professionalità e umanità

“Non sono numeri, sono figli nostri”: il percorso di Leonilde nella Lega del Filo d’Oro

Da oltre vent’anni infermiera presso il Centro Nazionale di Osimo, contribuisce alla cura quotidiana di bambini, ragazzi e adulti con sordocecità e disabilità complesse. La sua storia racconta un lavoro tecnico, emotivo e profondamente umano

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 © Lega del Filo d'Oro

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Quando parla del suo lavoro, Leonilde Parlato non utilizza mai parole distanti o formali. Dal 2000 è infermiera alla Lega del Filo d’Oro e descrive il suo ruolo come un intreccio costante tra competenza professionale e relazione. La sua esperienza nasce dall’incontro con persone con sordocecità e disabilità complesse, e da una missione quotidiana: rendere più agevole la loro vita, rispettarne i tempi, costruire fiducia. È in questo equilibrio tra rigore tecnico e umanità che Leonilde ha trovato il senso profondo del suo lavoro.

Un lavoro tecnico, complesso, profondamente umano

 Alla Lega del Filo d’Oro l’assistenza infermieristica non si limita ai protocolli sanitari. È un’attività che richiede ascolto, personalizzazione, continuità: “Il nostro è un lavoro molto complesso e personale", spiega Leonilde, che sottolinea quanto ogni gesto rappresenti un punto di contatto con la vita quotidiana degli utenti. L’équipe interdisciplinare è parte integrante di questo percorso: educatori, terapisti, psicologi, assistenti sociali e medici. “Ci affidiamo molto alle competenze degli educatori, soprattutto per le tecniche di comunicazione” . Entrare in relazione significa prima di tutto entrare nel modo in cui la persona comunica, sente, riconosce la presenza dell’altro.

La fiducia come strumento di cura

 Per Leonilde l’empatia non è un concetto teorico, ma un passaggio essenziale: “L’utente si deve sentire a suo agio, deve avere fiducia in noi”. E la fiducia, costruita con pazienza, permette di affrontare anche situazioni difficili o procedure complesse, soprattutto con bambini che vivono quotidianamente sfide sensoriali e motorie. Il rapporto che si crea nel tempo è un filo prezioso, che permette agli operatori di intervenire in sicurezza anche nei momenti più delicati.

Crescere insieme: professione e umanità

 Nonostante la complessità del lavoro, per Leonilde i “pro” superano nettamente le difficoltà: “Lavorare alla Lega ci dà la possibilità di crescere non solo a livello professionale, ma anche umano” . Le gratificazioni arrivano soprattutto dai piccoli gesti: un sorriso, una mano che cerca la tua, un saluto riconosciuto dalla voce. “Per noi è una grande soddisfazione, perché significa che abbiamo fatto bene il nostro lavoro” .

Il valore dei gesti: la “tecnica della zanzarina”

 Tra gli episodi che ricorda con più affetto c’è quello di un bambino molto sensibile alla somministrazione delle terapie. La madre spiegava che la puntura veniva fatta di sera, a letto. L’équipe interdisciplinare decide di cambiare approccio, trasformando la procedura in un piccolo gioco: “Abbiamo inventato la tecnica della zanzarina: la zanzarìna che arriva e fa zac".Col tempo il bambino non solo ha accettato la terapia senza paura, ma l’ha resa parte della relazione: “Quando gli dicevo “facciamo la punturina?”, lui rispondeva “sì, la zanzara che fa zac” e si scopriva il braccio” .


Ogni persona riconosce chi si prende cura di lei

 Nel suo percorso professionale Leonilde ha vissuto numerosi episodi che testimoniano la profondità dei legami creati in anni di lavoro. “Abbiamo avuto un utente che ti riconosceva dal passo del piede”, ricorda.
Un dettaglio che racchiude la forza della relazione e conferma quanto la continuità degli operatori sia fondamentale per persone che percepiscono il mondo attraverso suoni, vibrazioni e piccoli segnali.

La gestione dell’emergenza: lucidità e cuore

 Il lavoro infermieristico alla Lega del Filo d’Oro comporta anche momenti critici: crisi respiratorie, crisi epilettiche, situazioni improvvise. “Se ti fai prendere dal panico, non puoi svolgere la tua mansione”, dice Leonilde. La componente emotiva è forte, ma va modulata: la capacità di mantenere lucidità non esclude la vicinanza umana, anzi la rende ancora più significativa. È questo equilibrio che permette agli operatori di intervenire con professionalità e allo stesso tempo offrire sicurezza alle famiglie.

“Non sono numeri: sono figli nostri”

 Tra le frasi che meglio descrivono il suo modo di vedere il lavoro c’è quella che pronuncia con naturalezza: “Per noi non sono bambini o utenti: sono figli nostri”. Il confine tra professione e relazione, pur mantenendo rigore etico, diventa inevitabilmente permeabile: gli utenti arrivano, restano per mesi o anni, crescono, e gli operatori crescono con loro. È una dimensione che Leonilde definisce “famiglia”: non per contrapporla alla sua, ma perché questo mondo è entrato nella sua vita con la stessa forza dei legami più profondi.