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Maturità, e dopo? Per molti è un salto nel vuoto: uno studente su 5 non svolge l'orientamento post-diploma

I maturandi del 2022 si apprestano a fare la grande scelta tra studi (e quali) e lavoro. Spesso senza un adeguato supporto da parte della scuola. Come dimostra l’esperienza dei diplomati degli anni scorsi, sintetizzata dall’ultimo Rapporto Almadiploma

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Una nuova “classe” di diplomati è pronta a fare il suo ingresso nel mondo dei grandi.

Dopo la Maturità, infatti, arriva il momento della grande scelta: continuare a studiare o cercare un lavoro? Un dubbio che, purtroppo, spesso la scuola non aiuta a sciogliere. Come ci dimostra l’esperienza di quanti li hanno preceduti negli anni scorsi. Secondo l’ultimo focus “Percorsi di orientamento e scelte nella scuola secondaria di I e II grado”, realizzato da Almadiploma - di cui il portale Skuola.net ha sintetizzato i passaggi principali - le attività di orientamento imbastite dai nostri istituti ancora scarseggiano: tra i 37.000 diplomati del 2021 raggiunti dall’indagine, oltre 1 su 5 non aveva avuto alcuna indicazione dal proprio istituto sul percorso da intraprendere dopo il conseguimento del diploma. E, dato ancora più preoccupante, con la pandemia hanno subìto un ulteriore rallentamento.

 

Orientamento scolastico: premiato da 1 studente su 3

 

Alla fine, ad aver avuto l’opportunità di essere informati su cosa gli sarebbe aspettato “dopo”, è stato poco meno dell’80% dei diplomati (più precisamente il 79,4%) ha detto di aver svolto attività di orientamento promosse dalla propria scuola. Ma se analizziamo la situazione a livello di istituto il quadro è ulteriormente complesso. Se, infatti, nei licei la quota di “orientati” sale all’82,7%, lo stesso però non si può dire per gli ex studenti degli istituti tecnici e professionali, dove ci si ferma rispettivamente al 77,7% e al 64,8%, facendo registrare un’inversione di tendenza nell’anno 2021 rispetto al precedente.

 

Un vero peccato perché, laddove le attività di orientamento ci sono state, sono state più le volte che hanno funzionato - portando a una scelta consapevole e, a posteriori, apprezzata - rispetto ai casi in cui non sono state di grande aiuto per gli studenti. Basta fare un ulteriore passo indietro e sentire la voce dei diplomati del 2020 a un anno dall’uscita dalle superiori (Almadiploma ne ha intercettati 40 mila). Tra coloro che hanno rivelato di aver preso parte alle attività organizzate dalla propria scuola, il 30,5% gli ha attribuito - su una scala da 1 a 10 - un punteggio pari ad almeno 7, riguardo alla loro utilità per la scelta post-diploma. Sono soprattutto gli ex studenti dei professionali ad attribuire una buona valutazione (45,8%), rispetto ai tecnici (36,5%) e, soprattutto, ai liceali (25,3%).

 

I dati, inoltre, sembrano mostrare un legame tra l’utilità, ai fini della scelta post-diploma, delle attività di orientamento organizzate dalla scuola e i ripensamenti nel primo anno dopo il conseguimento del diploma. Considerando coloro che si sono iscritti all’università, tra i diplomati che ritengono utili o molto utili le attività orientamento organizzate dalla scuola (giudizio pari almeno a 7), la quota di abbandoni degli studi universitari è decisamente più contenuta rispetto a quella osservata tra coloro che hanno espresso un giudizio scarso (pari al massimo a 4) in termini di utilità per la scelta post-diploma: rispettivamente il 3,8% e il 7,1%. Inoltre, tra i primi si osserva una minore tendenza a modificare la propria scelta: risulta infatti più bassa la quota di diplomati che hanno cambiato ateneo o corso di laurea tra chi si è detto soddisfatto dell’orientamento (7,6%) rispetto a chi non lo è stato (9,8%).

 

L'utilità dell'orientamento nei percorsi post-diploma

 

Ma quali strade potrebbero intraprendere i diplomati del 2021? Un buon indicatore ce lo possono dare, almeno come tendenza generale, ciò che hanno fatto i loro colleghi del 2020. Tra loro, ben il 76,5% ha scelto di proseguire la propria formazione iscrivendosi a un corso di laurea. Ma se il 59,8% si è dedicato esclusivamente agli studi universitari, il 16,7% ha scelto di accompagnarli ad un’attività lavorativa. La quota maggiore di universitari si registra tra gli ex studenti liceali, peraltro con un tasso più alto di partecipazione a tempo pieno alla vita universitaria: tra loro il 72,0% rivela di dedicarsi esclusivamente agli studi, il 18,8% ha scelto invece di coniugare studio e lavoro. Per quanto riguarda i tecnici, al contrario, è solo il 45% a studiare soltanto, mentre il 14,4% sono studenti-lavoratori. Tra gli studenti in uscita dai professionali, i dediti allo studio in via esclusiva sono ancora meno, il 27,6%; con una sparuta minoranza (9,8%) che ha scelto di unire studio e lavoro, tutti gli altri hanno provato a lavorare subito.

 

Gli ultimi tre anni hanno visto un aumento di quasi 8 punti percentuali tra i diplomati che, ad un anno dal titolo, hanno scelto la strada accademica, con una diminuzione della quota di chi invece ha scelto di lavorare dopo il diploma. Un dato che da un lato mostra come la pandemia abbia effettivamente cambiato le carte in tavola per il mercato del lavoro, andando ad influenzare specialmente le scelte di ex studenti tecnici e professionali, e che dall’altro è in linea con quanto rivelato dagli studenti intervistati, testimoniando l’utilità dei percorsi di orientamento post-diploma. Tra i professionali e i tecnici l’aumento della propensione a proseguire gli studi è particolarmente forte e concentrato soprattutto nell’ultimo anno (+12,1 e +6,7 punti percentuali, rispettivamente), mentre tra i liceali è decisamente più contenuto (+1,4 punti) e pressoché costante nel triennio in esame (2019-2021).

 

Abbandono degli studi: numeri in calo in istituti tecnici e licei

 

Per una parte di diplomati, però, la scelta di proseguire la propria formazione iscrivendosi all’università non è risultata vincente, portandoli a interrompere prematuramente gli studi universitari (5,7% a un anno e 8,7% a tre anni dal titolo) o a cambiare il proprio percorso di studio (9,0% a un anno e 12,5% a tre anni). La principale motivazione? Legata ad una insoddisfazione, rispetto alle aspettative iniziali, per le discipline insegnate, che sono risultate spesso poco interessanti, o per la difficoltà del corso; a questa, si aggiungono motivazioni legate alla insoddisfazione per l’ateneo (organizzazione, strutture ecc.) o alla difficoltà ad accedere al corso desiderato. E qui si ricollega il discorso sull’orientamento. Anche se, va detto, occorre tener conto anche del particolare contesto con il quale si sono dovuti confrontare i diplomati del 2020 alla conclusione degli studi e nel successivo percorso. A un anno dal diploma, tra coloro che hanno abbandonato l’università è decisamente elevata la quota di chi ha dichiarato che la pandemia ha avuto un impatto importante sul proprio percorso post-diploma: oltre il 70%, infatti, ha attribuito un valore pari ad almeno 7, su una scala 1-10. Tale valore scende al 44,5% sul complesso dei diplomati che si sono iscritti all’università (indipendentemente dal fatto che lo siano ancora al momento dell’intervista).

 

Tra il 2019 e il 2021 la quota di chi ha abbandonato gli studi universitari, comunque, risulta generalmente in calo: -0,9 punti percentuali tra i liceali, -1,6 punti tra i tecnici, solo tra i professionali risulta in aumento di +0,9 punti percentuali. Nel periodo in esame, tuttavia, le tendenze non sono costanti: il 2020 è caratterizzato da un crollo degli abbandoni universitari in particolare per i professionali che, verosimilmente, di fronte alle forti difficoltà del mercato del lavoro hanno deciso di proseguire gli studi universitari non trovando opportunità lavorative.

 

Studenti-lavoratori in aumento tra i diplomati 2020

 

Concludiamo con quanti, invece, sono andati dritti in direzione del mercato del lavoro. Nel 2021, la quota di occupati a un anno dal diploma figurava in aumento di 1,9 punti percentuali rispetto alla precedente indagine ma in calo di -4,5 punti rispetto al 2019. Analizzando distintamente le due componenti della quota di occupati, si osservano andamenti differenziati. La quota di chi lavora in via esclusiva figura in diminuzione in tutto il triennio in esame (-1,3 punti percentuali rispetto al 2020 e -5,3 punti rispetto al 2019): ciò è confermato anche per tipo di diploma pur se con intensità maggiore per i tecnici e, ancor di più, per i professionali, ossia per i diplomati che, per la natura stessa del percorso scolastico concluso, sono generalmente orientati verso il mercato del lavoro. Al contrario, la quota di chi studia e lavora risulta in aumento, soprattutto nell’ultimo anno: il differenziale è pari a +3,3 punti percentuali (+0,8 rispetto al 2019) e ciò è confermato anche a livello di diploma, pur se con maggiore intensità per i tecnici e i liceali.

 

Un andamento che ha avuto un impatto sulle caratteristiche del lavoro. Nel triennio 2019-2021 si rileva un tendenziale incremento del lavoro non standard (+3,6 punti percentuali) e una diminuzione dei contratti formativi (-3,4 punti). Nel medesimo periodo il lavoro part-time risulta in aumento di 6,3 punti percentuali e le retribuzioni mensili nette in diminuzione del 4,0%; si registra, invece, un tendenziale miglioramento della coerenza tra studi compiuti e lavoro svolto (+3,3 punti percentuali).

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