Cosa prevede la riforma della giustizia
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Mancano cinque o sei mesi alla consultazione popolare, che deve essere indetta dal capo dello Stato
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Mancano cinque o sei mesi al referendum con cui gli italiani decideranno se approvare la riforma della giustizia, che ha avuto il via libera definitivo dal Parlamento. Ecco le tappe da rispettare prima della chiamata alle urne.
Il referendum cosiddetto "costituzionale" - diverso da quello "abrogativo" - è una consultazione con cui si acconsente o meno a operazioni - già approvate dal Parlamento - di revisione, integrazione o modifica della Costituzione. Trattandosi di una legge di rango costituzionale, per evitare il referendum ed essere direttamente approvata in Parlamento, la riforma avrebbe dovuto ottenere la maggioranza dei due terzi dei componenti delle due Camere, nelle seconde deliberazioni. Il 18 settembre 2025, l'Aula di Montecitorio ha dato il via libera al provvedimento, in seconda lettura, con 243 "sì" su 400. Al Senato i voti favorevoli sono stati 112, sempre al di sotto della soglia dei due terzi.
Dal momento della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale scattano i tre mesi di tempo entro i quali raccogliere le firme necessarie per richiedere la consultazione. Il referendum può essere richiesto da cinque Consigli regionali, da un quinto dei membri di ciascuna delle due Camere o da 500mila elettori. I parlamentari di maggioranza si sono già attivati per la richiesta del referendum e prossimamente partirà la raccolta delle firme: per i deputati servono in tutto 80 firme, 40 al Senato.
L'ufficio centrale per il referendum, presso la Cassazione, verificherà la regolarità e il numero delle firme. Successivamente, la Corte Costituzionale verificherà se la legge può essere oggetto di referendum.
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La formulazione del quesito, il cui testo nella sostanza sarà quello della legge oggetto della consultazione, verrà stabilita dalla Corte costituzionale. I magistrati costituzionalisti hanno il compito di valutare un quesito secondo i parametri di chiarezza, omogeneità e comprensibilità per i votanti. Con la domanda verrà chiesto all'elettore se intende confermare o respingere la legge costituzionale sottoposta a referendum, attraverso le uniche due opzioni possibili: "Sì" o "No".
Dopo aver superato il vaglio di questa serie di condizioni, spetterà infine al presidente della Repubblica indire il referendum. La consultazione deve tenersi tra il 50esimo e il 70esimo giorno successivo al decreto di indizione.
Alle urne gli elettori decideranno se confermare o meno la riforma. A differenza del referendum "abrogativo", non servirà il quorum. Una consultazione abrogativa, infatti, si ritiene valida solo se ai seggi si reca il 50%+1 degli aventi diritto e se i "Sì" prevalgono sui "No". Al contrario, nel referendum confermativo il risultato è determinato dalla maggioranza relativa dei voti validi, a prescindere dall'affluenza. La legge si riterrà dunque approvata se riceve la maggioranza dei voti validamente espressi.
Dovessero vincere i "Sì", quindi nel caso in cui la riforma fosse confermata, il presidente della Repubblica promulgherà la legge costituzionale, che verrà poi pubblicata in Gazzetta Ufficiale. Se l'esito dovesse invece essere negativo, la riforma votata dal Parlamento non sarà approvata.