Stretta sulle compagnie che possiedono, gestiscono o controllano una Cdn. Le società coinvolte temono che si riapra il dibattito sul "fair share", ma l'Authority smentisce
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L'Agcom (l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni) ha deliberato di estendere anche alle compagnie che possiedono, gestiscono o controllano una Cdn (Content delivery network) l'obbligo di autorizzazione generale, che in base al Codice delle comunicazioni elettroniche grava su tutte le Telco tradizionali. Lo riporta Il Sole 24 Ore. Interessate dalla delibera sono le Big Tech, tra cui Google, Meta e Amazon, che vedono in questa decisione l'anticamera del fair share, una sorta di tassa per il passaggio dei servizi Internet sulle loro reti.
Le Cdn sono un insieme di server localizzati in diverse aree geografiche, finalizzati a diminuire il ritardo nel caricamento dei contenuti delle pagine di un sito web. Sono le reti di distribuzione che alimentano lo streaming video e il cloud computing. E come scrive il quotidiano economico, secondo l'Authority guidata da Giacomo Lasorella, sono a tutti gli effetti un tipo specifico di rete, in quanto adatte a trasmettere segnali a mezzo di fibre ottiche. È da questa considerazione che deriva l'obbligo di conseguire un'autorizzazione generale. Non solo: l'Authority ritiene anche che ci siano i presupposti per affinché il ministero delle Imprese e del Made in Italy emani uno specifico regolamento su questo settore.
L'Agcom respinge seccamente la posizione di chi vede nella delibera l'anticamera del fair share, temuto dalle Big tech e anche dall'amministrazione americana guidata da Donald Trump. Il 28 luglio, nell'accordo commerciale siglato dagli Stati Uniti e Ue dopo l'incontro tra il tycoon e la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, si fa tra l'altro esplicito riferimento al fatto che Bruxelles non avrebbe adottato o mantenuto "network usage fees", contributi sull'uso delle reti digitali.
Le Big tech temono tuttavia gli effetti della delibera, ossia il fatto che l'Agcom possa intervenire con un arbitrato in caso di controversie per favorire una risoluzione sugli accordi commerciali di interconnessione Ip. L'Authority, citata da Il Sole 24 Ore, sottolinea però che la delibera non configura "un'analisi del mercato dell'interconnessione Ip, né tantomeno la riproposizione del dibattito sul cosiddetto fair share". E specifica: "Solo nell'ambito di eventuali controversie, l'Autorità potrebbe intervenire per dirimere criticità di carattere tecnico e/o economico, in un'ottica di regulation by litigation, favorendo in primo luogo il raggiungimento di un accordo tra le parti".