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Sanità italiana nella top 10 mondiale per qualità

Il nostro Servizio nazionale si classifica al nono posto: il quadro generale è stato giudicato positivo, "pur con alcune criticità"

Sanità italiana nella top 10 mondiale per qualità - foto 1
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Il Servizio sanitario nazionale italiano è nono al mondo per qualità, dopo Islanda, Norvegia, Olanda, Lussemburgo, Australia, Finlandia, Svizzera e Svezia.

E' la certificazione che arriva dal "Global Burden of Disease Study", pubblicato sulla rivista The Lancet Public Health e coordinata dall'Irccs Materno-Infantile Burlo Garofolo di Trieste. "Ne emerge un quadro globalmente positivo, pur con alcune criticità", afferma uno degli autori dello studio.

Lo studio La qualità dei sistemi sanitari dei vari Paesi è stata misurata con l'indice "Haq" (Health access and quality index) che tiene conto di diversi parametri di qualità e accesso alle cure. Lo studio ha confrontato anche i cambiamenti nel tempo delle perfomance del Servizio sanitario nazionale (in particolare dal 1990 al 2017) usando indicatori come la mortalità, le cause di morte, gli anni di vita persi e quelli vissuti con disabilità, l'aspettativa di vita alla nascita e molto altro.

 

Bassa fertilità e alta speranza di vita Tra le criticità evidenziate, i ricercatori hanno sottolineato il fatto che la popolazione sta invecchiando rapidamente: in Italia abbiamo infatti uno dei tassi di fertilità più bassi al mondo (1,3%) e una tra le più alte speranze di vita. Questi fattori stanno cambiando il panorama epidemiologico delle malattie, aumentando il carico delle patologie croniche dell'invecchiamento, dai problemi di vista e udito all'Alzheimer e altre demenze (gli anni di vita con disabilità legati alle demenze sono aumentati del 78% dal 1990 al 2017 e i decessi per Alzheimer sono più che raddoppiati, +118%).

 

Aumenta la spesa privata, ma non la pubblica L'altro aspetto significativo è che dal 1990 ad oggi è aumentata gradualmente la spesa privata del cittadino per la salute, di pari passo con una riduzione del finanziamento pubblico alla salute. Riduzione che, quindi, "non è frutto di un'aumentata efficienza del servizio sanitario". In particolare, hanno affermato gli esperti, dal 2010 al 2015 il finanziamento statale in rapporto al Pil è sceso dal 7% al 6,7%, mentre la spesa privata per la salute è passata dall'1,8% al 2%. Inoltre la spesa complessiva per la salute in rapporto al Pil dal 1995 è aumentata dell'1,15%. Incremento assorbito, però, non dalla spesa pubblica, ma da quella privata.

 

Le cause di morte La ricerca mette anche in luce che dal 1990 al 2017 i tassi di morte per patologie cardiovascolari si sono ridotti del 54%, quelli per tumore del 28%, quelli per incidenti stradali del 62%. Tuttavia ancora i cattivi stili di vita fanno molte vittime: nel 2017 circa 44.400 decessi per tumore sono stati attributi al fumo, 12mila al consumo di alcolici, 9.500 a sovrappeso e obesità, mentre ben 47mila decessi per malattie cardiovascolari potrebbero essere attribuiti al colesterolo alto, 28.700 all'alimentazione povera di cereali integrali, 15.900 alla scarsa attività fisica.

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