La supremazia nell'AI è il nuovo campo di battaglia tra Stati Uniti e Cina. Mentre le superpotenze accumulano talento e capitali, l'Europa deve trovare la sua strategia per non restare ai margini
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Nel mondo iperconnesso e iperdigitalizzato del XXI secolo, il predominio nell’intelligenza artificiale sta diventando il nuovo terreno di confronto geopolitico tra le superpotenze globali. Stati Uniti e Cina si sfidano apertamente nella corsa al controllo di quella che viene considerata la tecnologia più potente del nostro tempo: un ambito dove si mescolano innovazione scientifica, potenza industriale, dominio economico e influenza culturale. In questo scenario, l’Europa appare ancora alla ricerca di una propria traiettoria credibile per evitare di essere spettatrice passiva di una rivoluzione che potrebbe ridefinire equilibri globali, mercati e diritti.
Il confronto tra Washington e Pechino non è soltanto tecnologico, ma anche economico e strategico. Le potenze non si contendono solo mercati, ma anche la supremazia nella potenza di calcolo. Negli Stati Uniti, il sistema dell’innovazione si fonda su una rete consolidata di grandi aziende, centri di ricerca e università che operano in sinergia con ingenti capitali privati. La missione dichiarata di alcuni dei principali attori del settore è la costruzione di un’intelligenza artificiale generale, cioè una forma di AI comparabile o superiore a quella umana. La Cina persegue un modello differente, fortemente guidato dalla pianificazione statale e orientato all’autosufficienza tecnologica.
Nel confronto tra le due superpotenze, l’Europa appare strutturalmente meno competitiva. Le sue capacità industriali, la disponibilità di capitali e l’attrattività verso i talenti risultano inferiori rispetto a Stati Uniti e Cina. La frammentazione del mercato interno, la complessità normativa e la mancanza di visione unitaria ostacolano lo sviluppo di un ecosistema AI integrato. Tuttavia, la riflessione strategica europea si sta orientando verso alcune direttrici: rafforzare la digitalizzazione degli attori tradizionali, sostenere settori industriali di nicchia, mobilitare capitali e attrarre competenze esterne. L’obiettivo è creare un contesto favorevole allo sviluppo tecnologico senza replicare modelli esterni. La semplificazione amministrativa e la rimozione di barriere normative costituiscono elementi chiave per rendere il continente più competitivo.
Un elemento distintivo della risposta europea è il ruolo attribuito alla regolamentazione. L’approccio normativo mira a garantire che i sistemi di intelligenza artificiale rispettino i diritti fondamentali, la sicurezza e la trasparenza. Il cosiddetto AI Act introduce obblighi specifici per i fornitori e gli utilizzatori di sistemi AI, con particolare attenzione ai rischi di discriminazione e agli effetti sistemici. Accanto alla legislazione, l’Europa ha promosso la definizione di principi etici attraverso documenti come la dichiarazione sui diritti digitali. L’etica è intesa come risorsa preventiva contro fenomeni come la disinformazione, l’uso improprio dei dati o l’esclusione sociale. Le norme puntano a impedire decisioni automatizzate basate su criteri non legittimi – come razza, genere, orientamento sessuale o religione – e a garantire meccanismi di controllo sui sistemi AI.
Un altro aspetto critico riguarda l’accessibilità. L’utilizzo avanzato dell’AI richiede infrastrutture costose, hardware specifico e competenze elevate, generando un divario tra chi ha accesso e controllo sulla tecnologia e chi ne subisce gli effetti senza strumenti adeguati. Il rischio è la creazione di una nuova forma di disuguaglianza – il “critical divide” – che rafforza dinamiche di potere asimmetriche. Per affrontare questo scenario, emerge la necessità di promuovere una formazione critica diffusa. Non si tratta solo di insegnare l’uso degli strumenti, ma di sviluppare la capacità di analisi, interpretazione e valutazione delle decisioni automatizzate. L’obiettivo è evitare un eccessivo affidamento ai sistemi AI che potrebbe ridurre le competenze cognitive, tecniche e culturali della popolazione.