Il mondo implacabile di ARC Raiders
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Embark Studios firma uno sparatutto basato sulle estrazioni accessibile ma ricco di emozioni: 30 minuti per scegliere se osare ancora o tentare la fuga
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Lo sparatutto Arc Raiders arriva su PC e console mettendo in scena un'idea semplice quanto magnetica: salire in superficie, fare scorta di risorse e tornare a casa vivi. Non è la vittoria a definire la serata, ma l'estrazione riuscita, il momento in cui le porte dell'ascensore si chiudono e il respiro torna regolare. Un progetto che, partendo da un'idea consolidata, potrebbe diventare il nuovo riferimento del genere.
Sviluppato da Embark Studios, gruppo composto da ex veterani di DICE (gli autori di Battlefield), Arc Raiders è uno sparatutto in terza persona basato sul concetto di "estrazione" che offre un misto tra esperienza PvE (contro personaggi gestiti dal computer) e PvP (contro altre persone in carne e ossa) dove convivono robot controllati dall'IA e altri "avventurieri", pronti a esplorare ciò che resta di una Terra post-apocalittica dominata da ARC, un'intelligenza artificiale che sorveglia le rovine con droni e camminatori.
Quando si ottiene un po' di bottino, arriva il momento di tornare a casa: la nostra base è Speranza, città sotterranea che non tanto un semplice menu da spulciare quanto un luogo "vivo", tra nuovi banchi di lavoro da sbloccare, potenziamenti da ottenere e volti ricorrenti con cui interagire.
La struttura delle partite è chiara anche per chi si avvicina al genere per la prima volta. Ogni spedizione può durare fino a mezz'ora, ma la scelta cruciale è quando dire "basta": si può effettuare l'estrazione in qualunque momento, purché si raggiunga un punto designato e si resista a un'attesa di circa novanta secondi che, in quel momento, sembrano novanta minuti. È in frangenti come questi che Arc Raiders mostra il suo vero carattere: l'ascensore fa rumore, i robot si attivano, gli avventurieri rivali in ascolto capiscono che qualcuno sta per rientrare con un bel malloppo. Rischiare ancora per un baule in più o rientrare ora con l'essenziale? Il brivido sta tutto in questa decisione, ripetuta e sempre diversa di partita in partita.
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Il gioco non punta a essere punitivo a tutti i costi. Morire fa sì male (si perdono armi, munizioni, consumabili e bottino della sessione) ma lo zaino include alcune "tasche sicure" che permettono di preservare quegli oggetti che sono ritenuti "più preziosi", così una sconfitta non azzera completamente i progressi. Tra una sortita e l'altra si torna a Speranza: si potenziano i banchi, si migliorano cure e gadget, si personalizza il personaggio scegliendo uno stile. Le tre direttrici di crescita sono intuitive: c'è un ramo di abilità per chi preferisce muoversi in silenzio e sfruttare il crafting in corsa, uno per chi ama stare nella mischia e uno per chi vive di scatti, rampini e fughe all'ultimo secondo.
La visuale in terza persona, meno comune nel genere, rende più leggibile l'azione e aiuta a "capire" il territorio, mentre il "gunplay" restituisce la fisicità di armi volutamente spartane e spesso inadatte a tenere a bada le creature robotiche che minacciano la vita del gruppo. C'è poi un elemento che fa davvero la differenza: il suono. Arc Raiders è progettato perché le orecchie guidino molte scelte. Un cassetto forzato, un passo metallico oltre l'angolo, uno sparo lontano: dettagli che diventano informazioni, inviti a deviare il percorso o a preparare un'imboscata. Anche per questo non tutto si risolve sparando. La chat di prossimità e le "emote" aprono a tregue improvvisate: capita di scambiare un gesto, superare insieme una zona infestata dai robot e separarsi senza tradimenti davanti all'ascensore. Quando succede, sono momenti che restano.
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Le mappe viste finora (dighe labirintiche, città semisepolte, uno spazioporto assolato, reti di gallerie e strade sotterranee) sono ampie e piene di deviazioni, nonché di potenziali luoghi di interesse, al punto da premiare chi esce dai percorsi segnati. Qualcuno potrà percepirle a tratti troppo vaste o con un bottino meno "scintillante" rispetto ad altri titoli simili, ma la ricompensa vera è la storia che ne esce: l'ARC che precipita quando viene piazzato un colpo nel suo punto debole, la corsa sulle "zipline" quando non c'è più tempo da perdere, l'estrazione condivisa con perfetti sconosciuti dopo venti minuti di manovre da equilibrista.
Rispetto ai nomi più "hardcore" del genere, Arc Raiders si propone come porta d'ingresso più accogliente senza snaturare la tensione. Spiega in fretta come muoversi, offre margini d'errore, ma non regala nulla: la differenza la fanno la pazienza, l'attenzione al rumore e la gestione del rischio. Sul piano produttivo convince la direzione artistica retrofuturista e colpisce il sound design, davvero sopra la media.
Dopo una lunga gestazione, diversi test affollati e un crescendo di curiosità, Arc Raiders arriva pronto a mettere in scena quel tipo di adrenalina "oculata" che non dipende dal numero di eliminazioni, ma da come si pesa ogni passo.
Per chi già ama il genere degli sparatutto d'estrazione, l'opera di Embark rappresenta una variante in terza persona dal forte carattere; per chi prova genuina curiosità ma al tempo stesso timore dalla fama del genere, si tratta di un invito convincente. Il momento che conta è sempre lo stesso: le porte che si chiudono, il bottino è in salvo, il pensiero che corre già alla prossima risalita.