il rapporto 2025

Caritas, i giovani lavoratori poveri superano il 30% | L'età media degli assistiti è 47, 8 anni

L’aumento maggiore delle richieste di aiuto si è registrato al nord con un’impennata del +77% delle richieste

16 Giu 2025 - 15:28
 © ansa

© ansa

È allarme povertà in Italia. Nel 2024 i nuclei familiari assistiti da Caritas Italiana sono circa 278.000, con un’impennata del +62% rispetto al 2014. Solo nell’ultimo anno si registra una crescita ulteriore del +3%.  L’aiuto offerto dalla rete Caritas raggiunge oggi circa il 12% delle famiglie in povertà assoluta, un dato che conferma la centralità del suo ruolo nel sistema di protezione sociale, spesso in sostituzione delle carenze istituzionali.

Oltre una persona assistita su quattro vive una condizione di disagio stabile e di lunga durata rendendo grave la situazione dei cosiddetti casi di cronicità. Parallelamente, diminuisce la quota dei “nuovi ascolti”, cioè coloro che si rivolgono per la prima volta ai servizi Caritas: segnale che la povertà tende a diventare una condizione permanente e non più temporanea o legata a crisi contingenti.

"La lettura di questi fenomeni non nasce da studi distanti dalla realtà, ma da migliaia di incontri con persone in difficoltà", ha spiegato il direttore di Caritas Italiana, don Marco Pagniello. "I dati ci chiedono di andare oltre una lettura superficiale. Non si tratta di numeri, ma di uomini e donne che appartengono alle nostre comunità".

"Tra le pieghe di una realtà segnata da contraddizioni, si fa spazio un appello alla comunità", ha affermato Pagniello. "Siamo tutti interpellati: non possiamo limitarci a gestire l’emergenza, ma dobbiamo favorire percorsi di cambiamento, abitare le soglie della marginalità, prenderci cura, costruire futuro. È la nostra responsabilità, ma anche la nostra speranza". A sostenere il messaggio anche il presidente di Caritas Italiana, mons. Carlo Roberto Maria Redaelli, arcivescovo di Gorizia, che ha evidenziato la necessità di una risposta più ampia e collettiva alla questione sociale.

A livello europeo, l’Italia è il settimo Paese per incidenza di persone a rischio di povertà o esclusione sociale. Solo Bulgaria, Romania, Grecia, Spagna, Lettonia e Lituania fanno peggio. Un dato che riflette l’assenza di una strategia nazionale di contrasto alla povertà strutturale, e che interroga il Paese sulle sue priorità.

I nuovi poveri L’età media degli assistiti è di 47,8 anni. In netto aumento gli anziani over 65, oggi pari al 14,3% (erano il 7,7% nel 2015), segno che la povertà colpisce sempre più anche chi ha terminato la vita lavorativa. Al tempo stesso, le famiglie con figli continuano a rappresentare una fascia particolarmente fragile: costituiscono il 63,4% dei beneficiari. L’aumento maggiore delle richieste di aiuto si è registrato al nord con un’impennata del +77% delle richieste.

Gravissima è la situazione legata all’occupazione: quasi la metà degli assistiti (47,9%) è disoccupata, ma anche chi lavora (23,5%) non riesce comunque a uscire dalla povertà. Nella fascia 35-54 anni, la percentuale dei “working poor” – lavoratori poveri – supera il 30%.

Dure le reazioni politiche  "Lavorare non basta più" Il rapporto Caritas ha riaperto il dibattito politico sulla povertà in Italia, evidenziando una realtà sempre più complessa e allarmante. Tito Magni, di Alleanza Verdi Sinistra, ha parlato di una vera emergenza salariale, denunciando il calo delle retribuzioni reali negli ultimi cinque anni e affermando: "Lavorare non protegge più dalla povertà. Basta paghe da fame". Anche Annamaria Furlan, di Italia Viva, ha richiamato l’attenzione sulla necessità di misure strutturali, capaci di garantire una vita dignitosa a chi lavora: "Chi lavora ha diritto a vivere con dignità, non a sopravvivere", ha dichiarato.

Dal Partito Democratico sono arrivate critiche al governo, accusato di non vedere la povertà che attraversa il Paese reale. Secondo Marco Furfaro, "il governo deve uscire dai palazzi e confrontarsi con chi vive ogni giorno l’emergenza sociale". In generale, da più parti è emersa l’urgenza di un cambio di rotta, con politiche sociali più eque e inclusive, in grado di affrontare in maniera sistemica la crescente disuguaglianza. Tra le proposte rilanciate, anche quella di riaprire subito la discussione sul salario minimo, definito da più voci una «misura di civiltà che esiste nella stragrande maggioranza dei paesi europei".

Casa e salute le maggiori difficoltà Tra le forme di disagio più diffuse vi è quella abitativa. Circa un assistito su tre (33%) vive problemi legati alla casa: il 22,7% in condizioni estreme (senza casa, ospite in dormitori o in sistemazioni precarie), mentre il 10,3% segnala difficoltà nel pagamento di affitto o utenze.

Anche il disagio sanitario è un fronte critico: il 15,7% delle persone supportate presenta patologie gravi senza risposta dal sistema pubblico, tanto da ricorrere a Caritas per l’accesso a farmaci, visite mediche o sussidi. Secondo l’organizzazione, nel 58,5% dei casi si sovrappongono almeno tre forme di povertà – abitativa, economica, sanitaria, educativa – che si rafforzano a vicenda e riducono drasticamente le possibilità di riscatto.

Ti potrebbe interessare

Commenti (0)

Disclaimer
Inizia la discussione
0/300 caratteri