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Una legge sui disturbi alimentari? Le associazioni: “I social non sono i soli fattori di rischio”

Stefano Tavilla, presidente dell'associazione 'Mi Nutro di Vita' - promotore della Giornata del Fiocchetto Lilla sui disturbi del comportamento alimentare – e Aurora Caporossi, presidente dell’associazione Animenta, hanno commentato il disegno di legge presentato in Senato.

Una legge sui disturbi alimentari? Le associazioni: “I social non sono i soli fattori di rischio” - foto 1
-afp

Di cause legate ai disturbi del comportamento alimentare (DCA) muoiono circa 4mila giovani all'anno.

Problematiche, i DCA, che riflettono un rapporto malsano con il cibo e che spesso vengono addirittura incoraggiate sul web. Proliferano infatti – in maniera preoccupante – le pagine e i siti web che alimentano questi disturbi legati al cibo, dando consigli su come farsi passare la fame o come perdere peso in modo sbagliato.

 

Proprio per questo, Fratelli d'Italia ha presentato un Ddl che mira a introdurre il reato di istigazione, a questi e ad altri disturbi alimentari, nel codice penale. Nel mirino della proposta di legge i famigerati 'thinfluencer', ma non solo: per tutti coloro che istigano questo tipo di disturbi sono previste sanzioni che vanno dai 20mila ai 60mila euro e fino a due anni di carcere.

 

I cinque articoli della proposta di legge

 

La forte deregolamentazione che caratterizza il web fa sì che non sempre sia possibile rintracciare pagine dai contenuti rischiosi. Ecco perché, tra gli elementi del Ddl, è previsto un sostegno alle famiglie in tal senso, per aiutarle ad approcciarsi a questi problemi. A questo si aggiunge una relazione annuale alle Camere che dovrà essere predisposta dal Ministero della Salute. Tra gli articoli del Ddl, inoltre, vi è la proposta d'istituzionalizzare la giornata contro i disturbi alimentari, oggi ricordata il 15 marzo con la Giornata del Fiocchetto Lilla, e la programmazione di interventi volti a prevenire e curare i disturbi alimentari. Tra questi anche quelli con la finalità di "provvedere alla preparazione e all’ag­giornamento professionali del personale sa­nitario e scolastico".

 

"Oltre il 5% della popolazione pari a circa 5 milioni di persone - ha detto Lucio Malan, capogruppo di Fratelli d'Italia in Senato, al 'Sole24Ore' - è affetta da disturbi del comportamento alimentare. Il Ddl introduce misure di sostegno per chi ne è colpito e punisce chi incoraggia questi comportamenti, che non di rado hanno conseguenze fatali". Il Disegno di Legge introduce così l'articolo 580bis, che punisce chi convince le vittime – spesso anche minorenni – che il loro corpo è sbagliato: in questi casi la sanzione può arrivare fino a 150mila euro, con 4 anni di carcere. La proposta è un primo passo per sensibilizzare su un tema che è troppo spesso passato in sordina: eppure i disturbi del comportamento alimentare – stando ai dati dell'OMS - consistono nella seconda causa di morte tra le ragazze nella fascia di età tra gli 11 e i 25 anni.

 

Il promotore della Giornata del Fiocchetto Lilla: "Nel Ddl nessuna novità"

 

La proposta di legge però non convince chi da tempo si batte perché i disturbi del comportamento alimentare vengano riconosciuti come delle vere e proprie malattie. Come Stefano Tavilla, presidente dell'associazione 'Mi Nutro di Vita' e fondatore della neonata Fondazione Fiocchetto Lilla: fu proprio lui, nel 2012, a promuovere la Giornata Nazionale del Fiocchetto Lilla per sensibilizzare sui disturbi legati al comportamento alimentare, poi istituzionalizzata nel 2018. Da più di 10 anni Tavilla si batte affinché nessuna famiglia sia costretta a vivere il suo stesso dramma personale: nel 2011 la figlia Giulia è scomparsa in seguito a complicazioni derivanti dalla bulimia. Il suo impegno gli è valso il riconoscimento di 'Ufficiale dell'Ordine al Merito della Repubblica Italiana', e proprio a lui il sito Skuola.net ha chiesto di commentare il disegno di legge. 

 

Secondo Tavilla però, c'è ancora molto da fare: "In realtà il Ddl non introduce nessuna novità. In questo testo è inserita nuovamente una vecchia proposta di legge: l'introduzione di reato di istigazione a pratiche che possono portare a un disturbo alimentare e conseguente pena detentiva. Sono proposte già fatte dalle senatrici Lorenzin, Marzano e Rizzotti". Il presidente di 'Mi Nutro di Vita', piuttosto, specifica la necessità di chiamare le cose con il loro nome: "Di fronte ai numeri non si può parlare di disturbi, ma di vere e proprie malattie sociali". Ed è quanto intende fare il primo articolo della proposta di legge, che riconosce l’anoressia nervosa, la bulimia nervosa, il disturbo da alimentazione incontrollata e il disturbo evitante/re­strittivo come malattie sociali, oltre a defi­nirle nello specifico.

 

I numeri, in effetti, dipingono un quadro allarmante: si tratta di patologie che riguardano oltre 3 milioni e mezzo di persone, con oltre 4mila decessi annui. "Non dimentichiamo – aggiunge Tavilla - che queste malattie hanno visto un incremento di circa il 50% di primi accessi, e soprattutto che l'età di insorgenza della malattia è sempre più bassa: ormai si parte dai bambini di 8 anni”. Alla base di tali patologie – secondo Tavilla– c'è un rapporto distorto con le proprie emozioni, che si riflette in un legame malsano con le stesse, generando problematiche che originano dalla mente e si riversano sul corpo. Ed ecco perché anche l'istigazione gioca un ruolo marginale secondo Tavilla: "L'istigazione in sé non è un problema perché chi frequenta determinati ambiti ha già un problema, per cui influisce zero sullo sviluppo dei DCA".


Introdurre il reato di istigazione non significa fare prevenzione

 

Ciò non significa che il web non ricopra un ruolo importante in questo contesto. Pagine e portali atti a diffondere un modello sbagliato di vita alimentare, secondo l'ideatore della Giornata Nazionale del Fiocchetto Lilla, andrebbero chiusi: "Naturalmente modelli distorti possono creare delle false aspettative nei confronti di chi guarda. Da questo punto di vista andrebbe regolamentato il web. Se ci sono pagine e profili che diffondono modelli pericolosi, la piattaforma andrebbe semplicemente chiusa. Ci sono anche i mezzi per poterlo fare ma il problema è che non viene fatto dalle varie piattaforme web".

 

L’intento del disegno di legge sarebbe, inoltre, di prestare una maggiore attenzione alla salute mentale dei giovani, anche a scuola, e di offrire un più efficace sostegno alle famiglie. Per Tavilla, però, gli sforzi dovrebbero essere maggiormente orientati a contrastare l’insorgere del problema: "In questo disegno di legge di prevenzione non se ne parla. Come detto, i bambini sono i più esposti a queste malattie". Non è del tutto efficace quindi, secondo Tavilla, programmare interventi che vadano a constatare la patologie e migliorare le cure senza un concreto ruolo della prevenzione: "Fare prevenzione significa intervenire prima, quindi con progetti ad hoc che partano dalla scuola primaria". In questo senso, Tavilla indica la strada da seguire: "Bisogna insegnare ai bambini a relazionare le loro emozioni col cibo, non è facendogli fare attenzione sul peso che li aiutiamo. Esistono progetti a questo proposito bellissimi che puntano proprio sulla prevenzione primaria e sul rapporto tra cibo ed emozioni".

 

Aurora Caporossi: “Lavoriamo ancora sui margini”

 

Un’altra voce autorevole sul tema è quella di Aurora Caporossi, fondatrice e presidente dell’associazione no-profit Animenta, che ha lo scopo di raccontare, informare e sensibilizzare sui disturbi del comportamento alimentare, nonché di portare un supporto concreto su tutto il territorio. Caporossi, sul tema, ha le idee chiare: "Credo - ha detto a Skuola.net - che ancora una volta ci stiamo perdendo il fulcro centrale della questione: in Italia mancano le cure, le strutture e i professionisti che sappiano prendere in carico le persone. È qui che dobbiamo concentrarci, è su questi aspetti che dobbiamo lavorare".

 

Sul disegno di legge e sull’introduzione del reato di istigazione, inoltre, fa notare che "sono state diverse le proposte di legge presentate prima di questa per affrontare il tema dell’istigazione ai disturbi alimentari e la domanda che rimane è una: mettiamo in carcere persone affette da una patologia grave come un disturbo alimentare? Perché chi gestisce quei profili sta, molto spesso, anche lei/lui affrontando quel tipo di patologia”.

 

Secondo Aurora è necessario, quindi, provare a fare di più. Perché i disturbi del comportamento alimentare sono una problematica complessa, sulla quale bisogna agire con grande consapevolezza. Intervenendo sulle cause profonde di queste malattie.  "Si rischia - commenta Caporossi - di far passare il messaggio che i social media siano gli unici fattori di rischio per l’insorgenza di un DCA, e questo non è scientificamente corretto. Perché i disturbi alimentari hanno una patogenesi multifattoriale in cui rientrano i fattori bio-psico-sociali. I social possono creare sì un terreno fertile, ma non sono l’unica causa. Non dobbiamo quindi mai dimenticarci del nucleo psicologico che queste patologie hanno.  Qui lavoriamo ancora sui margini, e non entriamo mai nel fondo della questione”.

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