Quadro preoccupante

Italiani longevi ma in cattiva salute: non autonomi in 3,8 milioni

Esperti e aziende: "La prevenzione deve diventare centrale nelle politiche sanitarie e deve uscire dalla spesa corrente" 

16 Ott 2025 - 12:08
 © -afp

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 Gli italiani vivono a lungo, ma non altrettanto a lungo rimangono sani. Se l'aspettativa di vita media è di 83,4 anni, quasi 25 di questi sono trascorsi in cattive condizioni di salute, tanto che ben 6,4 milioni di over-65 presentano difficoltà nella cura personale o nelle attività domestiche e 3,8 milioni hanno una riduzione dell'autonomia

Sono alcuni dei dati emersi durante "Investing for Healthy Ageing", evento promosso dall'azienda farmaceutica MSD, che si è svolto a Roma. I numeri delineano un quadro ad alto rischio. Oggi l'aspettativa di vita è di 83,4 anni e il 24,7% della popolazione ha più di 65 anni; nel 2050, tuttavia, gli ultra-sessantacinquenni saranno il 34,6% della popolazione. Inoltre, il calo costante delle nascite rischia di creare uno squilibrio crescente tra popolazione attiva e pensionati, mettendo sotto pressione il sistema pensionistico, previdenziale e sanitario. Gli effetti di questo cambiamento demografico sono innumerevoli: per esempio, "un mercato del lavoro con sempre più lavoratori anziani, meno giovani attivi e un carico crescente su welfare e sistemi sanitari", afferma Roberta Crialesi, dirigente Servizio Sistema integrato Salute, assistenza e previdenza, dell'Istat. "Diventa quindi prioritario adottare politiche strutturate che trasformino l'invecchiamento in un elemento di forza, valorizzando il contributo degli anziani alla società", conclude Crialesi. Preservare quanto più a lungo la salute, in questo quadro, diventa un elemento essenziale per garantire la sostenibilità del Paese e del servizio sanitario. 

"Non basta vivere a lungo, bisogna vivere bene", sottolinea Michele Conversano, presidente di Happy Ageing. "Per invertire il trend servono azioni concrete e una strategia di longevità sana che parta ben prima della vecchiaia. La prevenzione deve diventare centrale nelle politiche sanitarie, con investimenti mirati, continui e strutturati. In particolare, è urgente dare priorità alla vaccinazione dell'adulto e dell'anziano" aggiunge.  Il tema delle risorse è cruciale. Oggi alla prevenzione è destinato solo il 5% del fondo sanitario nazionale. Nei giorni scorsi sono trapelate voci che dalla prossima legge di bilancio potrebbe uscire un incremento dello 0,5%. Però, siamo ancora lontani dalla media europea del 7%. Pesano non solo la disponibilità economica ma i vincoli di bilancio. Per questo Nicoletta Luppi, presidente e amministratrice delegata di MSD Italia ha lanciato una proposta: riconoscere la spesa in prevenzione come investimento. "Dobbiamo chiedere con determinazione che la prevenzione, a cominciare dall'immunizzazione e dagli screening, sia scorporata dal calcolo della spesa corrente per raggiungere l'obiettivo del 3% sul Pil, come giustamente perseguito dal nostro ministro dell'Economia, per raggiungere già dal 2026 il target richiesto dall'Europa", ha aggiunto Luppi. "Solo così potremo contribuire a un invecchiamento in salute garantendo sostenibilità al sistema Paese", ha concluso l'Ad di MSD.  

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