Conclusa l’Opas di Monte dei Paschi su Mediobanca con adesioni sopra le attese: verso il delisting e la riorganizzazione degli assetti
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L'operazione lanciata da Monte dei Paschi di Siena su Mediobanca si è chiusa con un risultato storico: l'86,3% di adesioni, ben oltre le previsioni degli analisti. Dopo otto mesi dall'annuncio della scalata, la banca senese ha consolidato la propria posizione nella finanza italiana, aprendo la strada a una possibile fusione con la merchant bank fondata da Enrico Cuccia e al ridisegno degli equilibri su Generali. Con l'Opas conclusa, si profila uno scenario di cambiamenti significativi nella governance di Piazzetta Cuccia e nelle strategie di lungo periodo di alcuni dei principali azionisti, dal Tesoro a Delfin, fino a Caltagirone. Il risultato inatteso non solo ridisegna il panorama bancario nazionale, ma riapre anche la partita sugli assetti di uno dei più importanti gruppi assicurativi europei.
La chiusura definitiva dell'offerta pubblica di acquisto e scambio di Montepaschi ha fissato il traguardo all'86,3% delle adesioni, superando di gran lunga il 70,5% registrato a fine della prima fase. Il balzo finale è arrivato con la riapertura dei termini, quando anche i vertici di Mediobanca - tra cui il presidente Renato Pagliaro e l'amministratore delegato Alberto Nagel - hanno aderito all'offerta. Il rilancio a 90 centesimi aveva già favorito l'adesione di una parte consistente del capitale, ma il dato finale rappresenta un risultato superiore alle attese. Non essendo stata raggiunta la soglia del 90%, Mps non sarà obbligata all'Opa residuale, che avrebbe imposto l'acquisto forzoso dei titoli rimanenti e portato automaticamente al delisting. La banca senese mantiene comunque la facoltà di decidere se procedere con il ritiro di Mediobanca dalla Borsa, opzione che resta sul tavolo insieme a quella della fusione.
Il futuro di Piazzetta Cuccia dipende ora dalle mosse che Siena deciderà di intraprendere nelle prossime settimane. Il 3 ottobre scade il termine per la presentazione della lista dei candidati al nuovo consiglio di amministrazione di Mediobanca, dopo le dimissioni del board guidato da Alberto Nagel lo scorso 18 settembre. L'assemblea dei soci è fissata per il 28 ottobre e sarà il passaggio chiave per ridefinire la governance. Tra i nomi in discussione figurano il direttore generale Francesco Saverio Vinci e Gian Luca Sichel, attuale ad di Mediobanca Premier e Compass, ma secondo indiscrezioni i maggiori azionisti – Delfin e Caltagirone in primis – preferirebbero puntare su figure esterne al precedente management. La partita sulla leadership resta quindi aperta, con Mps impegnata a delineare un equilibrio che possa garantire continuità e innovazione.
Il successo dell'Opas ridisegna anche la partita attorno a Generali, di cui Mediobanca detiene il 13,2%. Con l'operazione, Monte dei Paschi diventa il primo azionista del Leone di Trieste, un asset strategico per l'Italia e sotto attenta osservazione da parte del governo. Nel frattempo, UniCredit ha ridotto ulteriormente la propria partecipazione nella compagnia assicurativa, scesa sotto il 2% dopo aver toccato il 6,7% lo scorso aprile. La decisione del gruppo guidato da Andrea Orcel si inserisce in una strategia di progressivo disimpegno. A completare il quadro, le dinamiche legate al buyback di Generali e i rapporti con Natixis nel settore del risparmio gestito, ancora in fase di definizione. Il controllo di Mediobanca diventa quindi cruciale per il futuro della compagnia triestina e per i rapporti di forza tra i principali gruppi finanziari italiani.
Il consiglio di amministrazione di Monte dei Paschi si riunirà nei prossimi giorni per definire la strategia post-Opas. Oltre alla nomina del nuovo board di Mediobanca, l'attenzione sarà rivolta al percorso di integrazione tra i due istituti, con l'obiettivo di valorizzarne le rispettive specializzazioni. L'ipotesi di mantenere i marchi distinti resta sul tavolo, così come quella di costruire un terzo polo bancario capace di affiancarsi ai grandi gruppi già consolidati. La sfida per Siena è ora quella di gestire un'operazione da 13,5 miliardi che rompe assetti consolidati da oltre vent'anni, segnati dall'asse Piazzetta Cuccia-Generali. In questo scenario, le mosse di Delfin e Caltagirone assumono un peso decisivo, mentre il Tesoro – ancora azionista rilevante del Monte – seguirà da vicino l'evoluzione per garantire la stabilità del sistema bancario.