Posti di lavoro e imprese più competitive: lʼimpatto della “green economy” in Italia
Dalla “green economy” è arrivato un contributo importante sul fronte occupazionale, con la creazione di 249mila nuovi posti di lavoro nel 2016

Anche negli anni più difficili della crisi economica, le imprese italiane non hanno rinunciato ad investire nelle tecnologie “green”, per ridurre l'impatto ambientale, risparmiare energia e contenere le emissioni di CO2. Il tutto ovviamente a beneficio dell'ambiente, ma anche della competitività dell'impresa stessa.
Secondo GreenItaly 2016, il settimo rapporto condotto da Fondazione Symbola e Unioncamere, le imprese italiane dell'industria e dei servizi, che dal 2010 hanno investito (o lo faranno quest'anno) in tecnologie “green”, sono oltre 385mila. Ovvero il 26,5% del totale delle aziende presenti in Italia.
Gli investimenti (recenti e passati) hanno reso le imprese più competitive – il 35,1% delle imprese “green” ha aumentato il fatturato nel 2015 a fronte del 21,8% delle altre – e si sono tradotti anche in nuove assunzioni di figure professionali in possesso delle competenze necessarie: dalla “green economy” è arrivato così un contributo importante sul fronte occupazionale – complessivamente in Italia i professionisti “green” sono circa tre milioni, pari al 13,2% degli occupati totali – e che per di più è destinato a crescere ulteriormente entro dicembre: il rapporto stima che nel 2016 l'economia “green” genererà 249mila nuovi posti di lavoro, fra green job in senso stretto e figure ibride con competenze green.
Le professioni della “green economy” si dividono infatti in due categorie: le figure cosiddette ibride, che non sono direttamente finalizzate alla gestione dell'impatto ambientale di un'impresa-prodotto-servizio, e i “green jobs”.
Tra le prime vanno incluse figure come il direttore sicurezza e ambiente e l'energy manager; tra le seconde, invece, troviamo ad esempio il biologo ambientale, il geologo e il consulente energetico. Si tratta di professionisti altamente qualificati – l'80% possiede una laurea – e che, fatta eccezione per alcuni casi specifici, percepiscono stipendi in linea con il mercato nazionale delle retribuzioni per le professioni ibride e superiori alla media per quelle propriamente “green”. Ecco qualche esempio.
Secondo l'Osservatorio JobPricing, che ha provato a quantificarne la Retribuzione annua lorda, l'Energy Manager, inserito solitamente nell'impresa come quadro, viene retribuito con un salario inferiore alla media nazionale dei quadri: 43.843 contro 53.914 euro. Mentre i biologi ambientali, geologi e meteorologi percepiscono (rispettivamente) 7 mila, 6 mila e 5 mila euro in più rispetto alla media degli impiegati, pari a 31.122 euro annui.
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