dati in aumento del 2025

Onu, 122 milioni di sfollati "forzati" nel mondo: costretti alla fuga dalle guerre

Ucraina, Afghanistan e Sudan i Paesi più colpiti. Quasi 10 milioni i rimpatri, ma in situazioni instabili: lo dice il rapporto annuale Global Trends dell’Unhcr

12 Giu 2025 - 12:06
 © Afp

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Ad aprile 2025 sono state 122 milioni le persone costrette ad abbandonare il loro Paese natale. A stabilirlo è il rapporto annuale Global Trends dell’Unhcr, l’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati, sottolineando l’aumento di 2 milioni di sfollati rispetto allo stesso periodo del 2024 e il raddoppio del numero rispetto al 2015.

I motivi alla base

 Le cause della fuga sono molteplici. Innanzitutto, le guerre che alla fine del 2024 hanno portato 42,7 milioni di persone ad abbandonare il proprio Paese e 73,5 milioni a spostarsi, ma rimanendo all’interno del proprio Stato. Myanmar e Ucraina sono quindi i luoghi da cui scappano il maggior numero di cittadini, complice l’incapacità politica di porre fine ai combattimenti. E il futuro per i due Paesi è ancora molto incerto: le tendenze della seconda metà del 2025 potranno dipendere da fattori quali il raggiungimento della pace, il miglioramento delle condizioni di rimpatrio e la gestione della situazione economica visti i tagli ai finanziamenti per i rifugiati.

I Paesi più colpiti

 I dati mostrano una situazione allarmante. In Ucraina sono 8,8 milioni gli sfollati e in Afghanistan 10,3 milioni. Ma la maggior crisi di rifugiati al mondo è in Sudan, complice la guerra civile in atto da due anni, che conta 14,3 milioni di sfollati interni e rifugiati. La Siria, invece, sembra stare invertendo la tendenza. Nonostante i 13,5 milioni di sfollati a causa della guerra civile che colpisce il Paese dal 2011, molti siriani hanno avuto la possibilità di rimpatriare in seguito al rovesciamento del presidente Bashar al-Assad.

Dove vanno gli sfollati

  Circa il 67% degli sfollati sceglie come luogo di rifugio un Paese limitrofo. Secondo il rapporto, è l’Iran lo Stato che ospita il numero più alto di persone, con 3,8 milioni, in prevalenza afghani. Al secondo posto la Turchia, con 3,1 milioni di rifugiati principalmente siriani, seguito dalla Colombia con 2,8 milioni di sfollati, in maggioranza venezuelani. Il rapporto sottolinea anche che in proporzione al numero di abitanti spicca il Libano, con un rifugiato su otto dei suoi abitanti. Inoltre il 73% dei rifugiati opta per Paesi a basso o medio reddito. Per esempio, Ciad, Repubblica Democratica del Congo, Etiopia, Sudan e Uganda pur avendo il 9% della popolazione internazionale e lo 0,6% del prodotto interno globale accolgono il 19% degli sfollati.

Le conseguenze sulla salute mentale

 Le persone rifugiate si trovano in una situazione di instabilità, obbligate ad abbandonare il loro luogo natale e vivendo senza certezze per il futuro. La conseguenza principale di questa condizione, secondo il rapporto, è il peggioramento della salute mentale, che comporta problemi per 970 milioni di persone. E la percentuale più alta, ben l’82%, di questi rifugiati vive in paesi a basso o medio reddito, che comportano fattori di stress altamente incisivi. L’Unhcr evidenzia che la condizione può scatenarsi in qualsiasi fase del viaggio a causa di «abusi, violenza, perdite significative, difficoltà economiche e incertezza per il futuro».

Il rimpatrio

 Alcuni sfollati, però, riescono a fare ritorno a casa. Quasi 10 milioni di persone, si legge nel rapporto, nel 2024 sono tornate nel luogo di origine, di cui 8,2 milioni erano sfollati interni. L’ONU, però, definisce ancora la situazione “insostenibile” sia per la mancanza di risorse disponibili per queste persone sia per il clima di insicurezza in cui sono costretti a vivere nel Paese natale. L’Afghanistan rappresenta un esempio significativo: nonostante il rimpatrio di numerosi cittadini, questo è avvenuto in situazioni sfavorevoli.

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