Ritornano per la decima volta sulla Croisette i celebri fratelli belgi già vincitori della Palma d'oro con "Rosetta"
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Cannes 78 si avvia verso il gran finale con i fratelli belgi Jean-Pierre e Luc Dardenne, che tornano per la decima volta sulla Croisette con "Juenes Meres" (Giovani Madri), film di cui si parla come di un nuovo capolavoro per
sensibilità e umanità e che per molti potrebbe aspirare alla Palma d'oro. Sul red carpet e non solo però la vera star è italiana ed è Alessandro Borghi. "Unconventional" cowboy per "Testa o Croce?" di Matteo Zoppis e Alessio Rigo de Righi in concorso a Un Certain Regard, l'attore torna al festival dopo avere scalato Le 8 Montagne con
l'inseparabile Luca Marinelli nel 2022.
L'attore e l'interprete francese poliglotta Nadia Tereszkiewicz sono Santino e Rosa, in fuga dalla terra dei butteri in un western che parte classico e diventa surreale fantasticando sulla visita di Buffalo Bill (John C. Reilly) in Italia nel 1890 e nel 1906 che leggenda vuole abbia avuto anche una sfida tra cowboy americani e butteri maremmani. Nel film, in un rodeo tra cavalieri americani e italiani, la giovane moglie del signorotto locale, Rosa, si innamora di Santino, il buttero che vince la sfida e intravede una strada verso la libertà. In seguito all'omicidio del marito, i due fuggono inseguiti, anche perché sulla testa di lui c'è una grossa taglia. E poi rivoluzionari alla Pancho Villa, traditori delle paludi, vendette: come in ogni ballata western che si rispetti, il destino lancia la moneta.
"Santino mette davanti a tutto le sue fragilità e i suoi limiti, non sa sparare, non sa gestire le situazioni esplosive, si fa tirare dentro gli eventi, sa solo andare a cavallo, insomma è un cowboy ma anche un meraviglioso scemo emblema di tutti noi maschi e l'ho trovato meraviglioso", dice Alessandro Borghi parlando di un set lungo, comunitario, caotico e creativo tra il Circeo e la Toscana.
Uno degli attori più amati della sua generazione ha scelto di stare dentro l'avventura "fuori dagli schemi di due matti che sono i nostri registi, perché era una storia originale come raramente capitano. ha detto all'Ansa l'attore: "In quanto sono riusciti a inserire in un mondo western un cambio di marcia per metterci tutta una serie di tematiche che sono estremamente contemporanee e che hanno messo tutti noi nella condizione di lavorare sull'indole dei personaggi per portare messaggi diversi da quelli machisti cui sono collegati. È stata un'esperienza
straordinaria di fango, polvere, cavalli, scene cambiate, 'discusse', improvvisazioni, crisi di nervi, gente che litiga,
poi si abbraccia".
Accanto a lui c'è Nadia Tereszkiewicz, che già Valeria Bruni Tedeschi aveva scelto come protagonista del suo film "Forever Young - Les Amandiers" e che il pubblico ha potuto apprezzare al cinema in "Mon Crime - La colpevole sono io" di Francois Ozon. "Rosa fa un percorso esistenziale, poetico e vive una grande storia d'amore. Ho imparato ad andare a cavallo, a studiare l'italiano, ma impazzivo sul set con tutto quel caos, poi ho capito e ho amato tutto molto", prosegue l'attrice francese.
Come i due registi al loro secondo lungometraggio di finzione (il primo era Re Granchio, alla Quinzaine nel 2021), hanno messo in piedi un progetto così 'kolossal', anche divertente per un pubblico non cinefilo, coinvolgendo Borghi? "Ognuno di noi è mosso da qualcosa di diverso, io sento un grande bisogno di fare cose strane, storte, matte. Poi quando mi mettono in mezzo alle montagne o in mezzo al fango e alla polvere io sono felice, perché mi piace tantissimo provare a rimanere più tempo possibile fuori dalla mia routine, comfort zone, quindi questo film lo dovevo fare per forza. Qui ci sono stati produttori straordinari che hanno rischiato soldi, il motivo per cui eravamo su quel set era lo stesso per tutti ed è stato qualcosa di poetico".
L'immagine di Santino ricorda Terence Hill: "È un grandissimo complimento. L'ho conosciuto a 19 anni che faceva Don Matteo. Nella mia testa lui c'era ma poi quando abbiamo cominciato non ho pensato più a lui né ad altri riferimenti". Cercare di dare al pubblico una lettura nuova del western, "sovvertire il genere - dicono i registi - ci piaceva molto e ci permetteva di essere contemporanei". L'avventura di Testa o Croce? è stata importante: "In questo mestiere c'è l'innamoramento e poi arriva il disamoramento, ora proprio l'incazzatura per come vanno le
cose, i film partono, non partono... Ogni tanto ti devi fermare e per ripartire devi ricordarti le origini per cui fai questo mestiere: raccontare le storie con passione e ricominciare daccapo", conclude Borghi.