Malattia non ricorrente, ma congenita
E' tutta italiana la scoperta di un gruppo di scienziati che ha individuato lorigine dellendometriosi, una malattia fino a questo momento misteriosa sotto molti aspetti, che colpisce 150 milioni di donne nel mondo, di cui 14 milioni in Europa e tre solo in Italia. La malattia ha carattere cronico e complesso, ed è dovuta alla presenza anomala in altri organi di endometrio, il tessuto che riveste la parete interna dellutero.
I ricercatori, guidati dal prof. Pietro Giulio Signorile, presidente della Fondazione Italiana Endometriosi Onlus hanno individuato cellule di endometrio al di fuori dell'utero nei feti femminili di appena 16 settimane di vita intrauterina, secondo una percentuale compatibile a quella riscontrata nella popolazione femminile adulta affetta dal disturbo.
Lo studio ha dimostrato per la prima volta la validità della teoria embriogenetica per questa patologia: lendometriosi, cioè, è determinata da un minimo difetto nella genesi degli organi dell'apparato genitale. Infatti, su alcune decine di feti femminili studiati, l'11% di essi aveva la presenza di endometrio al di fuori dell'utero nelle zone tipiche della malattia e questo dato è appunto coerente con lincidenza della malattia. (10%-15%).
Alla luce di questa scoperta, lendometriosi non può essere considerata una malattia ricorrente, ma congenita e sono già state avviate ulteriori ricerche per comprendere i meccanismi che inducono questo difetto organogenetico e per individuare metodi di prevenzione, diagnostica precoce e terapia.
L'endometriosi colpisce unicamente le donne, anche in età giovanissima e può rimanere non diagnosticata per anni. Causa dolori addominali, difficoltà nei rapporti intimi, stanchezza fisica cronica, incapacità di recarsi al lavoro nei giorni "critici": Questi sintomi vengono spesso sottovalutati perché sono molto simili a quelli del ciclo mestruale e spesso causano un ritardo nellindividuazione della malattia, che in Europa si attesta in media sui nove anni, con conseguenze anche gravi, tra cui l'infertilità. La scoperta rappresenta dunque una nuova, speranza per milioni di donne affette da questa malattia, che ha anche pesanti costi per il Servizio Sanitario Nazionale (circa 180 milioni di euro) e causa la perdita di 33 milioni di giornate lavorative perse per anno,
Con lui, Alfonso Baldi del Dipartimento di Biochimica, sezione di patologia della II Università di Napoli, Rossana Bussani del Dipartimento di Patologia dell'Università di Trieste, Maria Rosaria D'Armiento del Dipartimento di Scienze Biomorfologiche e Maria De Falco del Dipartimento di Biologia Evolutiva e Comparativa dell'Università Federico II di Napoli.