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Giovani e lavoro, Di Maio agli studenti: "Restate in Italia”

Il vicepremier in videochat con la community di Skuola.net. Al centro delle domande dei ragazzi soprattutto il futuro professionale

Giovani e lavoro, Di Maio agli studenti:
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L'anno del cambiamento? “Sarà il 2019”.

Parola di Luigi Di Maio. Il vicepremier e ministro del Lavoro, dello Sviluppo economico e delle Politiche sociali, ospite della videochat di Skuola.net, ha cercato di spiegare ai ragazzi in che modo sta lavorando il suo dicastero (e il governo in generale) per garantire un futuro migliore alle nuove generazioni. “In questi mesi è stato fatto tutto un lavoro preparatorio – spiega Di Maio – affinché dal 1° gennaio s'inizi a percepire questo cambiamento”. Per gli studenti questo vuol dire: un ingresso guidato nel mondo del lavoro dopo il diploma grazie al reddito di cittadinanza e alla riforma dei centri dell'impiego, rilancio degli istituti tecnici, un massiccio investimento nell'edilizia scolastica. Da qui l'invito: "Restate in Italia".

I temi sul tavolo dei ministeri guidati dal leader Cinquestelle
Le preoccupazioni dei giovani sono rivolte soprattutto al lavoro, alle scarse prospettive occupazionali che affliggono l'Italia. Ma il responsabile di due tra i ministeri cardine del nostro sistema istituzionale vuole dare segnali d'ottimismo: “Già con il decreto dignità – sottolinea – ho cercato di dare una sfoltita ai contratti a termine, mi sto occupando dei rider (quei ragazzi che portano, ad esempio, il cibo a domicilio, che ancora hanno scarsissime tutele), le aziende che delocalizzano non saranno più avvantaggiate dai finanziamenti statali, saremo il primo paese d'Europa ad abolire la pubblicità sul gioco d'azzardo, fonte di rovina per tanti ragazzi e non solo”.

La Legge di Bilancio spiegata ai ragazzi
Uno dei temi caldi è, però, la Legge di Bilancio per il 2019. Se n'è parlato tanto, ma è un testo così ampio che si rischia di perdersi. Così, il vicepremier, cerca di spiegare ai più giovani il senso complessivo delle nuove norme. Il punto di partenza è, ancora una volta, il lavoro: “Prendiamo il caso di un ragazzo appena diplomato – dice Di Maio – si trova di fronte a un sistema occupato da tante persone che vogliono andare in pensione ma che, a causa della legge Fornero, non possono andarci. Per questo dico che il suo superamento, con l'introduzione di ‘quota 100' (somma di età anagrafica e anzianità contributiva) è una misura rivolta soprattutto ai giovani”.

L'importanza della formazione per trovare un lavoro
Nella legge finanziaria, però, si parla anche di formazione. Un altro scenario possibile è che, pur trovando un lavoro, un ragazzo non sia in grado di svolgerlo perché non adeguatamente formato, mentre le aziende preferiscono assumere persone già pronte. E qui si ricollega l'argomento al centro di ogni discussione: il reddito di cittadinanza, che per il ministro del Lavoro “serve a garantire una serenità economica mentre, parallelamente, si entra nel programma di formazione. Per creare un ponte tra chi vuole entrare nel mondo del lavoro ma non sa come fare”.

Come saranno i nuovi centri per l'impiego
Uno dei passaggi chiave per attuare un sistema del genere è la ristrutturazione dei centri per l'impiego. Non più luoghi fisici ma virtuali. “Si tratterà di un processo gestito da un software, che monitorerà il livello di formazione di tutti gli iscritti al programma e che, gradualmente, distribuirà le risorse tra le varie mansioni disponibili in quel momento sul mercato”. Solo quando il meccanismo sarà ben rodato si passerà a potenziare i centri per l'impiego fisici. “Il tema della povertà di quei giovani che non si formano e che perciò non sanno dove sbattere la testa – ribadisce il vicepremier – è prioritario. Impensabile che non esista un luogo dove i ragazzi possano sapere quali lavori servano”.

Il reddito di cittadinanza? “Non è una misura assistenzialista”
E a chi addita il reddito di cittadinanza come una ricetta assistenzialista, capace addirittura di alimentare il lavoro nero, Di Maio replica: “È possibile che chi prende il reddito non faccia niente tutto il giorno. Ma questi furbetti – assicura il Ministro – li contrasteremo con l'unione delle banche dati. Molto più difficile sarà trovare il tempo per svolgere lavori in nero. Il programma prevede di passare la mattina nei centri di formazione, requisito base per accedere al reddito. E il pomeriggio si svolgono lavori socialmente utili”. Tra l'altro, i 6 milioni di italiani che beneficeranno inizialmente della misura tenderanno a calare: “A regime – sostiene Di Maio - il reddito di cittadinanza non esisterà quasi più perché collocheremo il maggior numero possibile di persone”.

Gli investimenti in programma per la scuola
Anche la scuola, però, può fare la sua parte nel migliorare la situazione. “Noi vogliamo investire nell'istruzione – è la promessa fatta dal ministro del Lavoro – dobbiamo finanziare la scuola, per garantire la transizione dal mondo dell'istruzione a quello della formazione. Il Miur ha già stanziato 7 miliardi. Abbiamo poi avviato un confronto per capire quali riforme portare nella legge di bilancio e a quali invece dedicare una legge ad hoc”. Contemporaneamente si lavorerà sul futuro: “Avvieremo dei progetti per aiutare i ragazzi a capire le proprie inclinazioni”. Magari stimolando lo spirito imprenditoriale di qualche giovane: “Bisogna finanziare le idee innovative, non necessariamente tecnologiche, è l'unico modo per sviluppare lavoro. Quando Facebook ha acquisito Instagram, l'ha pagato 1 miliardo di dollari e l'azienda aveva solo 15 dipendenti. Per questo sta per nascere un fondo di investimento per stanziare 1 miliardo di euro nelle startup innovative”.

Rilanciare gli istituti tecnici e commerciali
All'orizzonte anche una revisione dei cicli scolastici: “Rimetteremo in piedi gli istituti tecnici e commerciali – preannuncia Di Maio - quei ragazzi hanno un futuro assicurato nel mondo del lavoro. Tutte le imprese del manifatturiero che incontro hanno bisogno di nuove figure ma le scuole da cui dovrebbero uscire quelle risorse sono oggi le ‘cenerentola' del sistema didattico italiano”.

L'Italia del 2023? “Un Paese che invogli a restare”
Infine uno sguardo in avanti, a che Paese immagina di lasciare alla fine del suo mandato: “Spero che fra 5 anni – conclude Di Maio – l'Italia sia un luogo in cui non ci siano più ragazzi che fanno un biglietto di sola andata per Londra, Berlino o New York, perché non hanno trovato uno Stato che li prenda per mano e gli dica ‘troviamo lavoro assieme'. Un Paese che incoraggi a restare e non ad andarsene”.