Gaza, perché gli aiuti lanciati dagli aeroplani non bastano
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L'Italia firma l'appello a Israele perché conceda l'ingresso di aiuti nell'enclave. Il documento sottoscritto con Ue, Gb e Canada: gli operatori umanitari devono poter lavorare in sicurezza nella Striscia
di Redazione onlineIl conflitto in Medioriente è giunto al giorno 677. L'Italia firma l'appello perché Israele conceda il pieno accesso a Gaza di tutti gli aiuti e perché operatori umanitari e Ong possano lavorare in sicurezza nell'enclave palestinese per aiutare i civili. Il documento è stato sottoscritto anche da Ue, Gb, Canada. Sulla situazione nella Striscia arriva l'allarme dell'Onu, secondo cui la malnutrizione acuta "sta aumentando "vertiginosamente, con oltre 300mila bambini a rischio grave". Il premier israeliano Netanyahu ha dichiarato a i24 di sentirsi impegnato in una "missione storica e spirituale" e di essere "molto" legato alla visione della Grande Israele, che include territori destinati a un futuro stato palestinese e, possibilmente, anche aree oggi appartenenti alla Giordania e all'Egitto. Secondo alcuni media, Israele starebbe discutendo con il Sud Sudan della possibilità di reinsediare i palestinesi dalla Striscia di Gaza nel Paese africano devastato dalla guerra.
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Israele starebbe discutendo con il Sud Sudan della possibilità di reinsediare i palestinesi dalla Striscia di Gaza nel Paese africano devastato dalla guerra, nell'ambito di un più ampio sforzo da parte di Israele per facilitare l'emigrazione di massa dal territorio. Lo scrive l'Associated Press sul proprio sito citando colloqui con sei persone a conoscenza della trattativa. Non è chiaro a che punto siano i colloqui ma, se attuati, i piani equivarrebbero a trasferire persone da una terra devastata dalla guerra e a rischio carestia a un'altra, sollevando preoccupazioni in materia di diritti umani.
Il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha dichiarato a i24 di sentirsi impegnato in una "missione storica e spirituale" e di essere "molto" legato alla visione della Grande Israele, che include territori destinati a un futuro stato palestinese e, possibilmente, anche aree oggi appartenenti alla Giordania e all'Egitto. Il termine 'Grande Israele' fu usato dopo la Guerra dei Sei Giorni del giugno 1967 per indicare Israele e i territori appena conquistati — Gerusalemme Est, Cisgiordania, Striscia di Gaza, Penisola del Sinai e Alture del Golan. L'espressione fu adottata successivamente anche per indicare l'attuale Israele, Gaza e la Cisgiordania, e l'attuale Giordania.
Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha dichiarato che Israele permetterà ai palestinesi di lasciare la Striscia di Gaza, mentre l'esercito prepara un'offensiva più ampia nel territorio. E ha invitato espressamente "i Paesi che vogliono aiutare i palestinesi", ad "aprire loro le porte". Lo riporta la stampa israeliana, tra cui Haaretz. Netanyahu ha affermato che ai residenti dovrebbe essere consentito di lasciare la Striscia di Gaza "se lo desiderano, come è accaduto durante altre guerre, come in Siria, Ucraina e Afghanistan".