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Microchip, la scarsa disponibilità sul mercato ritarda la produzione delle aziende

La pandemia da Covid-19, ma anche la guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina, ha reso più difficile reperire i componenti per gli apparecchi elettronici. A soffrirne di più sono il settore automobilistico e quello degli elettrodomestici. 

Ansa

Lo stop alla produzione per mancanza di microchip negli stabilimenti Audi e Volvo di Bruxelles e Gent, in Belgio, non è un caso isolato, ma l'ultima conseguenza della sempre più scarsa disponibilità sul mercato di componenti elettroniche. Dalla fine del 2020, le conseguenze economiche della pandemia da Covid-19, unita alla guerra commerciale tra Cina e Stati Uniti portata avanti dall'amministrazione Trump, hanno provocato difficoltà di approvigionamento, rallentando il lavoro delle aziende o costringedole a chiudere temporaneamente. 

Il più colpito è il settore automobilistico - L'allarme per il mondo delle automobili era scattato già nel dicembre del 2020, quando Volkswagen aveva annunciato un calo produttivo di 100mila veicoli in tutto il mondo, perché due dei suoi principali fornitori, Bosch e Continental, non riuscivano a trovare microchip per rifornire l'azienda tedesca. Di seguito, anche Nissan, Fiat Chrysler, Honda e Ford si erano comportate in maniera analoga, prevedendo ritardi o fermi temporanei delle catene di lavorazione. 

 

La causa della carenza è dovuta in parte alle previsioni di vendita fatte nel 2020, dove a fronte di un primo semestre in forte calo, le case automobilistiche si sono trovate impreparate quando la produzione è ripresa a un ritmo regolare. Dall'altro lato, il settore automotive utilizza solo il 10% della produzione globale di microchip e questo dà loro uno scarso potere negoziale.

 

 

Allarme fino al 2023 - Queste difficoltà potrebbero portare una perdita al settore di decine di miliardi di dollari (dati AlixPartners), con un ammanco di 36 milioni di veicoli previsti da qui alla fine del prossimo anno. Un problema che secondo Jim Whitehurst, presidente di Ibm, potrebbe protrarsi fino al 2023: "C'è un grande ritardo tra il momento in cui viene sviluppata una tecnologia e quando entra in fabbricazione", ha dichiarato a Bbc News.

 

Poche le aziende produttrici - I moderni microchip necesitano di tecnologie molto avanzate anche in fase di sviluppo, per questo le aziende che li producono non sono così numerose. Per i chip di ultima generazione, con componenti che vanno da 5 a 7 nanometri, esistono solo tre società in grado di fabbricarli: Intel negli Stati Uniti, Samsung in Corea del Sud e TMSC a Taiwan. Ci sono molte altre aziende che si occupano di tecnologie meno avanzate, ma la guerra commerciale condotta dall'ex Presidente degli Stati Uniti Donald Trump - che aveva imposto dazi e sanzioni per chi acquistava componenti cinesi e vietato l'export verso Pechino - aveva ridotto le possibilità di acquisto.

 

Anche Sony e Microsoft accusano il colpo  - Un altro settore messo a durissima prova dalla carenza di componenti elettroniche è stato quello dei videogame. Sony e Microsoft, leader del settore, hanno lanciato alla fine del 2020 le loro console di ultima generazione, rispettivamente PlayStation 5 e Xbox Series X/S, ma dopo mesi faticano ancora a soddisfare la domanda del mercato. Problema analogo per i produttori di schede grafiche AMD e Nvidia, che con il lockdown sono rapidamente sparite dal commercio perché utilizzate per generare criptovaluta. 

 

 

Elettrodomestici e smartphone - La crisi dei microchip non sembra risparmiare nessuno. Nel mese di marzo, lo stabilimento Whirpool che si trova in Cina ha dichiarato di essere riuscito a soddisfare solo il 90% della domanda. Un calo del 10% sulla produzione annua è stato annunciato anche dalla statunitense Foxconn, azienda leader nel mondo degli smartphone, che lavora per conto di aziende come Apple e Samsung. 

 

Dagli Usa pronti 37 miliardi di dollari - Il primo a correre ai ripari per cercare di arginare la situazione e invertire la tendenza è stato il Presidente Joe Biden. L'inquilino della Casa Bianca ha firmato un ordine esecutivo per un investimento di 37 miliardi di dollari nel settore dei microchip e una revisione nella catena di forniture. Anche l'Europa è preoccupata dalla situazione, e alcuni Stati membri hanno proposto investimenti nel settore per rendersi indipendenti nella produzione di componenti elettroniche ed evitare di restare coinvolti in un nuovo scontro politico commerciale tra superpotenze. 

 

Anche Intel e TMSC pronte ad investire - Anche i diretti interessati sembrano intenzionati a non volerr cedere terreno. Intel ha annunciato un investimento di 20 miliardi di dollari per la realizzazione di nuovi stabilimenti negli Stati Uniti e in Europa. TSMC, che al momento è leader nel settore, ha annunciato un investimento da 100 miliardi di dollari in tre anni per aumentare la sua capacità di assemblaggio.

 

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