Lo chiamano karma...

Rideva dell'Italia con Merkel, ora va in galera: la triste parabola di Sarkozy

Condannato a 5 anni per associazione a delinquere nel caso dei finanziamenti libici, l'ex presidente francese sconta oggi il peso di una lunga catena di scandali. Dalla risata all’Italia al tramonto di un leader

25 Set 2025 - 14:28
 © Tgcom24

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Nel 2011, durante una conferenza stampa a Bruxelles, Angela Merkel e Nicolas Sarkozy risposero con una risata alla domanda di un giornalista sulla tenuta economica dell'Italia, all'epoca alle prese con una drammatica crisi del debito. Quella risata - sprezzante, pubblica, registrata dalle telecamere - rimase impressa nella memoria collettiva del Paese come un simbolo di umiliazione. Oggi, a distanza di oltre un decennio, è Sarkozy a dover fare i conti ma con la giustizia. L'ex presidente francese è stato condannato a cinque anni di carcere per associazione a delinquere nell'ambito dell'inchiesta sui presunti finanziamenti libici ricevuti nel 2007, quando correva per l'Eliseo.
Si tratta della prima volta in cui un ex presidente della Repubblica francese riceve un ordine di carcerazione, seppure differito. Il verdetto arriva dopo anni di indagini e processi che hanno progressivamente sgretolato l'immagine dell'uomo forte della destra francese. Per molti italiani, è anche una sorta di rivincita simbolica, un riequilibrio morale dopo anni in cui Parigi guardava Roma dall'alto in basso.

La condanna per i fondi libici e il ruolo dei suoi uomini di fiducia

 La corte ha stabilito che Nicolas Sarkozy abbia effettivamente partecipato a un sistema di finanziamenti occulti in vista della campagna presidenziale del 2007. Secondo l'accusa, l'allora candidato avrebbe autorizzato o comunque tollerato il coinvolgimento della Libia di Muammar Gheddafi nel sostegno economico alla sua corsa all'Eliseo. Il processo ha chiarito che, sebbene non sia stato provato l'uso diretto di fondi libici nella campagna, Sarkozy non poteva ignorare le attività dei suoi collaboratori. Claude Guéant, ex ministro dell'Interno e stretto consigliere, è stato condannato per corruzione passiva e falso. Brice Hortefeux, altro nome di punta del governo Sarkozy, è stato ritenuto colpevole di associazione a delinquere. Il tribunale ha ritenuto che l'ex presidente fosse pienamente consapevole dei contatti con la Libia e dell'attività di raccolta fondi parallela, smentendo le tesi difensive che lo dipingevano come estraneo alla macchina operativa.

La risata con Merkel e il default italiano: una ferita ancora aperta

 Il 23 ottobre 2011, in occasione del vertice europeo sull'emergenza economica, un giornalista chiese a Merkel e Sarkozy se avessero fiducia in Silvio Berlusconi e nella stabilità dell'Italia. I due leader si guardarono e risero. Nessuna risposta verbale, solo una risata sarcastica. Quel gesto - in diretta mondiale - fu letto da molti come un'umiliazione diplomatica per l'Italia, in un momento in cui l'Unione europea faticava a contenere la speculazione sui titoli di Stato italiani e il rischio default era più che concreto.
L'episodio suscitò forti reazioni nel nostro Paese, alimentando un sentimento di frustrazione verso il trattamento riservato all'Italia nei consessi internazionali. La scena diventò virale e simbolica: mentre Roma cercava di difendere la propria credibilità finanziaria, Berlino e Parigi sembravano ironizzare sulla sua debolezza. Anni dopo, Sarkozy cercò di ridimensionare il significato di quella risata. In un'intervista, spiegò che non si stava riferendo a Berlusconi o all’Italia, ma che la reazione era stata dettata dalla "formulazione insolita" della domanda, che aveva colto entrambi alla sprovvista ed erano incerti su chi dovesse rispondere. Secondo l’ex presidente, non c’era alcuna intenzione di deridere un partner europeo. Tuttavia, la percezione pubblica era ormai consolidata: quell’immagine, a distanza di anni, resta per molti italiani una ferita aperta.

Dall'Eliseo al banco degli imputati: la spirale giudiziaria di Sarkozy

 Il procedimento per i fondi libici non è l'unico fronte giudiziario aperto per Sarkozy. Già nel 2021 era stato condannato a tre anni (di cui uno da scontare) per corruzione e traffico di influenze in un altro caso legato a un magistrato della Corte di Cassazione, al quale avrebbe promesso un incarico prestigioso in cambio di informazioni riservate. Quella sentenza è stata confermata nel 2024 dalla Corte di Cassazione. A seguito di quella condanna, Sarkozy ha dovuto accettare l'imposizione di un braccialetto elettronico come misura alternativa al carcere. Anche in quel caso, la sua difesa ha parlato di accanimento giudiziario, ma i tribunali hanno respinto sistematicamente ogni ricorso. L'uomo che ambiva a diventare il leader carismatico del centrodestra europeo si è così ritrovato a collezionare processi e sentenze, sempre più lontano dalla scena pubblica.

Ambizioni spezzate: il ritorno in politica mai riuscito

 Dopo la sconfitta elettorale del 2012 contro François Hollande, Sarkozy tentò più volte un rientro sulla scena politica. Nel 2014 tornò alla guida dell'UMP (poi diventata Les Républicains), ma non riuscì a ricompattare il partito. Alle primarie del 2016, fu battuto nettamente da François Fillon, chiudendo di fatto ogni velleità di ricandidatura. Il contesto giudiziario, già allora pesante, contribuì al suo declino politico. Anche all'interno della destra francese, la sua figura divenne divisiva. In un Paese segnato da nuove emergenze sociali, da attentati e dalla crescita dell'estrema destra, Sarkozy appariva sempre più come una figura del passato. Le sue ambizioni internazionali - inclusa una possibile leadership europea alternativa a Merkel - svanirono definitivamente.

L'immagine in frantumi: onorificenze revocate e l'ombra di Gheddafi

 Oltre alle condanne, Sarkozy ha visto erodersi il suo prestigio simbolico. Di recente gli sono state revocate onorificenze come la Legion d'Onore - la più alta distinzione della Repubblica francese - a seguito delle sentenze definitive. Anche all'estero, la sua immagine è cambiata drasticamente. Lo scandalo Gheddafi pesa come un macigno. Le relazioni strette con la Libia di fine anni Duemila, i viaggi ufficiali, le accoglienze sfarzose e gli accordi commerciali sono oggi riletti alla luce di un possibile scambio illecito tra denaro e appoggio politico. Il processo per i fondi libici, conclusosi ora con la condanna, non ha solo valore penale: è anche un colpo durissimo all'eredità politica di un presidente che, per anni, ha rappresentato uno dei volti più visibili della Francia nel mondo.

Impulsivo e fuori dagli schemi: le gaffe che hanno segnato la sua immagine

 Oltre ai procedimenti giudiziari e ai fallimenti politici, Nicolas Sarkozy ha spesso attirato l'attenzione pubblica per il suo stile diretto, talvolta ai limiti dell'impulsività. Numerosi episodi - alcuni diventati celebri - hanno contribuito a costruire un'immagine controversa, ben lontana dalla compostezza diplomatica che si richiede a un presidente della Repubblica.
Il caso più noto risale al 2008, quando, durante una visita al Salone dell'Agricoltura di Parigi, Sarkozy rispose con un eloquente "Casse-toi, pauvre con!" ("Vattene, povero idiota!") a un uomo che si era rifiutato di stringergli la mano. La frase, ripresa dalle telecamere, fece il giro del mondo, sollevando polemiche sulla sua tenuta istituzionale.
In altre occasioni, sono state le imprecisioni a metterlo in difficoltà. Nel 2011, affermò che i Paesi dell'area Schengen erano "16 o 17", mentre all'epoca erano 25. Nel 2008, confuse l'Alsazia con la Germania durante un discorso a Strasburgo, scatenando la reazione ostile della platea.

Particolarmente criticata fu anche una frase pronunciata nel 2012, quando, parlando dei soldati vittime degli attentati di Montauban e Tolosa, si riferì a loro come "musulmani, in ogni caso di apparenza... della diversità visibile". L'ambiguità dell'espressione suscitò accuse di superficialità e pregiudizio.
Infine, celebre fu lo scivolone diplomatico durante il G20 di Cannes, quando, credendo i microfoni spenti, Sarkozy definì l'allora premier israeliano Benjamin Netanyahu "un bugiardo" e aggiunse: "Non posso sopportarlo". Le parole, condivise in una conversazione privata con Barack Obama, provocarono imbarazzo a livello internazionale.
Questi episodi, seppur talvolta derubricati a gaffe, hanno contribuito nel tempo a erodere l'aura presidenziale di Sarkozy. Per i suoi critici sono segni di arroganza, per i suoi sostenitori tratti di spontaneità. In ogni caso, hanno inciso profondamente sulla sua immagine pubblica.

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