Il testo, che ridisegna l'assetto della magistratura italiana, prevede anche la nascita di un'Alta Corte disciplinare
© ansa
Il Senato ha approvato in via definitiva la riforma della giustizia che ridisegna l'assetto della magistratura italiana. Il testo, già passato alla Camera, introduce la separazione delle carriere tra giudici e pubblici ministeri, istituisce due Consigli superiori della magistratura distinti e prevede la nascita di un'Alta Corte disciplinare. Non essendo stato raggiunto in Parlamento il quorum dei due terzi dei voti favorevoli, la riforma dovrà ora essere sottoposta a referendum confermativo, che secondo le previsioni del governo si terrà nella primavera 2026.
Il disegno di legge costituzionale n. 1917 introduce una novità storica: la separazione delle carriere tra magistratura giudicante e requirente. Finora era consentito il passaggio da un ruolo all'altro, possibilità che viene ora abolita. I giudici e i pubblici ministeri seguiranno due percorsi di carriera completamente autonomi, ciascuno regolato da un proprio Consiglio superiore. Questa modifica, spiegano i promotori, punta a garantire maggiore terzietà dei giudici e un equilibrio più netto tra chi giudica e chi accusa. Per l'opposizione, invece, la riforma rischia di indebolire la magistratura requirente e di ridurre le garanzie di indipendenza complessiva del sistema giudiziario. Il provvedimento, tuttavia, interviene solo sul piano costituzionale: i dettagli applicativi saranno definiti da una legge ordinaria successiva.
La riforma prevede la nascita di due Consigli superiori della magistratura: uno per i magistrati "giudicanti" e uno per i "requirenti". Entrambi saranno presieduti dal Presidente della Repubblica e ne faranno parte di diritto, rispettivamente, il primo presidente e il procuratore generale della Corte di Cassazione. Gli altri componenti saranno estratti a sorte: un terzo tra professori ordinari di materie giuridiche e avvocati con almeno 15 anni di esperienza, scelti da un elenco predisposto dal Parlamento; due terzi tra i magistrati appartenenti alle rispettive categorie (giudicanti e requirenti). I consiglieri resteranno in carica quattro anni e non potranno partecipare alla procedura di sorteggio successiva. L'obiettivo dichiarato è ridurre il peso delle correnti interne e rendere il sistema di autogoverno della magistratura più indipendente dai meccanismi elettivi che in passato avevano suscitato polemiche.
Accanto ai due Csm viene istituita una nuova Alta Corte di giustizia disciplinare, competente per sanzionare le violazioni commesse dai magistrati. Sarà composta da 15 giudici, di cui 6 magistrati giudicanti, 3 requirenti e 6 membri esterni (professori universitari e avvocati con almeno vent'anni di esercizio). Tre di questi membri saranno nominati dal presidente della Repubblica, tre estratti a sorte da un elenco predisposto dal Parlamento e gli altri selezionati tra i magistrati con almeno vent'anni di esperienza. Il presidente dell'Alta Corte sarà eletto tra i giudici designati dal Capo dello Stato o tra quelli estratti dal Parlamento. La durata in carica sarà di quattro anni, senza possibilità di rinnovo. Questa nuova istituzione sostituirà il sistema disciplinare interno al Csm, con l'obiettivo di garantire maggiore imparzialità e trasparenza nelle decisioni che riguardano comportamenti o mancanze dei magistrati.
Un altro punto rilevante del testo riguarda la non impugnabilità delle sentenze pronunciate dall'Alta Corte. Le decisioni potranno essere ricorse solo davanti alla stessa Corte, che giudicherà in secondo grado con una composizione diversa da quella del primo. Le sentenze non saranno impugnabili in Cassazione, in deroga a quanto stabilito dall'articolo 111 della Costituzione. Una legge ordinaria disciplinerà nel dettaglio gli illeciti disciplinari, le sanzioni, la composizione dei collegi, il procedimento e il funzionamento dell'Alta Corte. L'obiettivo è rendere più snello e autonomo il sistema di giustizia interna, senza il passaggio finale davanti alla Suprema Corte.
Con il voto favorevole del Senato, il disegno di legge costituzionale è definitivamente approvato dal Parlamento, ma per entrare in vigore dovrà essere confermato da un referendum popolare. Secondo quanto spiegato dalle fonti di governo, l'esecutivo punta a far svolgere la consultazione entro la primavera del 2026. Solo in caso di voto favorevole da parte degli elettori, la riforma potrà essere promulgata e diventare pienamente operativa.
L'ultimo articolo della riforma prevede che, entro un anno dall'entrata in vigore, che avverrà solo dopo il referendum confermativo, il Parlamento dovrà approvare le leggi attuative. Queste norme definiranno concretamente le modalità operative dei nuovi Consigli superiori, dell'Alta Corte e della separazione delle carriere. Fino all'adozione dei nuovi testi, continueranno a essere in vigore le leggi attuali, per evitare vuoti normativi. In questo modo, il passaggio dal vecchio al nuovo assetto della magistratura avverrà in modo graduale, una volta che la riforma sarà confermata dagli elettori e resa esecutiva.