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Congresso Usa, Biden: è stato Trump a incitare all'assalto | Accuse contro il tycoon? Potrebbe concedersi la grazia 

Il presidente eletto ha definito "terroristi" i membri del gruppo che hanno guidato lʼirruzione, ma è contrario a ricorrere al 25esimo emendamento contro Trump. La Casa Bianca condanna le violenze

I sostenitori di Trump assediano il Congresso: "E' lui che ha vinto"

"L'attacco al Campidoglio è stato uno dei giorni più bui della storia Usa, un assalto alla nostra democrazia". Lo afferma il presidente eletto, Joe Biden. "Trump ha incitato l'assalto, ma lui non è al di sopra della legge", aggiunge. Per Biden il gruppo violento che ha assaltato il Campidoglio Usa è formato da "terroristi interni". Il dem evidenzia quindi come sia "inaccettabile" il diverso trattamento rispetto ai manifestanti di Black Lives Matter.

Biden accusa Trump, ma è contrario al 25esimo emendamento Il presidente eletto sottolinea che Trump è responsabile di "aver tentato di usare una folla per mettere a tacere le voci di quasi 160 milioni di americani" che hanno votato a novembre. Trump, ribadisce il democratico, ha "reso chiaro il suo disprezzo per la nostra democrazia, la nostra Costituzione" e ha scatenato un "attacco a tutto campo" alle istituzioni democratiche, che alla fine ha portato alle violenze al Campidoglio. Biden è però contrario a ricorrere al 25esimo emendamento per rimuovere il presidente uscente come invece vorrebbe la speaker della Camera.

 

 

Nancy Pelosi all'attacco del tycoon Nancy Pelosi infatti ha richiamato il vicepresidente Mike Pence per invocare il 25esimo emendamento e rimuovere il tycoon dall'incarico. La speaker della Camera ribadisce: "Se il vicepresidente e il governo non agiscono, il Congresso è pronto a procedere con l'impeachment". Trump ha comunque promesso una transizione pacifica, pur ribadendo le sue accuse di brogli e avvertendo che questa "è la fine del più grande mandato presidenziale della storia, ma è solo l'inizio della nostra lotta per fare l'America di nuovo grande". Ma le sue rassicurazioni non bastano. Tra i dem, ma anche tra più di un repubblicano, cresce la richiesta di rimuovere il presidente prima del 20 gennaio.

 

L'impeachement? Iter troppo lungo, meglio il 25esimo emendamento Oltre trenta parlamentari sono per un secondo impeachment, dopo quello per l'Ucrainagate. I capi di accusa sono già stati scritti dalla deputata Ilham Omar e sono pronti per essere presentati, ha annunciato la giovane star del partito, la pasionaria Alexandria Ocasio-Cortez. Ma per un processo del genere non basterebbero due settimane. Un'alternativa più semplice e veloce, invocata da altri parlamentari, tra cui il leader dei senatori dem Chuck Schumer e la speaker della Camera Nancy Pelosi, è il 25esimo emendamento della Costituzione, secondo cui il vicepresidente può prendere i poteri del Commander in chief come facente funzioni nel caso il presidente muoia, si dimetta o abbia una incapacità fisica o psicologica manifesta. Ma è necessario il consenso del vicepresidente e della maggioranza del governo. Se poi il presidente si oppone alla sua rimozione, la decisione spetta alla Camera (in mano ai dem), che deve approvare la decisione con due terzi dei voti. Camera dove però la maggioranza del partito repubblicano ha sostenuto le richieste di Trump di contestare i voti di alcuni Stati, assecondando le sue accuse di elezioni fraudolente. L'ipotesi è comunque al vaglio di molti nell'amministrazione e in Congresso.

 

Gli alleati voltano le spalle a Trump, lui pensa alla grazia Trump intanto sta comunque pagando le prime conseguenze e si è visto voltare le spalle da alleati come Mike Pence, Mike Pompeo e altri pezzi da novanta di un partito che ora dovrà ricostruirsi. Nell'amministrazione inoltre è attesa un'ondata di dimissioni. Il primo ministro a lasciare è stato quello ai Trasporti, Elaine Chao, moglie del leader dei senatori repubblicani Mitch McConnell. Se ne sono già andati anche il vice consigliere per la sicurezza nazionale Matt Pottinger, la vice portavoce della Casa Bianca Sarah Matthews, la portavoce della first lady Stephanie Grisham e l'inviato speciale in Irlanda del Nord ed ex capo dello staff Mick Mulvaney. Ci sta pensando il consigliere alla sicurezza nazionale Robert O'Brien e Chris Liddell, assistente del presidente e vice capo dello staff. Il tycoon messo quasi alle strette ventila l'ipotesi di concedersi la grazia nel caso fosse accusato per l'attacco al Congresso. Il procuratore generale di Washington, Michael Sherwin, ha infatti affermato di non escludere capi di accusa nei confronti di Trump.

 

La Casa Bianca condanna le violenze Intanto dalla Casa Bianca arriva la condanna alle violenze. "Donald Trump e il suo governo condannano le violenze avvenute al Congresso nella maniera più ferma possibile": lo ha detto la portavoce Kayleigh McEnany, definendo l'assalto a Capitol Hill "riprovevole e contrario ai valori americani". 

 

Si dimette il capo della polizia del Campidoglio Steven Sund, capo della polizia di Capitol Hill, sede del Congresso degli Stati Uniti, ha rassegnato le dimissioni dopo le violente manifestazioni pro-Trump a Washington. Il Pentagono e il Dipartimento di giustizia avrebbero offerto alle forze di polizia che vigilano su Capitol Hill rinforzi, ma l'aiuto sarebbe stato rifiutato. Lo riporta l'Associated Press citando fonti dell'amministrazione. Il Dipartimento alla difesa si sarebbe fato avanti proponendo l'assistenza degli uomini della Guardia Nazionale tre giorni prima della manifestazione e dell'assalto al Congresso. Il Dipartimento di giustizia invece avrebbe offerto l'ausilio degli uomini dell'Fbi.

 

Morto un ufficiale di polizia: è la quinta vittima Intanto si allunga la lista delle vittime degli scontri. Un ufficiale della polizia del Campidoglio degli Stati Uniti è morto dopo il ricovero in ospedale: si tratta della quinta persona deceduta.

 

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