"Chiusi in celle sovraffollate con poco cibo, ci hanno tolto le medicine e non hanno mandato nemmeno un medico per chi stava male"
Un gruppo di 18 italiani, dei 26 totali che facevano parte della Global Sumud Flotilla, è arrivato verso le 23.30 di sabato all'aeroporto di Fiumicino con un volo della Turkish Airlines dopo il rilascio da parte delle autorità israeliane. Il gruppo si è dapprima imbarcato su un volo charter della Turkish Airlines partito alle 13:40, le 12:40 in Italia, dall'aeroporto di Eilat diretto a Istanbul e quindi, con l'assistenza di un team del Consolato Generale d'Italia in Turchia, trasferito su altri due voli per il rimpatrio, uno per Roma e l'altro per Milano. Altri 15 italiani, che non hanno invece firmato il foglio di rilascio volontario, dovranno attendere l'espulsione per via giudiziaria, che avverrà la prossima settimana. "Siamo stati trattati malissimo, come trattano loro i terroristi", hanno raccontato.
Ad accogliere il gruppo a Fiumicino, cori, applausi e uno sventolio di bandiere, tra cui quelle della Palestina e della Cub trasporti. Al grido di "Palestina libera", oltre duecento le persone, tra familiari, amici e colleghi, che hanno stretto d'affetto, con abbracci e sorrisi, gli attivisti e giornalisti arrivati. Tante le lacrime di commozione. Srotolato uno striscione con la scritta "Non si può fermare il vento, Palestina libera".
"Siamo stati trattati malissimo", ha raccontato all'arrivo a Fiumicino Cesare Tofani, uno dei 18 italiani della Flotilla rientrati da Istanbul. "All'inizio, quando siamo stati intercettati, non sono stati molto pesanti perché dovevamo, secondo loro, collaborare per portare la barca in porto. Siamo rimasti inerti, non ci hanno usato violenza. Dall'esercito siamo passati alla polizia. Ci sono state delle angherie. Ci hanno trattato come trattano loro i terroristi e i palestinesi". Tofani ha spiegato che "acqua avevamo quella del rubinetto. Il mangiare poco. Eravamo tutti insieme, anche con gli stranieri. Alcuni di noi non hanno firmato e loro rimarranno lì e verranno sottoposti a processo e subire questo trattamento carcerario. Il console italiano è stato con noi 15 minuti in una cella e ci ha assistito per quanto poteva fare, essendo stato concesso a lei solo tale tempo a disposizione e nulla più: ha chiesto delle situazioni più critiche, le esigenze delle medicine. A Istanbul ci hanno accolto bene, assistito, fatto chiamare i familiari a casa".
Un altro degli italiani rientrati, Paolo De Montis, ha spiegato che "siamo esausti. Ciò che ci ha massacrato sono state le ore nelle carceri israeliane e il tragitto per arrivarci: lì abbiamo veramente capito quello che possono aver fatto ai palestinesi. Le donne erano in 15 in una cella da 4; noi eravamo in 10 in una da 7, con un solo rotolo di carta igienica, senza acqua e con il cibo mangiato per terra. E soprattutto l'aggressività e l'odio forti mostrati nei nostri confronti quando noi eravamo andati in pace". Una maglietta bianca, un mazzo di fiori in mano, le scarpe dategli dai turchi, a Fiumicino De Montis è stato accolto calorosamente da amici e colleghi sindacalisti della Cub Trasporti.
Michele Saponara, un altro degli italiani rientrati a Fiumicino, ha detto che "siamo provati ma stiamo bene, è stata dura. Ma non è mai stata così dura quanto lo è, ogni giorno, per i gazawi, i palestinesi, per tutti i popoli che vivono queste sopraffazioni, le prepotenze. Bisogna continuare a lottare: in questo momento è importantissimo proseguire a farlo per i nostri compagni che sono ancora lì; dobbiamo riportarli a casa assolutamente, è la priorità. E a testa bassa perché cambino le cose, perché non vanno bene".
Nel racconto, invece, del giornalista Saverio Tommasi le condizioni "difficili" vissute nel carcere dagli italiani. "Hanno tolto le medicine a tutti, a persone cardiopatiche, ad asmatici e a un signore di 86 anni al quale è stata tolta la bomboletta per l'asma. Si è sentito male, così come le altre persone. E nonostante le richieste, sbattendo forte sulle celle, un dottore non è mai stato mai mandato". Tommasi ha proseguito spiegando che "l'acqua era quella del rubinetto del bagno, calda e con un sapore rancido. Il cibo era scarso. Hanno sequestrato i telefoni e tutto il mio lavoro: per fortuna avevamo salvato tutto su hard disk e inviato già tutto in redazione, immaginando la situazione non proprio felice". Il giornalista ha quindi ricordato che "a me avevano strappato letteralmente le fedi: ho dovuto litigare con il giudice e solo grazie a questo mi sono state ridate quando sono arrivato ad Istanbul con l'aereo. Gli aiuti, immagino, saranno tutti affondati assieme alle barche. Greta Thumberg? L'abbiamo vista dentro e anche al porto: aveva le braccia legate e con una bandiera israeliana vicina, a presa in giro, come le violenze verbali e psicologiche che mettevano in atto sempre, a ridicolizzare, svilire, farsi una risata in momenti in cui non c'era nulla da ridere", ha concluso.