Inno delle mondine e non della Liberazione, venne presentato per la prima volta nel 1947 al Festival mondiale della gioventù democratica. E da allora ha conosciuto un successo globale come inno di protesta. Anche grazie a La casa di carta
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Nell’inchiesta sull’uccisione di Charlie Kirk, le autorità statunitensi hanno confermato che tra i proiettili del fucile usato dall’attentatore ve n’era uno con incisa la scritta “Bella ciao, bella ciao ciao ciao”, e un altro con la frase “Hey fascist”. Un dettaglio che lega il caso a un immaginario politico ben preciso e che riporta al centro dell’attenzione Bella ciao, uno degli inni più conosciuti del Novecento italiano.
Nonostante sia oggi percepita come “canzone partigiana” per eccellenza, Bella ciao non risulta essere mai stata realmente cantata dai partigiani durante la lotta di liberazione tra il 1943 e il 1945. Le sue radici affondano piuttosto nel repertorio popolare delle mondine emiliane e lombarde, che intonavano canti simili nei campi di riso. Solo nel Dopoguerra il brano venne adattato: la "versione partigiana" di Bella Ciao venne presentata solo nel 1947 al Festival mondiale della gioventù democratica di Praga (anche se secondo Giorgio Bocca fu "un'invenzione del Festival di Spoleto" degli anni Sessanta e non di quello di Praga), e da lì si diffuse in tutto il mondo nei circuiti della sinistra e del folklore politico. Ma solo nel 1953 il testo venne pubblicato per la prima volta, dalla rivista La Lapa, periodico di Rieti.
Negli anni Sessanta e Settanta Bella ciao divenne un vero e proprio inno antifascista, presente nelle manifestazioni studentesche e nei cortei sindacali. Da allora il canto ha varcato i confini nazionali: è stato intonato nelle piazze della Grecia e della Turchia, in Cile durante la dittatura, fino ad arrivare più recentemente ai movimenti di protesta a Hong Kong, in Iran e in Ucraina. Tradotta in decine di lingue, è diventata un patrimonio corale della cultura della resistenza.
Nel corso degli ultimi decenni Bella ciao ha continuato a essere utilizzata come canto simbolo in diversi contesti di protesta internazionale. È stata intonata dagli attivisti di Occupy Wall Street a New York nel 2011, nelle manifestazioni di piazza Taksim a Istanbul nel 2013 contro il governo Erdoğan e nelle lotte degli indipendentisti curdi durante la guerra civile siriana. In Italia è stata adottata dal movimento delle Sardine, che l’ha trasformata in un vero e proprio inno da intonare nelle piazze gremite. Nel 2019, le note di Bella ciao hanno accompagnato anche i giovani di Fridays for Future, in una versione dal titolo Do it Now pensata per le mobilitazioni sul clima.
Durante la pandemia da Covid-19, il canto ha assunto un ulteriore significato: da inno di resistenza a simbolo di speranza e solidarietà. Dai balconi italiani alle piazze di città europee come Bamberg, in Germania, fino alle iniziative dei pompieri britannici, che ne hanno fatto un omaggio al nostro Paese, Bella ciao si è trasformata in un coro globale di vicinanza e coraggio.
La consacrazione globale è arrivata con la serie tv spagnola La casa di carta, che ha reso Bella ciao un tormentone planetario. La canzone, utilizzata in alcune scene simboliche, ha trovato nuova vita sulle piattaforme digitali e sui social, conquistando anche le giovani generazioni che non ne conoscevano le origini. Dal folk al rap, dalle versioni orchestrali a quelle elettroniche, il brano è oggi declinato in ogni genere musicale.
Se per molti Bella ciao è ormai un patrimonio universale, capace di unire culture e generazioni diverse, per altri resta esclusivamente un inno legato a un preciso schieramento politico. La sua forza evocativa, però, rimane intatta: pur non avendo mai accompagnato davvero i partigiani in battaglia, continua a rappresentare resistenza e protesta.