Perché alcuni si battono affinché venga garantita questa tutela, mentre per altri rischia di diventare un boomerang e di stigmatizzare ulteriormente le donne? Tgcom24 ha raccolto alcuni pareri
di Giorgia Argiolas© Istockphoto
Il congedo mestruale è un permesso che consente alle donne che soffrono di mestruazioni dolorose di assentarsi dal lavoro o da scuola durante il ciclo. Il tema è tornato alla ribalta in Italia dopo che, ad aprile, quel congedo è stato introdotto in Portogallo. Com'è la situazione nel nostro Paese? E perché alcuni si battono affinché venga garantito, mentre per altri rischia di diventare un boomerang e di stigmatizzare ulteriormente le donne? Tgcom24 ne ha parlato con Antonella Giachetti, presidente nazionale dell'Associazione Imprenditrici e Donne Dirigenti di Azienda; Martina Albini, coordinatrice del Centro Studi dell'organizzazione no profit WeWorld; Vito Trojano, presidente nazionale della Società Italiana di Ginecologia e Ostetricia, e Gianluca Dradi, dirigente scolastico del Liceo Artistico Nervi-Severini di Ravenna, primo istituto in Italia ad aver introdotto un congedo mestruale per le studentesse.
La situazione nel mondo - L'ultimo Paese in ordine di tempo ad aver introdotto per legge il congedo mestruale è stato, appunto, il Portogallo, nel quale le donne che soffrono di endometriosi e adenomiosi hanno la possibilità di usufruire fino a tre giorni di assenza dal lavoro o da scuola senza la necessità di presentare un certificato medico e senza ripercussioni su stipendio e percorso accademico. Il Portogallo, tuttavia, non è stato il primo Paese in Europa a introdurre il congedo mestruale. Già la Spagna lo aveva fatto nel 2023: le donne che hanno mestruazioni dolorose e invalidanti associate a patologie quali endometriosi, adenomiosi, ovaio policistico, possono ottenere il permesso retribuito. Per usufruirne è necessario un certificato medico.
Nel mondo, invece, il primo a introdurre il congedo mestruale è stato il Giappone, nel 1947. È riconosciuto per legge anche in altri Paesi, come Vietnam, Corea del Sud, Taiwan, Cina e Zambia.
La situazione in Italia - Nel nostro Paese sono state avanzate alcune proposte di legge per introdurre questa misura, senza nessun risultato. La prima, nel 2016, era stata presentata da Romina Mura, Daniela Sbrollini, Maria Iacono e Simonetta Rubinato, allora tutte deputate Pd, e chiedeva che "la donna (lavoratrice, ndr) che soffre di mestruazioni dolorose, che dovranno comunque essere certificate da un medico specialista, ha diritto a un congedo per un massimo di tre giorni al mese. Per tale diritto è dovuta un'indennità pari al 100 per cento della retribuzione giornaliera e i giorni di congedo non possono essere equiparati ad altre cause di assenza dal lavoro, a partire dalla malattia: nessuna assimilazione tra i due istituti sia dal punto di vista retributivo che contributivo". Tuttavia, la proposta non è mai diventata legge.
Più recentemente, nel 2023, è stata depositata alla Camera dai deputati di Alleanza Verdi e Sinistra una proposta di legge per l' "introduzione di un congedo per le studentesse e le donne lavoratrici che soffrono di dismenorrea". Come si legge nella proposta, "l'articolo 1 prevede l'istituzione del congedo mestruale scolastico, che consiste nel riconoscere fino a due giorni al mese di assenze giustificate per le studentesse che soffrono di dismenorrea, in deroga al vincolo di frequenza di almeno i tre quarti dell'orario annuale previsto dalla legge nazionale. Queste assenze, quindi, non incideranno sul monte ore massimo di quelle consentite per considerare valido l'anno scolastico e ammettere le studentesse agli scrutini. Per usufruire del congedo le studentesse dovranno presentare un certificato medico all'inizio dell'anno scolastico e servirà comunque la presentazione di una giustificazione dei genitori, in caso di minorenne, o della studentessa stessa. L'articolo 2 istituisce il congedo mestruale lavorativo. La donna che soffre di mestruazioni dolorose, che dovranno comunque essere certificate da un medico, ha diritto a un congedo per un massimo di due giorni al mese. Per tale diritto, è dovuta un'indennità pari al 100 per cento della retribuzione giornaliera e i giorni di congedo non possono essere equiparati ad altre cause di assenza dal lavoro, a partire dalla malattia: nessuna assimilazione tra i due istituti, sia dal punto di vista retributivo che contributivo".
Il caso del Liceo Artistico Nervi-Severini di Ravenna - Nonostante il congedo non sia previsto per legge, alcuni licei e aziende hanno deciso di introdurlo autonomamente per le proprie studentesse e lavoratrici. Il primo istituto scolastico a farlo è stato, nel 2022, il Liceo Artistico Nervi-Severini di Ravenna. "L'iniziativa è nata da una richiesta formulata dalle rappresentanti degli studenti in Consiglio d'istituto. Si trattava di una proposta ben strutturata: le studentesse avevano prima fatto un sondaggio sull'esistenza del problema della dismenorrea tra le compagne del liceo e poi anche una ricerca sul congedo mestruale che stava per essere introdotto in Spagna. Ovviamente, il congedo mestruale in quanto tale non si applica alle studentesse perché è un qualcosa che si impiega nei contratti di lavoro del personale. Però, insomma, liberamente ispirandoci a quell'istituto e accogliendo la richiesta delle studentesse, abbiamo introdotto questa regolazione, che consiste nel consentire alle ragazze che hanno una dismenorrea certificata di poter mancare da scuola fino a due giorni al mese senza che questi siano computati nel monte ore di assenze consentite per la validità dell'anno scolastico", ha spiegato il dirigente scolastico dell'istituto, Gianluca Dradi, a Tgcom24.
"L'iniziativa mi è sembrata da subito un modo per venire incontro a un problema concreto, ma anche per dimostrare che la scuola è inclusiva e attenta ai bisogni degli studenti, in questo caso delle studentesse, e per introdurre, attraverso le regole dell'istituto, il tema del genere e delle differenze di genere. Ho apprezzato, inoltre, che questa richiesta fosse motivata, argomentata, concreta e presentata nelle forme giuste: un modo pratico di dimostrare una competenza di educazione civica", ha aggiunto il preside.
Il dirigente scolastico ha, infine, tracciato un bilancio dell'iniziativa a tre anni dall'introduzione. "L'istituto viene ancora richiesto, ne beneficiano circa 20 studentesse su 600. Grosso modo, dunque, un 3% delle nostre allieve ha le caratteristiche per utilizzarlo perché ha una certificazione medica che attesta la dismenorrea".
Le ragioni del no ("Ulteriore discriminante per le donne") e del sì ("Giusto riconoscere la diversità dei corpi") - Il dibattito sul congedo mestruale è aperto. Non tutti vedrebbero come una conquista l'introduzione per legge di tale permesso nel nostro Paese. Per Antonella Giachetti, presidente nazionale dell'Associazione Imprenditrici e Donne Dirigenti di Azienda, "metterebbe ancora di più le donne in una posizione minorativa, sottolineandone una 'difficoltà'". "Secondo me - ha affermato -, sarebbe un boomerang, un ulteriore modo per fare apparire le donne più fragili e deboli".
"Un datore di lavoro vecchio stile assumerebbe un uomo o una donna sapendo che c'è da considerare anche il congedo mestruale? - ha chiesto in maniera retorica Giachetti -. Perché ci si può poi approfittare di una situazione del genere. Per noi donne è sempre tutto difficile perché dobbiamo svolgere più compiti in contemporanea. Allora, come si risolve? Dando la possibilità del congedo mestruale? Mi fa ridere. Secondo me i problemi da affrontare nel nostro Paese sono altri. Basti pensare alla difficoltà a fare figli, a gestirli e a farli crescere, che è enorme", ha proseguito.
"Io sono una donna e ho sempre lavorato. Certo, magari quel giorno al mese può essere un po' più pesante. Però, comunque, chi sta veramente male può sempre farsi fare un certificato. Quando c'è anche una lieve patologia, i medici la riconoscono e in qualche modo permettono di usufruire della malattia. Anche perché chiunque può star male e chiunque ha diritto a stare a casa se non sta bene. Differenziare le mestruazioni in maniera specifica sarebbe un'ulteriore discriminante per le donne. Non passiamo il concetto che il ciclo naturale della vita sia una malattia", ha concluso.
Martina Albini, coordinatrice del Centro Studi di WeWorld, organizzazione no profit italiana indipendente attiva in oltre 20 Paesi, ha spiegato, invece, perché il congedo mestruale si dovrebbe introdurre. L'associazione lo ha inserito nel suo "Manifesto in 6 punti per la giustizia mestruale in Italia". "Viviamo in un Paese in cui il tema del ciclo mestruale e della salute mestruale è ancora soggetto a molti tabù e a scarse conoscenze - ha sottolineato Albini -. Pur avendo una legge già dal 2018 sulla medicina di genere, questa non viene applicata come dovrebbe. Tant'è che, ad esempio, nell'identificazione di disordini e patologie legati al ciclo mestruale abbiamo dei ritardi molto elevati. Pensiamo all'endometriosi, per la quale per ricevere una diagnosi ci vogliono in media otto anni. Quindi, il congedo mestruale sarebbe utile per diverse ragioni. Per dare un impulso a questo ritardo diagnostico, ma anche per riconoscere la diversità dei corpi sui luoghi di lavoro. Dopodiché, si può discutere sul fatto - perché è un dibattito molto aperto - che potrebbe essere un fattore penalizzante. Però, anche il congedo di maternità causa ancora oggi disuguaglianze e differenze, eppure non ci verrebbe mai in mente di revocarlo. Le persone hanno bisogni diversi che derivano dall'avere corpi diversi, ma non significa che questa diversità sia una scusa per creare disuguaglianza sul luogo di lavoro. Segnalo, inoltre, che, lo scorso anno, abbiamo svolto un'indagine insieme a Ipsos sulla povertà mestruale e le sue varie sfaccettature su un campione rappresentativo della popolazione italiana e l'84% era favorevole all'introduzione di un congedo mestruale sia nei luoghi di lavoro sia a scuola".
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Albini ha quindi spiegato che, secondo lei, si dovrebbe fare "un ragionamento in più" e cioè chiedersi "i nostri luoghi di lavoro sono a misura di tutte le persone o degli uomini? Se guardiamo i percorsi di carriera sono profondamente lineari e maschiocentrici ed è il motivo per cui anche la maternità a oggi può causare delle penalizzazioni. Tuttavia, questo non significa che certe tutele dovrebbero essere rimosse. Aggiungo, poi, che sul congedo mestruale ci sono studi che dicono che se si costringe una persona a lavorare nel momento in cui sta male performerà di meno. Quando una persona ha un virus intestinale, un raffreddore, un'influenza non ci si fa problemi a dirle di rimanere a casa e riprendersi per poi tornare al lavoro quando sta bene. Si dovrebbe fare lo stesso anche con il ciclo mestruale. Questo non accade perché parliamo di una tematica che, nonostante sia fisiologica, naturale e riguardi la vita praticamente della metà della popolazione del nostro Paese, è ancora un forte tabù. Sembra quasi che il dolore legato alle mestruazioni debba essere accettato senza fare nulla. Quando, comunque, tutte le persone che si occupano del tema dal punto di vista medico ci dicono che provarlo non è normale. Invece, culturalmente, ci siamo abituati con rassegnazione a considerare le mestruazioni come qualcosa che implica necessariamente dolore e così non dovrebbe essere. Per questo, il congedo mestruale vuole essere a livello culturale anche una spinta a lavorare sulla medicina di genere. D'altro canto, però, non possiamo pretendere che le persone che magari hanno una situazione più critica di altre attendano otto anni per una diagnosi, perché nel frattempo il tempo passa, le persone soffrono e se le persone soffrono non performano neanche bene quindi ne va della produttività. Intanto, alcune aziende hanno iniziato a sperimentare il congedo mestruale. La prima in Italia è stata Traininpink. Anche la nostra stessa organizzazione lo utilizza".
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Dall'indagine WeWorld-Ipsos di cui si parlava - che, come si legge sul sito di WeWorld, è stata condotta a febbraio 2024 su un campione di 1.400 individui (di cui 700 donne e 700 uomini), tra i 16-60 anni, rappresentativo della popolazione italiana -, sono emersi anche altri dati legati al congedo mestruale: il 32% del campione prova dolore durante ogni ciclo e, in media, si perdono 6,2 giorni di scuola e 5,6 di lavoro in un anno a causa delle mestruazioni. Inoltre, una persona su due dichiara di rinunciare/aver rinunciato almeno una volta a giorni di scuola e/o di lavoro per lo stesso motivo. "Innanzitutto, questi dati evidenziano il fatto che l'esperienza mestruale è un'esperienza di dolore per molte persone. Ma non solo. C'è anche da considerare che, in alcuni casi, si sta a casa durante il ciclo perché i luoghi di lavoro o le scuole e le università non sono reputati adatti alla gestione delle mestruazioni. Qualche esempio: i bagni non si chiudono a chiave, non c'è la carta igienica, manca il sapone o non c'è la privacy adeguata", ha commentato Albini, che ha poi chiosato con un auspicio: "Siamo contenti di vedere che in quest'ultimo periodo la società civile e anche le aziende si stiano muovendo e stiano riconoscendo il tema della giustizia e della salute mestruale come un qualcosa di importante e necessario. Bene queste iniziative 'dal basso', ma ci vorrebbe un segnale 'dall'alto', cioè dalle nostre istituzioni. Il tema non viene mai trattato come prioritario nelle politiche di salute e di parità di genere del nostro Paese, come invece dovrebbe essere".
Sull'argomento Tgcom24 ha chiesto un parere anche al presidente nazionale della Società Italiana di Ginecologia e Ostetricia, Vito Trojano. "Si tratterebbe di un congedo legato esclusivamente a una parte di sintomatologia perché la dismenorrea, un dolore mestruale acuto, è legata a una patologia che va diagnosticata, come una endometriosi, una adenomiosi o anche un fibroma uterino. È un termine generico, un sintomo. Non è una causa di qualcosa. È legata a un disordine mestruale, a un disordine endocrino, a un fibroma, a un qualcos'altro. Quindi, è un campanello d'allarme per qualcosa di diverso che va indagato e risolto. Dal momento in cui si stabilisce un rilievo legislativo sulla dismenorrea si crea una rassegnazione a un sintomo che invece va curato. La donna deve attraversare i 365 giorni dell'anno nel pieno benessere, senza situazioni limitanti o negative che non siano risolte da una terapia medica o chirurgica", ha affermato.
"Tra l'altro, in Italia, abbiamo delle leggi avanzatissime a livello internazionale che riguardano l'endometriosi. Prima c'è stata l'introduzione della legge che riconosceva l'endometriosi al quarto stadio come malattia cronica, e poi negli anni successivi, due anni fa, anche l'endometriosi lieve e moderata. E noi, come Società Italiana di Ginecologia e Ostetricia, abbiamo contribuito sia in maniera scientifica-clinica all'elaborazione del disegno di legge sia pressando sui nostri riferimenti istituzionali affinché questo passasse", ha specificato il dottore.
"Poi, se una donna ha un problema, ad esempio un'ovulazione particolare, è logico che si può far fare un certificato di malattia, ma diventa una malattia saltuaria e non una patologia periodica. Diventa un problema occasionale e non un problema ripetitivo. A mio modesto parere, nel momento in cui si riconoscesse la mestruazione come un momento patologico, alla donna verrebbe creato un handicap, uno stigma culturale discriminante", ha continuato.
In sostanza, per Trojano il congedo mestruale sarebbe "limitante, perché, come dicevo, nel momento in cui la mestruazione è così dolorosa da creare un handicap alla lavoratrice c'è un motivo che va individuato, stigmatizzerebbe un qualcosa della donna alterando la sua privacy e creerebbe una discriminante nell'ambito di quello che è un processo fisiologico e che ora si può rendere meno fastidioso con una serie di possibilità. Poi oggi la donna è così impegnata nell'ambito del suo lavoro che andare a dire 'il giorno tot del mese non ci sono perché ho la mestruazione' diventerebbe un fatto discriminante. Quindi, regolamentare il congedo mestruale addirittura con un disegno di legge l'ho sempre considerato eccessivo, tenendo tra l'altro presente che tutto ciò che riguarda la parte relativa al dolore pelvico cronico importante da patologia endometriosica o adenomiosica o quant'altro viene già oggi regolamentato da una legge dello Stato".
"Se poi vogliamo farne un discorso di tipo sociale e culturale, cioè dire che nel momento in cui la donna ha la mestruazione può vivere un problema di igiene, di fastidio e di maggiore irritabilità, allora è un discorso prettamente diverso", ha concluso.