In Romania la mortalità di una paziente con tumore alla cervice è 8,5 volte superiore rispetto alla Finlandia, mentre tra gli uomini il rischio di morire per neoplasia polmonare è 3,5 volte più elevato in Ungheria rispetto alla Svezia
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La cura e la diagnosi del cancro cambiano radicalmente in base alla differente località di residenza in Europa. In Romania, ad esempio, la mortalità di una paziente con tumore alla cervice è 8,5 volte superiore rispetto alla Finlandia, mentre tra gli uomini il rischio di morire per neoplasia polmonare è 3,5 volte più elevato in Ungheria rispetto alla Svezia. Questi e altri squilibri vengono presentati nello studio di Alleanza contro il cancro e Rete oncologica nazionale del ministero della Salute a Esmo 2025, il congresso della Società europea di oncologia medica, che si tiene a Berlino.
"Il cancro è stato ed è ancora una malattia delle disuguaglianze", osserva Diego Serraino, consulente esterno Acc per il progetto finanziato dalla Commissione europea EunetCcc e primo autore del lavoro. "Non tutti hanno beneficiato allo stesso modo di prevenzione, diagnosi precoci e terapie efficaci". L'analisi, condotta sui 27 Paesi Ue cui sono state aggiunte Islanda e Norvegia utilizzando i registri europei Ecir ed Ecis, ha rilevato nel 2022 circa 1,3 milioni di decessi per tumore, pari a circa un quarto di tutte le morti. Il divario medio tra il Paese più o meno colpito è pari a 1,6 volte ma per alcune sedi tumorali gli estremi si allargano molto.
"La Polonia - spiega ancora Serraino - presenta il tasso standardizzato di mortalità più elevato (331 per 100mila), con un eccesso stimato di 24mila morti rispetto alla media Ue; Malta il più basso (209 per 100mila) con 271 decessi in meno dell'atteso. Sulla sopravvivenza la frattura è netta: media Ue al 54,2%, con un gradiente di 1,3 tra aree migliori e peggiori".
Secondo il documento della rete oncologica nazionale Acc, "dietro i numeri ci sono fattori socioeconomici, copertura e qualità degli screening, percorsi diagnostico-terapeutici non omogenei e tempi di accesso ai trattamenti innovativi; dove gli screening sono organizzati e i percorsi funzionano, le neoplasie si intercettano prima e si curano meglio. Non è solo una questione di farmaci: contano organizzazione, prossimità e continuità delle cure". Le necessità che emergono sono "rafforzare gli screening organizzati, ridurre i tempi di diagnosi, allargare l'accesso a terapie e trial, misurare sistematicamente gli esiti e finanziare in base ai risultati".
"La scienza corre, ma senza sistemi capaci di distribuirne i benefici, restano troppi esclusi", aggiunge Serraino. "Serve una governance degli esiti, con indicatori comparabili e responsabilità chiare". Per Acc la conclusione è strettamente operativa: usare questa "baseline" per concentrare interventi dove i gap sono maggiori, a partire da cervice, polmone e dai Paesi con performance più critiche. L'obiettivo è rendere irrilevante il codice postale nella prognosi oncologica: stessa prevenzione, stessa qualità di diagnosi e terapia, stessi diritti di sopravvivenza. "Le disuguaglianze non sono un dato naturale - chiude Serraino - ma variabili di sistema. E i sistemi si cambiano".