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Coronavirus, giovani e adolescenti in quarantena: i consigli dello psicoterapeuta a Skuola.net

Paura, noia e ansia si possono trasformare in risorse e nuovi stimoli. Il professor Giuseppe Lavenia, spiega come superare senza traumi lʼemergenza epidemia

Famiglia, casa, clausura da coronavirus
Istockphoto

In questo momento di emergenza, per i giovani e gli adolescenti dover rimanere isolati in casa può diventare una vera e propria tortura. Soprattutto per chi era abituato a tanti impegni quotidiani, in compagnia di decine di coetanei. Tanti aspetti della vita sono cambiati all'improvviso, e adattarsi alle novità non è sempre facile, soprattutto in periodi difficili per il mondo intero come quello che stiamo vivendo. Come fare allora a creare una nuova dimensione di benessere in questa situazione? Skuola.net lo ha chiesto al professor Giuseppe Lavenia, psicologo e psicoterapeuta, Presidente dell' Associazione Nazionale Dipendenze Tecnologiche, GAP e Cyberbullismo “Di.Te” e docente di Psicologia del Lavoro e delle Organizzazioni presso l'Università Politecnica delle Marche. 
 

In questi giorni di quarantena la noia è la prima nemica: cosa fare per combatterla?

La noia: perché combatterla? Dal punto di vista evolutivo, è quella che ci ha permesso, e che ci permette tuttora, di tirare fuori la curiosità. La curiosità è un motore, è uno stimolo a ricercare nuove opportunità per noi stessi, per la nostra crescita personale. Per queste ragioni, possiamo considerarla un fattore che contribuisce al nostro benessere e alla nostra salute mentale. Venendo alla domanda, non dobbiamo combattere la noia, dovremmo accoglierla, e far sì che la curiosità, la fantasia e l’immaginazione trovino degli spunti creativi perché non si ci senta più annoiati. In questo momento di emergenza epidemiologica, in cui ci è chiesto di stare a casa, è come se i tempi si fossero dilatati. Abbiamo perso le routine a cui eravamo abituati.
Cosa fare? Riorganizzarsi, strutturando una nuova quotidianità, dandosi dei compiti giornalieri. Un esercizio che si potrebbe fare insieme a tutta la famiglia è riflettere insieme raccontandosi cosa ci manca delle nostre abitudini pre-coronavirus.
Lo stanno facendo un po’ tutti, anche sui social. Ma farlo vis à vis sarà anche un modo per fare il focus su quanto abbiamo già nella nostra vita. Questo periodo finirà, ma se lo utilizzeremo per favorire un senso di gratitudine e di riconoscenza verso l’altro che abbiamo accanto, beh, sarà un tempo ben speso.
Possiamo fare anche proiezioni verso il futuro, una volta recepito l’insegnamento: cosa ci piacerebbe fare quando tutto questo sarà finito? Chi vorremmo incontrare per primo? Come immaginiamo il nostro rapporto con gli amici? Molti si sono organizzati per trovarsi online, grazie a delle app, per esempio. Di cosa avete parlato? Avete lanciato qualche tema di crescita personale, per esempio? Anche questo è un modo creativo e costruttivo per organizzare il tempo della condivisione, seppur mediato.

 

Spesso per occupare il tempo i ragazzi passano molte ore allo smartphone: dopo quanto diventa troppo?

Più che di tempo, parlerei di uso che si fa dello smartphone. Se lo si usa per seguire le lezioni online tenute dagli insegnanti, se ci si informa facendo attenzione alle fonti, se si utilizza per condividere momenti di crescita personale, si può dire che sia un uso sensato e ragionato, per esempio. Ma se si abusa dello strumento per ore e ore, se si passa da una cosa all’altra senza meditare su nulla, senza formarsi un pensiero su niente, senza riuscire a staccarsene, senza riuscire a resistere al guardare una notifica o altro, potrebbe trattarsi di una forma di dipendenza. Uso il condizionale perché andrebbe analizzato caso per caso.
Come al solito, non si può generalizzare. Sta di fatto che un uso smodato delle nuove tecnologie attiva il circuito dopaminergico. Cioè, in parole povere, attiva un meccanismo per cui il guardare il cellulare non è mai abbastanza. Così, vengono meno quelle che sono le altre attività quotidiane, come mangiare, lavarsi, sistemare la propria stanza e le proprie cose, fare i propri compiti, dare anche una mano in famiglia – questo periodo è una buona occasione per stimolare la cooperazione familiare anche nella gestione della casa –,partecipare a conversazioni di famiglia. Ecco, se l'uso dello smartphone va a compromettere tutte queste attività sicuramente rischia di essere disfunzionale. Se invece è lo strumento che in questo momento di crisi e di emergenza, ci dà la possibilità di rimanere in contatto con gli altri e con il mondo, come facciamo tutti in questo momento, può diventare uno stimolo a utilizzare positivamente la tecnologia che abbiamo ogni giorno tra le mani, e farci apprezzare ancor più la relazione offline.

 

La stessa cosa si può dire per videogame e Tv in streaming?

La premessa è quella che ho fatto alla domanda precedente. La chiave di lettura deve essere sempre quella della responsabilità e della consapevolezza. Bisogna avere e darsi dei limiti, delle regole condivise che permettono a ciascuno, in famiglia, di svolgere il proprio ruolo. Concedendosi anche momenti di svago con il gaming e con lo streaming: sono utili a non pensare continuamente alla difficile situazione che stiamo vivendo.

 

Qual è il modo migliore per mantenere le relazioni sociali in questo periodo, soprattutto tra adolescenti?

La videochiamata aiuta a condividere un po' di ciò che si vive in casa, permette di stabilire una conversazione fatta di domande e risposte nell’immediato. Si ascolta il tono della voce e si ha un contatto visivo che permette di leggere parte del linguaggio non verbale, nonostante la mediazione dello schermo. Gli adolescenti usano parecchie app, HouseParty è quella più in voga. Alcuni si ritrovano anche per fare aperitivi virtuali. Poi, ci sono i social, le chat e i gruppi di chat. Ciò può creare una sorta di dipendenza da notifica enfatizzata dal legame affettivo che si ha con questi amici. Fondamentale è mantenere questi rapporti e permettere l'uso delle chat, ma può essere utile stabilire alcune regole familiari: ad esempio, evitare di continuare le conversazioni di notte per non incorrere in disturbi del sonno, definire dei limiti ad esempio quando si studia e/o quando si mangia.

 

È possibile che si abbia paura di perdere i rapporti di amicizia o di amore a causa della distanza?

La paura in questo momento è un’emozione molto diffusa: si teme di perdere innanzitutto i propri cari, poi la propria quotidianità, le relazioni costruite finora, sentimento quest’ultimo avvertito soprattutto tra gli adolescenti. Quindi la paura sicuramente è un'emozione che sta dominando. Cosa fare? Cercare di gestirla al meglio, riflettendo su questa domanda: “Posso comunque fare qualcosa per non perdere ciò che ho costruito, anche attraverso l’uso della tecnologia?”. Sì, la tecnologia più aiutare a diminuire le distanze con gli altri. Si può essere distanti ma vicini grazie alla tecnologia. Certo, quando tutto sarà finito, bisognerà compensare questo tempo di lontananza. Ma ora possiamo sperimentare un uso positivo di chat, videochiamate e social: ci aiutano a mantenere un contatto con gli amici, il fidanzato o la fidanzata, i compagni di classe… Per quanto riguarda la paura di perdere i propri cari, bisogna ragionare ed elaborare questo sentimento. Finirà, questo momento finirà. Se ora vogliamo essere d’aiuto (anche) ai nostri cari, dobbiamo restare a casa e seguire le misure igienico-sanitarie che ci sono state dette e ridette è essenziale.

 

La convivenza 24h con i genitori o, per gli universitari, con i coinquilini è sicuramente un elemento che può destabilizzare. Come riuscire a stare insieme serenamente?

Riuscire a ricavare ciascuno i propri spazi e i propri tempi, in modo da poter gestire momenti di relazione con i familiari o con i coinquilini e momenti in solitudine, in cui dedicarsi a sé e alle proprie attività. Se è necessario, si possono stabilire nuove regole. Stabilendo tempi e luoghi di condivisione e scegliendo anche momenti di solitudine. L’importante è parlarsi. Dirsi cosa si prova in questo momento, manifestare all’altro i propri bisogni. Inoltre, in questo tempo di isolamento tentiamo di vivere le persone con cui si vive come una risorsa, come una possibilità di arricchimento e di vicinanza: tutto questo: potrebbe essere una bella sfida. Chiediamoci e chiediamo: “Come posso essere di aiuto e di sostegno, in questo periodo faticoso, all'altro che vive qui con me”?

 

La situazione non è sicuramente facile. Chi prova sensazioni di panico o di paura per il contagio o per il futuro, come può superarle?

La paura, come abbiamo detto, può essere funzionale: ci aiuta a rispettare le regole che ci sono state date. Per non cadere nel panico, invece, può essere utile rifarsi solamente alle informazioni che vengono dai canali ufficiali come l'Istituto Superiore di Sanità o il ministero della Salute. È consigliabile evitare le fake news, credere a tutto ciò che arriva sulle chat perché la maggior parte delle volte sono bufale. Ci si può dedicare una sola volta al giorno agli aggiornamenti. Per quanto riguarda la paura e il panico che ci prende rispetto ai nostri cari, si può stabilire un contatto giornaliero con loro, una volta al giorno, per sentire come stanno e rassicurarsi a vicenda sulle condizioni di salute cercando, anche di parlare di altro senza concentrarsi solo su sugli aspetti sanitari.

 

E per chi invece in così tanti giorni di isolamento si sente "un leone in gabbia", quali sono le migliori valvole di sfogo?

Lo sport, dal web in questo momento arrivano tanti suggerimenti. Ognuno può accogliere quelli che si avvicinano di più alla propria personalità: ad esempio esercizi di rilassamento o esercizi corporei, o provare a continuare a fare quella attività che prima si faceva in palestra… Aiuterà a liberare un po' di tensione, attivando le endorfine, gli ormoni del benessere. Ci si può anche rilassare ascoltando musica, ballando. Si può cantare, dipingere, o mettere le mani in pasta e creare qualcosa di nuovo ai fornelli. Sono solo alcuni suggerimenti. Ognuno farà le attività che sente più vicine a sé, al suo modo di essere. Senza strafare, però. Abbiamo l’occasione di far qualcosa di nuovo, ma non siamo costretti ad accogliere tutte le proposte che arrivano dal web. Staremo in casa ancora per un po’, e avremo tempo e modo per sperimentare altro. Ogni cosa a suo tempo, insomma. L’importante è trovare un ritmo che ci faccia sentire meglio anche nella nostra dimensione di isolamento sociale, necessaria.

 

È possibile che si verifichi la situazione opposta, ovvero che dopo molto tempo a casa si provi ansia e paura di uscire anche per necessità? Quando si potrà tornare alla normalità, come gestire il rientro alle proprie attività e impegni dopo tanto tempo di isolamento?

Sì, è possibile. Il “tirare i remi in barca” ci potrebbe rendere meno reattivi, o addirittura rassegnati di fronte alla situazione. Si potrebbe, quindi, diventare meno propositivi, e rischiare un drastico abbassamento del tono dell'umore. Potrebbe trattarsi di un disinvestimento temporaneo, in primo tempo anche funzionale. Ma se si protrae anche al dopo emergenza, sicuramente sarebbe meglio discuterlo con un esperto. C'è il rischio che la situazione si cronicizzi, che si mantengano relazioni solo virtuali, e che si faccia fatica a riattivarsi e a riprendere in mano le redini della propria vita soprattutto se, già prima del lockdown, non si aveva una certa stabilità in termini emotivi, relazionali e/o lavorativi.
 

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