Non basta essere cresciuti a contatto con le nuove tecnologie per essere immuni da phishing, vishing e affini. Lo conferma l’Osservatorio sull'Educazione finanziaria, realizzato da Skuola.net in collaborazione con la Banking Academy di ESG Italy di UniCredit
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L’educazione finanziaria, come il denaro, non cresce sugli alberi. Così come non basta essere nativi digitali per essere al riparo dalle truffe finanziarie: come direbbero loro, il 38% è già stato scammato, cioè vittima di almeno un “raggiro digitale” legato ai propri strumenti finanziari.
A evidenziare questo quadro è la nuova edizione dell’Osservatorio sull'Educazione finanziaria, realizzato da Skuola.net in collaborazione con la Banking Academy di ESG Italy di UniCredit, interrogando - letteralmente - nei mesi scorsi 1.500 giovani (tra i 14 e i 29 anni) su abitudini e competenze di carattere economico.
Spesso le basi dell'educazione finanziaria sono assenti ingiustificate
La situazione appena descritta affonda le sue radici proprio nel terreno delle conoscenze economiche di base delle nuove generazioni che, guarda caso, spesso e volentieri non sono affatto eccezionali: il 52% risulta essere non sufficientemente alfabetizzato sui temi finanziari, non essendo in grado di rispondere correttamente alle domande inerenti almeno 3 argomenti sui 4 ritenuti fondamentali come l’inflazione, la diversificazione degli investimenti, il calcolo degli interessi semplici e composti.
Anche in questo campo del sapere, però, le ragazze si comportano meglio dei ragazzi: 43,6% di “analfabete finanziarie” a fronte di una quota record del 59,5% tra i maschi. Un trend che ritroviamo pure alla voce truffe finanziarie online, che hanno colpito solo l’11% delle prime e ben il 61% dei secondi. Il motivo principale? Superficialità: così secondo quasi 9 maschi su 10 (e “solo” 3 femmine su 5).
Confermando uno stereotipo di genere purtroppo noto da tempo, anche nelle vecchie generazioni: le donne tendono a essere più preparate in teoria ma meno confidenti nella pratica, mentre gli uomini l’esatto opposto. Basta confrontare quanti ragazzi investono i propri risparmi: il 18% contro il 3,9% delle ragazze, pur conoscendo meglio queste ultime le tematiche tecniche.
Questa è l’ennesima dimostrazione che l’educazione finanziaria non va considerata un optional delle competenze che la scuola dovrebbe trasmettere bensì una imprescindibile necessità, come ha ribadito il recente aggiornamento delle linee guida sull’educazione civica che incoraggia lo sviluppo di percorsi di financial literacy.
Lavorare sui giovani è fondamentale
Si tratta del frutto di un processo iniziato qualche anno fa con la discesa in campo della Banca d’Italia e dei principali attori di sistema, che hanno iniziato a trasferire le proprie competenze specifiche al sistema scolastico.
In tal senso, una delle iniziative più longeve è rappresentata dalla Banking Academy di ESG Italy di UniCredit, che da circa quindici anni opera in centinaia di scuole superiori e università italiane, per generare un impatto sociale positivo facendo crescere la cultura finanziaria di studentesse e studenti, con programmi come Startup Your Life, il progetto dell’istituto di credito rivolto alle scuole superiori. Che è arrivato a formare ogni anno oltre 35.000 giovani su temi legati alla gestione del denaro, all’imprenditività e alla sostenibilità.
E in questo contesto rientrano anche i Campionati di Educazione Finanziaria e Sostenibilità 2025 - in corso di svolgimento in questi giorni - che rappresentano uno dei punti di approdo proprio del progetto Startup Your Life, nonché dell’impegno di UniCredit per contrastare i dati negativi emersi dalle varie indagini sul tema.
Il percorso, infatti, è in itinere da tempo, con attività simili condotte negli scorsi anni. Che hanno già portato a risultati apprezzabili. La dimostrazione? I 14-21enni, oggi, si comportano nettamente meglio dei 22-29enni, confermando che l’educazione finanziaria, quando presente in modo continuativo a scuola, si dimostra il più potente antivirus che esista.
Qualcosa si muove
Un trend che trova una conferma anche nell’autorevole osservatorio OCSE PISA: i 15enni italiani testati nel 2022 hanno visto migliorare il loro punteggio medio in financial literacy di ben 17 punti rispetto al 2012, pur restando comunque sotto la media rilevata nei Paesi aderenti all’organizzazione.
Segno che bisogna continuare nella missione e moltiplicare gli sforzi, anche perché in mancanza di fonti informative diverse dalla famiglia sono soprattutto altri a dettare le regole di comportamento, in primis i genitori: solo il 38,1% del campione intervistato possiede un conto corrente strettamente personale e il 56,8% lo ha aperto, guarda un po’, nell’istituto di credito di mamma o papà.
Anche i più giovani esposti ai raggiri digitali
Così non stupisce che fenomeni come il phishing, il vishing o lo smishing restino poco conosciuti: solo il 51% sa riconoscere che si tratta di truffe finanziarie. Ma anche la violenza economica trova terreno fertile: solo il 57% delle ragazze riesce a coglierne tutte le sfumature, contro il 23% dei ragazzi. In termini pratici, questo vuol dire non essere in grado neppure di riconoscerla, sia che la si agisca sia che la si subisca.
Altro aspetto su cui le nuove generazioni di italiani tendono a seguire le orme genitoriali è anche la propensione al risparmio, che c’è ma continua a puntare su metodi fortemente ancorati alla tradizione. Perché, se è vero che appena 1 su 10 dichiara di non avere denaro da parte, va altresì sottolineato che ben 4 su 10 riescono a risparmiare, preferendo però conservare le somme prevalentemente in contanti.
Quasi altrettanti, poi, lasciano la maggior parte dei risparmi sempre fermi e su strumenti come il conto corrente o le carte prepagate. A conti fatti, solo il restante 10% ha impegnato la gran parte delle proprie riserve finanziarie su strumenti di investimento.
Anche se il concetto di investimento non è poi così lontano, visto che circa il 47% degli intervistati ha comunque intrapreso questa strada anche con somme più limitate, con una percentuale che sale con l’aumentare dell’età, fino a raggiungere l’86% nella fascia 26-29 anni.
In che modo risparmiano le nuove generazioni
La cultura del risparmio è spesso legata a obiettivi già definiti per circa 8 intervistati su 10: il 26% per realizzazioni di breve periodo, il 19% per obiettivi di lungo periodo, ma la quota più ampia (35%) cerca di mixare i traguardi, tra corto e lungo raggio. Con le ragazze che tendono ad avere orizzonti più lontani (22% vs 17% dei maschi), mentre i ragazzi badano in misura maggiore a questioni da concretizzare nel giro di poco tempo (34% vs 17% delle femmine).
Per una generazione bloccata nello scroll infinito dei social è, invece, quasi naturale avere difficoltà a sviluppare una cultura della previdenza finanziaria: così 1 su 5 - indipendentemente da età e genere - non sa cosa sia una pensione integrativa e non ha mai pensato di approfondire l’argomento, 1 su 3 non sa di cosa si tratti ma se ne rammarica, 1 su 4 ha iniziato - in proprio o con il contributo dei genitori - a occuparsene, mentre 1 su 6 ci sta pensando ma per il futuro. I “previdenti”, comunque, tendono a crescere - come è naturale che sia - con l’aumentare dell’età. E sono nettamente maggiori nella componente maschile che in quella femminile.
Anche sul fronte assicurativo notiamo un trend simile: il 34,3% degli uomini e il 74,3% delle donne, ad oggi, non ha ancora stipulato nessuna polizza assicurativa, così come il 79,2% dei 14-17enni e il 20,9% dei 26-29enni, la maggioranza dei quali investe la maggior parte del loro budget destinato a questa voce di spesa in polizze sulla vita. Si tratta di numeri che restituiscono l’importanza, ancora una volta, di portare questi argomenti fra i banchi di scuola ma anche tra quelli dell’università.
Non mancano gli spregiudicati
Anche perché la propensione a investire - stimolata pure dalle continue sollecitazioni che provengono da alcuni tipi di contenuti sui social media - va educata. Tra coloro che hanno investito (anche in passato) piccole o grandi somme di denaro, non tutti si sono orientati in strumenti generalmente a basso-medio rischio: i preferiti sono conti deposito (18,7%), assicurazioni (18,8%), titoli obbligazionari (19,2%), fondi di investimento o fondi pensione (19,8%), piano di accumulo (17,9%), ETF (14,9%).
Non mancano, però, coloro che si sono avventurati in mondi decisamente più fluttuanti come quello delle criptovalute (19,9%), titoli azionari (20,5%), digital goods (16,0%) o oggetti da collezione (22%).
Senza dimenticare il problema del sovraindebitamento, favorito dai nuovi sistemi di rateizzazione accessibili anche a chi non ha una busta paga così come dalla sempre maggiore diffusione dei sistemi cashless nella quotidianità. Infatti, se tra gli 14-17enni il contante è comprensibilmente il metodo di pagamento più usato (71,6%), tra i 18-21enni se la gioca ancora (44,8%) mentre cade a picco tra i 22-25enni (24,8%) e tra i 26-29enni (8,5%). Ulteriore spunto per indurre a una profonda opera di educazione finanziaria anche durante il percorso di crescita post scolastico, in una sorta di lifelong learning.
E giunti a questo punto, inoltre, non dovrebbe sorprendere più di tanto che all’82,9% degli intervistati sia capitato almeno una volta nella loro (giovane) vita di “bucare” una rata di prestito. Fenomeno, questo, che riguarda soprattutto i più grandi (94,5% tra i 26 e i 29 anni) e gli uomini (92,3%).
Un tema che non può restare indietro
“L’educazione finanziaria non può restare un optional nel sistema scolastico - fa notare Daniele Grassucci, direttore di Skuola.net – soprattutto in un mondo in cui le risposte alle domande delle persone sempre più spesso vengono elaborate in maniera poco affidabile dalle intelligenze artificiali. Le nuove linee guida sull’educazione civica la includono chiaramente in questa materia, ma la scelta finale resta poi ai docenti”.
“In particolare - sottolinea Grassucci - proprio l’avanzare dell’intelligenza artificiale, spesso utilizzata in modo acritico dai più giovani, potrebbe rappresentare un grande problema, riducendo la consapevolezza e rinforzando gli stereotipi. Per questo è sempre più necessario che diventi la leva per alzare il livello dell’attenzione sull’alfabetizzazione finanziaria della Gen Z. Per fornire sempre maggiori strumenti conoscitivi che consentano un utilizzo critico e consapevole del digitale per la gestione dei propri soldi”.