Deborah Buttignol, Managing Partner di LHH Executive Search
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Deborah Buttignol, Managing Partner di LHH Executive Search, racconta la sua storia a Tgcom24
di Carlotta Tenneriello© Ufficio stampa
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Deborah, iniziamo con l’importanza della formazione, accademica e personale: quanto ha inciso nel percorso che ti ha portata a ricoprire un ruolo di responsabilità in LHH Executive Search?
La formazione ha inciso enormemente nel mio percorso, anche se le scelte formative intraprese non erano orientate in modo diretto verso il ruolo che ricopro oggi. Ho studiato Lingue e Letterature Straniere a Trieste, ma quello che sicuramente ha maggiormente segnato il mio percorso accademico è stata l’esperienza Erasmus in Germania: quei sei mesi sono diventati sei anni. In quel periodo è avvenuto il mio vero ingresso nel mondo del lavoro. Lì ho iniziato come insegnante di italiano per stranieri, ma presto sono stata inserita in un percorso di accademy interna poiché, oltre a insegnare, riuscivo a vendere i corsi. È così che sono entrata nella vendita di servizi per le aziende. La svolta successiva è arrivata con la decisione di investire tempo, energia e denaro in un Executive MBA che ho intrapreso in BBS a 41 anni e che ha dato al mio profilo una visione molto più completa. A questo si aggiunge un principio che per me è imprescindibile: il continuous improvement. Non ho mai smesso di studiare – dalle certificazioni Six Sigma e Hogan al percorso per diventare coach – perché credo che la crescita personale passi dall’impegno quotidiano, anche tramite la lettura e l’aggiornamento, così che ogni giorno ci si arricchisca con una nuova conoscenza. E poi contano anche le sincronicità: come il giorno in cui, da giovane insegnante, incontrai in corridoio l’amministratore delegato senza saperlo. Mi fermai ad aiutarlo pensando fosse uno studente e da lì nacque l’opportunità che ha aperto la mia carriera. A volte serve trovarsi nel posto giusto al momento giusto, ma è cruciale anche metterci del proprio.
Com’è nato il tuo ingresso in LHH e qual è stato il passaggio chiave che ti ha permesso di crescere fino alla posizione che occupi oggi?
Il mio ingresso nel mondo dell’head hunting è nato in modo del tutto inatteso, quando trentenne e appena trasferita a Milano una conoscenza comune quasi per scherzo mi organizzò un colloquio con una delle più importanti società di ricerca e selezione. Fu una dura palestra di metodo e processi. Lasciai il settore dopo qualche anno per dedicarmi al ruolo di Sales Manager per una multinazionale nel settore medicale. Alla fine del 2014 il contesto non mi dava ulteriori stimoli e, per mantenere vivo il network, accettai un pranzo di lavoro con l’allora Direttore Generale di Badenoch & Clark, ora rebrandizzata LHH. Fu lui a chiedermi perché non considerassi di tornare nel mondo dell’head hunting, che avevo lasciato otto anni prima. Quel pranzo di networking si trasformò in un’offerta concreta: così sono rientrata nel settore e ha preso forma un nuovo capitolo professionale. Il passaggio chiave, che mi ha permesso di crescere fino alla posizione attuale in LHH Executive Search, è arrivato ad aprile 2023, quando ero ormai convinta a cambiare nuovamente direzione. Ma proprio in quel momento mi è stato proposto di assumere la guida del team. È stata ancora una volta una svolta inaspettata: invece di cercare altrove il cambiamento, ho avuto la possibilità di costruirlo dall’interno. A posteriori, è stata la decisione che ha orientato in modo decisivo la mia crescita.
Il tuo è un ruolo strategico nella ricerca e selezione di top manager: cosa significa, concretamente, nella tua quotidianità professionale?
Ricoprire un ruolo strategico nella ricerca e selezione di top manager innanzitutto significa affiancare e, per alcuni aspetti, indirizzare decisioni che possono cambiare il destino di un’azienda e ancor più quello di un manager. Accompagnare amministratori delegati e direttori generali nella scelta di un nuovo percorso professionale richiede credibilità, ascolto e una forte responsabilità etica. La mia quotidianità è fatta di incontri continui – con candidati e clienti con manager che possono essere sia candidati che clienti – attraverso i quali si costruisce un personal branding autentico, fondato sulla fiducia e riservatezza, non sulla visibilità. Molte opportunità di business (progetti) sono generati dal passaparola di persone che ho accompagnato in momenti chiave e che hanno riconosciuto la mia onestà intellettuale e la mia competenza, spesso vicina a quella di un career coach. Al tempo stesso, il mio ruolo ha un secondo cappello: quello di guidare il team executive. Da una parte, supportare i colleghi ed essere al loro servizio per facilitare il lavoro, comprendendo davvero le loro sfide, perché io stessa continuo a operare come head hunter. Dall’altra quello di contribuire al purpose comune, perché stiamo costruendo insieme qualcosa di nuovo in un contesto internazionale insieme ai colleghi degli altri 24 paesi in cui è stato lanciato il servizio di ES. Questo equilibrio, tra attività strategica e leadership operativa, rende il mio quotidiano intenso, ma estremamente ricco: si tratta di generare fiducia all’esterno e, in parallelo, costruirla ogni giorno all’interno del team.
Quali sono i fattori che rendono LHH un punto di riferimento nella consulenza HR e nell’executive search ad alto livello?
LHH è un punto di riferimento nell’Executive search perché, prima di tutto, è un people business fatto da persone. La competenza dei nostri partner nelle varie specializzazioni deriva da pregresse esperienze in ruoli manageriali in primarie aziende multinazionali e in consulenza strategica. Questa, unita all’etica che ci contraddistingue, si traduce nella capacità di mettere al centro sia l’azienda sia il candidato, senza scorciatoie e senza logiche da “pilota automatico”. La qualità per noi significa approfondire davvero la conoscenza del mercato, incontrare molteplici professionisti, evitare shortlist preconfezionate e costruire invece soluzioni su misura. Un altro elemento distintivo è la possibilità di seguire il manager lungo tutto il suo ciclo professionale: dalla scelta di un nuovo ruolo alla formazione, dal coaching all’assessment, fino al supporto nelle transizioni più delicate. È una value proposition completa, possibile perché facciamo parte di un gruppo che integra diverse anime della consulenza HR.
Con un ruolo che richiede visione, presenza e grande responsabilità riuscire a mantenere equilibrio tra vita professionale e personale non è facile…
Trovare un equilibrio tra un ruolo molto impegnativo e la vita privata non è semplice, soprattutto perché il mio lavoro non è solo strategico: è altamente operativo, richiede presenza costante e una grande quantità di relazioni quotidiane. Sono felicemente child-free e questo spesso sorprende, perché c’è ancora la tendenza ad associare il tema del life balance con riferimento al tema della maternità e a ciò che comporta la gestione dei figli. La verità è che anche senza figli serve comunque proteggere i propri spazi e imparare a dirsi e a dire agli altri: “questo tempo è per me, ed è solo mio”. Per me l’equilibrio nasce dal contatto con la natura. Quando posso, torno in Friuli, la mia terra, e mi rigenero con lunghe passeggiate nei boschi: lì ritrovo un ritmo più lento, dove il silenzio diventa una fonte di pace e serenità. Un altro spazio che mi aiuta a ricaricarmi è il nuoto: in acqua posso ascoltare il mio respiro e ritrovare concentrazione e armonia.
Un tuo suggerimento alle giovani donne che sognano di intraprendere una carriera nell’executive search o nella consulenza HR di alto profilo.
Alle giovani donne che sognano una carriera nell’executive search consiglio, prima di tutto, di capire se hanno una vera passione per le relazioni umane. È importante sviluppare consapevolezza delle proprie attitudini, cosa ci motiva davvero, qual è il purpose personale. Questo lavoro è totalizzante e lo si porta avanti solo se lo si ama, perché comporta grande energia, ascolto e una forte sensibilità nel capire persone, organizzazioni e situazioni. Trattandosi inoltre di un lavoro che ti espone a interlocutori autorevoli sono necessari costanti aggiornamenti sul mondo economico/aziendale per essere credibili in ogni contesto. Bisogna saper inoltre trasmettere affidabilità, passione ed entusiasmo per distinguersi risultare interessante ai clienti e candidati. Uno degli aspetti che rendono questa professione particolare è che la seniority ha un valore rilevante, dato che le competenze e il network (ingrediente fondamentale) maturano giorno dopo giorno. Non esiste un percorso di studi univoco: le strade possono essere molto diverse e proprio per questo la preparazione è fondamentale. In futuro prossimo, l’intelligenza artificiale cambierà profondamente il mondo dell’head hunting anche a livelli executive, automatizzando alcune fasi di ricerca e analisi. Proprio per questo il fattore umano sarà il vero elemento distintivo: la capacità di interpretare le sfumature, valutare il potenziale di leadership e instaurare relazioni di fiducia è ciò che nessuna tecnologia potrà sostituire. Chi saprà unire competenze digitali e sensibilità umana avrà un vantaggio competitivo straordinario.
Fuori dal lavoro, a cosa ami dedicare il tuo tempo? Un’attività, una passione o un rituale che ti aiuta a ricaricarti davvero?
Fuori dal lavoro cerco attività che mi riportino al silenzio e all’equilibrio, dopo giornate intense di incontri e conversazioni. Da circa un anno pratico vinyasa yoga con un’insegnante straordinaria: è diventato un rituale che mi aiuta a ritrovare energia e presenza. Inoltre, ogni mattina dedico quindici minuti alla respirazione e alla meditazione per definire l’intenzione del giorno – il sankalpa – e riposizionarmi nel mio centro, con lucidità e calma. Amo anche la musica e i concerti, in particolare quelli di Elisa, che seguo con grande passione. Infine, il potere delle amicizie: a volte basta un messaggio nella chat “La nostra isola” con le mie due amiche storiche, una a Monaco e una a Barcellona, per sentirmi di nuovo a casa.