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Scuola e pandemia, la Dad non è riuscita a “innovare” i docenti: alle superiori, per 9 su 10 lezioni tradizionali anche online

Secondo l'ultimo Rapporto INDIRE, realizzato attraverso l'esperienza degli insegnanti di tutti i livelli scolastici, il passaggio dalla scuola in presenza a quella "a distanza" ha modificato poco o nulla il modo di fare lezione

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Ansa

Il mondo è cambiato, la scuola è rimasta pressoché uguale a prima.

I due anni di pandemia che abbiamo alle spalle, infatti, seppur apparentemente sembrano aver stravolto il mondo dell’istruzione, in realtà hanno solo cambiato il mezzo con cui i docenti sono riusciti a portare avanti la didattica.

Poco importa se la scuola è stata “in presenza” (specie nell’anno 2020/2021) o “a distanza” (praticamente per l’intera seconda parte del 2019/2020): la lezione frontale o il “domanda-risposta” tra alunni e insegnanti hanno continuato a dominare la scena. E’ quanto emerge dal Rapporto INDIRE “Impatto della pandemia sulle pratiche didattiche e organizzative delle scuole italiane nell’anno scolastico 2020/21”, che ha coinvolto 2.456 docenti per mostrare come si sono organizzati durante la pandemia. Il portale Skuola.net ne ha riassunto i passaggi principali.

 

Negli anni ‘20 del 2000 si continua a fare lezione come ai primi del '900…

 

Tutti gli studenti svolgono le stesse attività, sia online che offline. Anche con la Dad la gestione della classe in blocco, tenendo il gruppo assieme e facendogli svolgere gli stessi compiti (spiegazioni, interrogazioni, esercizi, verifiche), è infatti rimasta la modalità più utilizzata dagli insegnanti. Soprattutto alle superiori, dove oltre 9 su 10 l’hanno adottata come strategia prioritaria (92,8%). Qualcosa di simile è accaduto alle scuole medie, dove in oltre 8 casi su 10 si è fatta la solita lezione, anche “a distanza” (84,3%). I più fortunati, se così si può dire, sono stati i ragazzi della scuola primaria: la lezione collettiva è stata la forma più diffusa per il 79% dei docenti. Minime le differenze con la didattica “in classe”, dove la gestione in contemporanea dell’intero gruppo classe è stata dominante, rispettivamente, nel 92% (superiori), nel 90,7% (medie), nel 91,8% (elementari) dei casi.

 

Delusi, dunque, quanti speravano che l’emergenza stimolasse un cambio di paradigma, portando a pratiche più adatte all’e-learning. A casa come in classe, solo una fetta limitata di studenti ha avuto la possibilità di cimentarsi con percorsi individuali personalizzati. Durante le chiusure, a sfruttare queste modalità con continuità sono stati: il 58,7% dei docenti della secondaria di primo grado, solamente il 44,1% di quelli delle superiori, appena il 37,8% degli insegnanti della primaria. Persino peggio di quanto fatto una volta tornati in aula, dove a sfruttare spesso e volentieri i compiti individuali sono stati: alla primaria il 50,2%, alle medie il 66,4%, alle superiori il 51,4%.

 

La lezione? Meglio ex cathedra

 

Normale che, in quadro del genere, le lezioni dialogiche (più teoriche che pratiche) siano rimaste la pratica più usuale tra i docenti di tutte le scuole: sia alla primaria con l'89,7%, sia nella secondaria di primo (91,3%) e secondo grado (85,5%). Quasi in parallelo alle lezioni dialogiche, i docenti si sono avvalsi anche dell'assegnazione di studi ed esercizi focalizzati sull’argomento della lezione, in particolare nella scuola secondaria di primo grado dove il 90,1% dei docenti rivela di averne fatto un uso molto frequente; ma è stato così anche per i docenti di scuola primaria (80,4%) e per gli insegnanti delle superiori (87,2%). Insomma nulla di nuovo rispetto a quanto già visto e sperimentato nel secolo scorso: il prof spiega o assegna gli esercizi, gli alunni eseguono.

 

Ma non tutto è da buttare dell’esperienza delle Dad. La necessità di usare solo strumenti digitali per insegnare è stata per molti insegnanti l’occasione per sperimentare alcune metodologie innovative e interattive. Come il Project-Based Learning, la Flipped classroom, il Debate, l’Apprendimento cooperativo e la Didattica breve. Anche se occorre specificare che molte di queste pratiche erano già largamente diffuse anche prima della pandemia: basti pensare che in tutte le scuole si faceva un uso addirittura maggiore di didattica breve già nel periodo pre-pandemico. Una metodologia, quella della didattica breve, mai accantonata anche e soprattutto durante la pandemia: usata dal 73,7% dei docenti delle scuole secondarie di secondo grado, dal 69,9% degli insegnanti delle scuole secondarie di primo grado e dal 63,6% di quelli delle primarie.

 

Dall'indagine è inoltre emersa la propensione dei docenti a servirsi dell'apprendimento cooperativo, che si basa sull'interazione tra gruppi di studenti, e questo rappresenta sicuramente un segnale di cambiamento nella metodologia di insegnamento per la scuola italiana. Non a caso, l'uso del “cooperative learning” da parte degli insegnanti è aumentato in tutte le scuole proprio durante la pandemia, soprattutto alle superiori, dove si è passati dal 48,4% del periodo pre-pandemico al 69,1% durante dell'emergenza.

 

La lezione in Dad? Meglio con la webcam accesa (almeno nel primo ciclo)

 

Probabilmente gran parte delle attività a distanza non sarebbero state possibili senza l'uso delle tecnologie di cui disponiamo. Tra queste, l'indagine di INDIRE si è voluta soffermare sulla necessità di tenere la videocamera accesa durante le lezioni, spesso per ragioni di “controllo”. I dati del Rapporto relativi al contatto visivo tra il gruppo classe e il docente ci indicano come questo sia avvenuto nella maggior parte dei casi. In particolare, per la scuola primaria, l’uso della telecamera sempre accesa è stato protagonista (87,9%) essendo stato comunque significativo anche per la scuola secondaria di primo grado (83,7%). Mentre i docenti della scuola secondaria di secondo grado registrano un dato in calo (66%) che ad una prima analisi potrebbe riferirsi ad un maggiore grado di maturità da parte degli studenti che sarebbero quindi più indipendenti. 

 

Ma l'uso di metodologie alternative, così come l'uso della fotocamera, sono solo la punta di un iceberg che vede al centro del problema gli stimoli degli studenti durante le lezioni a distanza. Nel tentativo di coinvolgere il più possibile i propri alunni, ogni docente ha fatto quel che poteva per non far perdere qualità alle lezioni; e la maggioranza di loro ha puntato tutto sul dialogo con gli studenti: è stato così per l'80,4% dei docenti della scuola primaria, per il 78,5% degli insegnanti di scuola secondaria di primo grado e per il 79,3% degli intervistati tra quelli delle scuole superiori. La seconda strategia più adottata è stata invece l'adozione di modalità interattive con strumenti e app web di condivisione: in tutte e tre i gradi di scuole si sono registrate percentuali superiori al 60%. Senza dimenticare gli insegnanti che hanno invece puntato tutto sugli interessi dei propri allievi, specie alla primaria dove si è registrata una percentuale maggiore (37%) rispetto alla secondaria di primo grado (27,4%) e alla secondaria di secondo grado (22,9%).

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