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Recovery Plan: cosa prevede per scuola e università il Piano presentato da Draghi

Oltre 19 i miliardi destinati a innovare scuole e atenei, sia dal punto di vista didattico che strutturale. Ecco una sintesi delle misure previste

mario draghi
Ansa

Ormai ci siamo: a breve il complesso quanto ambizioso Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) dovrà essere inviato a Bruxelles per essere posto all’attenzione dell’Unione Europea. Quello che comunemente abbiamo conosciuto come il Recovery Plan dovrà illustrare come verranno utilizzati gli oltre 220 miliardi di fondi per la ricostruzione post-pandemia  Dopo il passaggio parlamentare si potrà partire. Ovviamente al suo interno ci sono tantissimi interventi, in altrettanti settori.

Più posti negli asili e per il tempo pieno

Si parte dal primo segmento formativo. Quello dello 0-6, dove i posti sono un po’ in tutta Italia più bassi della domanda. Cosa che avviene anche per il tempo pieno, che verrà garantito a un numero sempre maggiore di studenti. Serviranno quindi più mense scolastiche, per la cui realizzazione verranno stanziati dei fondi che si assoceranno anche a quelli per la costruzione e la messa in sicurezza di infrastrutture dedicate allo sport a scuola.

Un cospicua parte di fondi sarà destinata anche all’istruzione e alla ricerca, circa 30 miliardi di euro, oltre 19 dei quali dedicati al potenziamento dell’istruzione, dall'asilo arrivando fino all'università. Riduzione delle classi pollaio, aumento del tempo pieno, più orientamento per gli studenti e formazione per i docenti, interventi mirati nelle scuole più in difficoltà e sugli studenti più a rischio dispersione scolastica. Il tutto arricchito da fondi per l’edilizia residenziale destinata agli studenti universitari fuori sede e per quella scolastica. Il portale Skuola.net ha sintetizzato tutti gli obiettivi che il Governo ha in mente di centrare nei prossimi anni.

 

 

Riduzione del divario territoriale e dell’abbandono scolastico

I test Invalsi hanno certificato che alcuni territori, soprattutto al Sud, non riescono ad allineare le competenze di base degli studenti alla media OCSE. Per ridurre questo divario verranno previste una serie di azioni specifiche sulle scuole che hanno mostrato maggiori criticità, attraverso ad esempio il supporto di tutor esterni per i dirigenti scolastici e i docenti, formazione dei docenti, azioni di mentoring e counseling per gli studenti, compresi quelli che hanno abbondato la formazione avendo esaurito l’obbligo scolastico, senza però conseguire un diploma o una qualifica professionale.

 

Addio classi ‘pollaio’

L’obiettivo, da raggiungere entro il 2021. è quello di rivedere i parametri di dimensionamento delle classi e degli istituti. Superando quelle riforme che negli ultimi vent’anni hanno visto aumentare inesorabilmente il numero di alunni per classe e accorpare, se non chiudere, siti scolastici che non raggiungevano dei numeri minimi che ne garantissero la sopravvivenza come entità amministrativa autonoma.

 

ITS e formazione tecnica

Grande attenzione viene dedicata a tutta la filiera della formazione tecnica e professionale. A partire dalle scuole secondarie, dove i tradizionali istituti tecnici e professionali saranno aggiornati nei percorsi in base alle richieste del tessuto produttivo del Paese. Fino al segmento successivo, quello della formazione terziaria rappresentato dagli Istituti Tecnici Superiori. I cosiddetti ITS hanno come obiettivo quello di raddoppiare a breve gli iscritti incrementando l’offerta degli enti che si occupano di questo settore attraverso la creazione di network con aziende, università e centri di ricerca.

 

Più orientamento, a tutti i livelli

Come più volte ribadito anche dallo stesso Presidente del Consiglio Draghi, si andrà a potenziare e a scommettere di più sull’orientamento indirizzato a tutti i ragazzi delle scuole secondarie di primo grado, per dar loro tutte le conoscenze necessarie a scegliere consapevolmente il percorso successivo. Ma l’orientamento non sarà solo quello scolastico; si aggiungerà infatti un piano per potenziare anche la guida alla scelta dell’università. Nel pratico, agli studenti del quarto e del quinto anno delle scuole superiori dovranno essere offerti dei moduli di orientamento da circa 30 ore annue insieme alla realizzazione di una piattaforma nazionale per far conoscere le opportunità offerte dal sistema dopo il diploma. Per favorire il passaggio dalla scuola all’università e incrementare il numero di laureati in prospettiva, le università dovranno attivare dei mini-corsi in favore degli studenti delle classi terminali, sia ai fini orientativi sia per colmare eventuali gap formativi prima di accedere ad un determinato percorso di laurea.

 

Potenziare il diploma in 4 anni

Ad oggi circa un centinaio di classi all’anno “sfornano” diplomati in 4 anni invece che in 5. Questo per via di una sperimentazione che, pur essendo attiva da diversi anni, è rimasta molto limitata. L’esperimento continuerà ma avrà un perimetro più significativo: almeno 1.000 classi su tutto il territorio nazionale.

 

Lauree abilitanti alle professioni

Seguirà un elemento di cui si sta già discutendo da qualche mese al MUR: la riorganizzazione e riformulazione delle classi di laurea, con tanto di rivalutazione delle lauree abilitanti per determinate professioni, eliminando così alcuni degli esami di Stato obbligatori per l’esercizio della professione (è il caso, ad esempio, di medici, psicologi, farmacisti). L’integrazione dell’esame di abilitazione in alcuni percorsi è un provvedimento a cui aveva iniziato a mettere mano l’ex ministro Gaetano Manfredi ma su cui ha gravato la complessità del dialogo con gli ordini professionali di ciascuna categoria.

 

Borse di studio e alloggi universitari

Infine, verranno rivisti e riformati anche gli alloggi per gli studenti universitari e sarà cura del MUR aumentare l’entità delle borse di studio per l’accesso agli atenei italiani. In particolare, gli alloggi per i fuori sede dovrebbero passare dagli attuali 40 mila a 120 mila entro il 2026. Mentre il numero delle borse di studio annuali dovrebbe raddoppiare in quantità (da 200mila a 400mila) e, nell’importo medio, potrebbero crescere di oltre 700 euro. Rispetto alla bozza di PNRR ipotizzata dal Governo Conte, su questo aspetto, si perdono circa 400 milioni di euro, ovvero la metà dei fondi, come sottolineano le associazioni degli studenti universitari.

 

Formazione dei docenti

Oltre alle questioni strutturali riguardanti la scuola e l’università, un punto altrettanto importante sarà quello dedicato al miglioramento dei processi di reclutamento e di formazione degli insegnanti. Come? Attraverso la revisione delle procedure concorsuali per l’immissione nei ruoli del personale docente, rafforzando e ampliando l’anno di formazione. Si punterà, dunque, a instaurare una più efficace integrazione tra la formazione disciplinare e quella laboratoriale, incrementando l’esperienza professionale nelle istituzioni scolastiche.

 

Si mirerà, perciò, a riformare il sistema scolastico partendo dalle sue fondamenta, reclutando insegnanti capaci e formati per lavorare al meglio con i propri alunni. Avviando un processo rapido che partirà già nel 2021 e si concluderà nel 2022, attraverso l'istituzione di un organismo qualificato - la Scuola di Alta Formazione - deputato a fornire le linee di indirizzo della formazione del personale scolastico in linea con gli standard europei.

 

Sarà, inoltre, richiesto ai docenti lo sviluppo delle competenze digitali per favorire un approccio accessibile, inclusivo e intelligente all’educazione online. Per evitare che il digitale a scuola sia dimenticato insieme alla Dad quando la pandemia sarà archiviata.

 

Internazionalizzazione e Digitalizzazione

Un intero punto del piano è dedicato “all'Ampliamento delle competenze e potenziamento delle infrastrutture” volto, indipendentemente dal divario tra Nord e Sud, a internazionalizzare l’istruzione e rafforzare una base culturale e teorica comune all’intera penisola. Dunque saranno incentivate le abilità digitali, le abilità comportamentali e le conoscenze applicative, il tutto anche attraverso l’intervento sulle cosiddette discipline STEM (Science, Technology, Engineering and Mathematics).

 

Questa fase di interventi sarà volta a creare all’interno della scuola una rinnovata cultura scientifica, stimolando nei ragazzi lo sviluppo della forma mentis necessaria a un diverso approccio al pensiero scientifico, appositamente incentrata sull’insegnamento STEM.  La misura più importante in questo campo sarà un corso obbligatorio di coding per tutti gli studenti nell’arco del loro ciclo scolastico. Inoltre si pensa di provvedere anche alla trasformazione degli spazi scolastici affinché diventino connected learning environments  - adattabili, flessibili e digitali - con tanto di introduzione di laboratori tecnologicamente avanzati. Ai quali seguirà anche la riqualificazione dell’edilizia scolastica e il cablaggio delle strutture già esistenti o, ancora, l’introduzione di nuovi spazi di insegnamento idonei per dar spazio alle nuove conoscenze da voler trasmettere agli studenti.

 

Scuole 'green' e più sicure

Il capitolo dell’edilizia scolastica non poteva rimanere confinato a interventi su connettività, ambienti, palestre e mense. Infatti, i vetusti edifici scolastici spesso sono anche altamente inefficienti dal punto di vista energetico o poco sicuri. Per questo è previsto un piano di interventi appositi su entrambi i fronti: l’obiettivo sarà ristrutturare una superficie complessiva di 2.4 chilometri quadrati di edifici scolastici.

 

Dottorati e Ricerca

Infine, si provvederà alla riforma dei dottorati e quindi all’aggiornamento - attraverso un Decreto Ministeriale da emanare entro il 2021 - della loro disciplina, semplificando le procedure per il coinvolgimento di imprese e centri di ricerca, nonché rafforzando le misure dedicate alla costruzione di percorsi di dottorato non finalizzati solamente alla carriera accademica. La riforma, infine, introdurrà meccanismi di valutazione periodica basati sui risultati, in termini di placement e di confronto con analoghi corsi esteri.

 

Contro la ‘fuga dei cervelli’

Il numero dei dottorati di ricerca sarà anche destinato a crescere notevolmente: oggi in Italia abbiamo uno dei primati peggiori in Europa, con una costante riduzione negli ultimi anni (tra il 2008 e il 2019 è stata di circa il 40%). Di conseguenza, la misura sarà finalizzata a ridurre i divari numerici e anagrafici con i principali partner europei e a contrastare il fenomeno del brain drain (la nota ‘fuga dei cervelli’), cercando quindi di agire sui nefasti dati del recente passato. Un progetto che ha come obiettivo finale l’aumento dei dottorati di 3.600 unità, attivando tre cicli di reclutamento a partire dal 2021, ciascuno dotato di 1.200 borse di studio. Con sempre più dottorati innovativi che dovranno far aumentare l’efficacia delle azioni delle Amministrazioni pubbliche, al di sotto della media europea, incidendo sulla quota di personale con alte specializzazioni in materie STEM, nettamente inferiore alle materie umanistiche e giuridiche.

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