Il coronamento di una carriera o una ‘fregatura’? Skuola.net ha intervistato Cristina Costarelli, dirigente e presidente ANP Lazio, per conoscere come sono fatte le giornate dei dirigenti scolastici
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Lavorare, nei periodi più intensi, anche 10 o 11 ore al giorno, compresi il sabato e la domenica. Essere un punto di riferimento per centinaia se non migliaia di persone tra studenti, famiglie e docenti sparse a volte su più edifici scolastici, gestire persone che non sempre remano nella tua stessa direzione e che non puoi scegliere, facendo i conti con risorse economiche non sempre adeguate.
Questa potrebbe essere tranquillamente la descrizione del lavoro del dirigente scolastico, meglio noto come preside, che nell’immaginario collettivo rappresenta il “capo supremo” dell’organizzazione scolastica e che, in fondo, non ha tutto questo potere.
Ad affermarlo è una delle massime “esperte in materia”: Cristina Costarelli, dirigente lei stessa e presidente dell’Associazione Nazionale Presidi del Lazio. L’occasione nella quale Skuola.net l’ha raggiunta è una sorta “primo giorno di scuola dei presidi”, ovvero un evento organizzato per dare il benvenuto ai neo dirigenti scolastici del Lazio e supportarli nei primi passi di questa nuova avventura.
Il “non potere” dei presidi: non possono scegliere la squadra con cui lavorare
Ma quali sono gli ostacoli maggiori con cui deve scontrarsi e le principali sfide di un preside? Per prima cosa, si può parlare davvero di potere? Secondo Costarelli non è il giusto vocabolo per descrivere la funzione di un preside: “Il dirigente è una persona che gestisce, che organizza, che dà linee di indirizzo. Ecco, questo è ciò che ritengo definisca meglio la sua figura”.
Il suo, più precisamente, “è un trasmettere la propria visione della scuola, gli obiettivi che vuole raggiungere nella scuola che gli è assegnata, condividerli e fare in modo che la comunità a partire dal personale interno, ma poi anche dagli alunni, studenti, famiglie, vada in quella direzione”.
Anche perché ci sono molte cose che un dirigente non può fare. Una di queste, è scegliere il personale con cui lavorare: “una caratteristica peculiare dell’Italia, in tutti gli altri paesi che nella mia carriera ho visitato grazie al programma Erasmus, i dirigenti scolastici hanno la possibilità di scegliere i propri docenti”. Un limite, perché “se abbiamo una certa visione di scuola, per realizzarla, come dirigenti, avremmo bisogno di personale che la condivida”, afferma la preside.
Poche risorse e qualche furbetto da gestire
A “bloccare” le iniziative dei dirigenti c’è poi l’annosa questione economica. Le risorse che vengono attribuite dallo Stato, pur essendo aumentate negli ultimi anni, risultano il più delle volte insufficienti per raggiungere obiettivi alti e completi: “Non perché il preside debba essere assimilato ad un dirigente aziendale - spiega - però è ovvio che per realizzare un obiettivo comune ci vogliono persone e risorse materiali”.
Persone che non sempre sono collaborative. Come in ogni posto di lavoro, esistono infatti i “furbetti”: “C'è un piccolo numero di persone che abusano di alcune giustissime tutele di legge, ne prendiamo atto, e cerchiamo di lavorare sulla responsabilizzazione. Ovviamente non sempre ci si riesce”.
Un esempio? C’è chi può usufruire di giorni di assenza in più - come nel caso di chi rientra nel campo di applicazione della “Legge 104”, per l’assistenza alle persone con disabilità - ma li concentra prima e dopo le pause scolastiche: “Vedere associare i giorni prima e dopo esattamente alla chiusura delle vacanze, fa un po' pensare. Non si hanno mai le prove che sia un abuso - continua - quindi lungi da me volerlo sostenere o poterlo sostenere, però è una consuetudine che tra i colleghi viene riportata spesso”, afferma la Presidente dell’ANP Lazio.
La giornata tipo di un dirigente scolastico? Molto lunga e mai uguale alle altre
Per far sì che la complessa “macchina” scolastica funzioni, la giornata “tipo” di un dirigente inizia la mattina presto, molto prima del suono della campanella: “Raccontare la giornata di un preside è molto difficile, perché se c'è una cosa che non appartiene a questa professione è la consuetudine e la routine”, osserva Costarelli.
Generalmente, nella mattinata un preside si dedica alle attività in corso, dall’assistenza alla segreteria alle questioni che riguardano i docenti, gli alunni e le famiglie. Poi viene tutto il lavoro di concentrazione: circolari, documenti, riflessioni, scelte.
Un lavoro che spesso per un dirigente finisce nel tardo pomeriggio, qualche volta anche la sera: “Permette tanta flessibilità, anche auto-organizzazione, ma bisogna mettere insieme i tanti aspetti della professione”. Così le giornate possono diventare lunghe, lunghissime.
Può anche capitare che, nonostante l’impegno, il tempo a disposizione non sia sufficiente per finire i propri compiti. Il che vuol dire che bisogna fare gli straordinari: “Realisticamente, volendo dare un numero medio di ore, le 8 della giornata lavorativa si superano ampiamente, si arriva anche alle 10, alle 11 ore.
Quando ci sono problemi si lavora la sera, si lavora il sabato, la domenica. È un’occupazione che non ha l'aspetto di un lavoro impiegatizio, per cui dopo le 36 ore in ufficio si finisce. Di contro ha questo aspetto, che a me piace molto, della varietà: è un lavoro dove l'abitudine non esisterà mai”, spiega Costarelli.
Un preside, tante scuole: una missione (quasi) impossibile
Il tutto sembra già complicato così. Poi succede che, in alcuni casi, il dirigente debba amministrare contemporaneamente due o più entità scolastiche territorialmente separate, come nel caso di istituzioni scolastiche con più plessi: “Il discorso delle scuole con più plessi - dice la preside - è inversamente proporzionale alla popolosità del territorio. Quando ci si allontana dalle grandi città e si raggiungono territori meno popolosi, aumentano i plessi e diminuiscono gli alunni. Ovviamente avere plessi sparsi comporta una difficoltà di spostamento per il dirigente, però chiaramente c'è una numerosità sensibilmente inferiore”.
In questo caso, il preside deve necessariamente delegare: “Per la gestione di tanti plessi il dirigente in genere assicura una presenza a rotazione nei vari plessi, per cui ha bisogno di referenti a cui delegare le sue funzioni. Questa è ovviamente l'unica strada”.
Fare il dirigente scolastico, un lavoro non per tutti
In un sistema scolastico come quello italiano, per i docenti non esistono altre possibilità di realizzare una reale progressione di carriere se non quella di diventare dirigente scolastico. Ma, rispetto al ruolo dell’insegnante, le competenze, l’impegno e le responsabilità richieste aumentano esponenzialmente e in maniera non proporzionale al trattamento economico.
Tanto impegno e tante responsabilità, ma anche soddisfazioni. Per questo, nel tirare le somme, Cristina Costarelli non si tira indietro nel consigliare una carriera come dirigente scolastico alle nuove generazioni: “Sì, lo consiglierei, tant'è che l'ho anche fatto”. Ma solo a chi se la sente davvero.