del folk e di tutte le sue possibili espressioni. Le quindici canzoni contenute sono un viaggio che "non dimentica il passato" e lo riporta al genere musicale amato e a certi sapori celtici degli esordi, avvicinandolo a sonorità inedite, curiose e sperimentali, grazie anche alla collaborazione col produttore Taketo Gohara, tra "immagini surreali e simboliche che abbracciano le persone e i loro luoghi, la loro terra, con lo slancio verso la speranza e la voglia di respiro".

Durante la presentazione, il cantautore racconta la genesi del disco, terminato a gennaio 2020 appena prima della pandemia, ma con cui ha dovuto avere a che fare, dato che è stato poi rimandato, via via metabolizzato con quello che intanto accadeva fuori e a cui mancava ancora un titolo: "Raramente un lavoro di questo tipo attraversa un periodo, un evento, cosi lungo e destabilizzante", esordisce Van De Sfroos. Durante il lockdown, con l'uscita posticipata "riascolti le canzoni, provi a vedere se c'è qualcosa da correggere o aggiungere, ma le canzoni non possono e non devono essere cambiate. La cosa commovente, ma anche strabiliante, era analizzare le tematiche e i titoli dei brani alla luce di quello che stava succedendo. Alcune canzoni sembravano essere state scritte proprio per quel periodo".

 

Fabrizio Cestari

 

Intanto "era tutto pronto e invece abbiamo rimandato, rimandato, aspettato. Nel frattempo il disco era fatto e finito, però aveva una canzone in meno ed era senza titolo, perché non ne trovavo uno che mi soddisfacesse davvero".

 

E il titolo, alla fine, è arrivato, passando proprio dal Covid: "Mi sono ammalato anche io, con tutta la mia famiglia. Niente di grave, ma la sera si alzava un po’ la febbre e mi sembrava di delirare. Era il periodo del Festival di Sanremo. Una notte sono andato a letto ma faticavo a dormire e lasciavo come altre volte accesa la radio con playlist improbabili. Ho poi sognato una donna dal volto multietnico che mi ha detto di non preoccuparmi e di restare aggrappato al mio folk. Mi ha messo in uno stato di calma e il giorno dopo ho pensato che quella madre folk poteva essere il titolo del disco", ha raccontato.

 

Come spiega il cantautore, "Maader Folk" è un disco "seminato nei boschi, nelle valli, sulle rive e nei laghi. Immerso nella natura. Questo è un disco che torna a casa e, anche se fa un po' il pioniere in certi suoni, il folk resta maestro. Resta attaccato alla terra e a un certo modo di essere; per questo appartiene a chi sente il richiamo di casa".

 

 

A fare da apripista al disco è stato, oltre al singolo "Gli spaesati", "Oh Lord, vaarda gio", insieme a Zucchero. Un brano scritto in passato e lasciato a lungo nel cassetto che aveva "scritto come richiesta di liberazione emotiva e spirituale non tanto tanto per chiedere a Dio di risolvere i problemi al posto nostro. Voleva essere una richiesta di indicazioni alla bussola dell’anima, su come muoverci e interpretare i segni del nostro percorso".

 

Da qui spiega di averla riscoperta e ha pensato "grazie a qualche frase in un inglese maccheronico per quella che voleva essere una preghiera laica, ho pensato, anzi, ho sognato di farla ascoltare a Zucchero, che avevo conosciuto dieci anni fa e con il quale sono sempre rimasto in amichevole contatto. La sua voce sarebbe stata perfetta". L'incontro era avvenuto nel 2011, quando portò "Yanez" a Sanremo e duettò con la figlia, Irene Fornaciari. “Ho pensato di fargliela sentire; allora Zucchero era in tour con Sting e ci ha chiesto se potevamo aspettarlo e gli ho risposto 'Secondo te ho altro da fare?'", commenta divertito. "Poi, spontaneamente, ha fatto quello che non osavo chiedergli: ha inserito strofe nel suo dialetto che rendono il brano un invito spirituale a una latitudine universale", ricorda.

 

Per quanto invece riguarda la presentazione dal vivo sui palchi d'Italia del nuovo lavoro, Van De Sfroos spiega: "Speriamo ora che il futuro teatrale ci dia presto la possibilità di ripartire, abbiamo ancora in ballo due date rimandate", non nascondendo un desiderio: "Mi piacerebbe in una presentazione portare uno spirito di grande festa, celebrando il disco".

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