Durante le assemblee Onu sul tema del riconoscimento dei due Stati, l'Italia si è sempre astenuta mentre gli Stati Uniti appartengono al gruppo di chi è contrario
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Gran Bretagna, Francia e Canada sono i Paesi del G7 a riconoscere lo Stato di Palestina. E insieme ad altri 7 Paesi che hanno deciso analogamente in occasione dell'Assemblea generale Onu a New York, portano a oltre 150 i membri delle Nazioni Unite che hanno assunto questa posizione. Tra loro non ci sono l'Italia, gli Stati Uniti e la Germania.
La Svezia è stato il primo Paese Ue a fare questo passo, nel 2014, al culmine di mesi di scontri tra israeliani e palestinesi a Gerusalemme est. Lo Stato di Palestina era già stato riconosciuto nel 1998, a seguito della dichiarazione di indipendenza proclamata dall'allora leader dell'Olp Yasser Arafat, da Cipro (poi entrata nell'Ue nel 2004) e da una serie di Paesi del blocco sovietico ora nell'Unione: Bulgaria, Ungheria, Polonia, Romania, e l'allora Cecoslovacchia, poi divisa in Slovacchia e Repubblica Ceca. Con la fine dell'Urss, Praga e Budapest hanno fatto un passo indietro, ma entrambe le capitali ospitano ancora un'ambasciata palestinese. La decisione di Parigi e Londra ha scatenato polemiche simili a quelle dello scorso anno, quando il riconoscimento arrivò da Irlanda, Spagna, Slovenia e Norvegia (che non fa parte dell'Ue). A seguire Gran Bretagna e Francia, anche Andorra, Belgio, Lussemburgo, Portogallo, Malta e San Marino hanno deciso di riconoscere la Palestina in occasione dell'Assemblea Onu di New York. Quanto all'Italia, ritiene che questa soluzione si debba raggiungere attraverso i negoziati tra israeliani e palestinesi nell'ottica dei due Stati.
Quasi tutta l'Asia, l'Africa e l'America Latina riconoscono formalmente lo Stato palestinese. Ma Giappone, Corea del Sud, Nuova Zelanda che hanno ventilato la possibilità di riconoscere la Palestina ma non hanno fatto il passo. Con l'Assemblea Onu, si aggiungono, invece, all'elenco anche Australia e Canada. L'Algeria è stato il primo Paese, nel 1988 pochi minuti dopo la dichiarazione di Arafat, seguita a stretto giro da molti altri: gran parte del mondo arabo, India, Turchia, diversi Paesi africani, oltre a Cina e Russia, che ancora era Unione Sovietica. Nel 2011 Mosca, con l'allora inquilino del Cremlino Dmitry Medvedev, ha confermato il riconoscimento.
Nel biennio 2010-2011 si sono uniti una serie di Paesi sudamericani tra cui Argentina, Brasile e Cile. Nel novembre 2012 la bandiera palestinese è stata issata per la prima volta alle Nazioni Unite a New York, dopo che l'Assemblea Generale ha votato a stragrande maggioranza per elevare lo status dei palestinesi a "Stato osservatore non membro". Lo scorso anno, l'Assemblea ha votato una risoluzione affermando che la Palestina è "qualificata a diventare Stato membro" con 143 voti a favore, 25 astenuti (Italia compresa) e nove contrari, tra cui gli Usa. Washington, così come Roma, mantiene comunque relazioni diplomatiche con l'Autorità Nazionale Palestinese.
Il riconoscimento della Palestina come Stato comporta cambiamenti rilevanti sotto il profilo giuridico, politico, diplomatico e simbolico. Dal punto di vista giuridico, il riconoscimento rafforza la personalità internazionale della Palestina, consentendole di aderire validamente a trattati internazionali, stipulare accordi bilaterali e partecipare a organizzazioni sovranazionali. Acquisisce anche la possibilità di agire legalmente in ambito internazionale, come dimostrato dall’adesione alla Corte Penale Internazionale. Sul piano politico, il riconoscimento rappresenta un chiaro schieramento nella questione israelo-palestinese, rafforzando la legittimità della Palestina a esistere come Stato indipendente e sovrano. Dal punto di vista diplomatico, apre la strada a relazioni bilaterali ufficiali, alla firma di trattati di cooperazione e a una rappresentanza piena presso enti internazionali. Inoltre, consente alla Palestina di aprire ambasciate o missioni diplomatiche ufficiali nei Paesi che la riconoscono, e viceversa. Simbolicamente, il riconoscimento rafforza la narrativa palestinese del diritto all'autodeterminazione e mette pressione su Israele e sulla comunità internazionale per avanzare verso una soluzione a due Stati. Per gli Stati che riconoscono la Palestina, comporta anche cambiamenti nei rapporti con Israele e altri alleati, incidendo su scelte di politica estera e relazioni geopolitiche. Il riconoscimento non è vincolante per gli altri Stati, ma il numero crescente di riconoscimenti contribuisce a consolidare il suo status e a renderlo sempre più influente nel sistema internazionale. In sintesi, il riconoscimento palestinese è un atto che ha effetti concreti sul piano giuridico, pratico, diplomatico e simbolico, pur non determinando automaticamente la piena sovranità o l’ammissione all’Onu come Stato membro.