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Befana: storia e leggende della vecchietta più simpatica dell'inverno

Ecco perché vola su una scopa, porta dolci o carbone e lascia i suoi doni in una calza

Befana: storia e leggende della vecchietta più simpatica dell’inverno - foto 1
Tgcom24

La Befana, lo sanno tutti, è vecchia, viene di notte, cavalcando una scopa volante e con le scarpe rotte ai piedi.

Nella sua gerla o in un sacco di iuta tutto rattoppato, porta dolci e caramelle ai bambini buoni, ma anche qualche pezzo di carbone a chi è stato monello: per assicurarsi la sua visita è necessario appendere una calza al camino o, in mancanza di questo, in un posto bene in vista. Inutile cercare di imbrogliarla con una calza gigante o addirittura con una calzamaglia: lei lascerà solo quello che ha già stabilito e a seconda del comportamento dei bambini di casa. È l’ultimo personaggio a presentarsi sulla scena delle feste natalizie e il suo arrivo, nella notte dell’Epifania, “tutte le feste si porta via”. È protagonista di molte storie e racconti, interessanti da conoscere.

LA STORIA DELLA BEFANA

  Innanzi tutto occorre dire che la Befana è proprio vecchia, anzi antica. La sua storia risale addirittura ad antichi riti pagani di epoca pre-romana, legati alla cultura contadina e legati al ciclo delle stagioni e al solstizio d’inverno. I Romani celebravano la Dodicesimo Notte dopo il solstizio d’Inverno come il momento in cui si rappresentava la morte e la rinascita della natura. In queste dodici notti si credeva che i campi coltivati fossero sorvolati da figure femminili capaci di propiziarne la fertilità. Da qui discenderebbe la caratteristica “volante” della Befana.  Secondo altre interpretazioni diffuse nell’Europa centrale e settentrionale, la Befana è l’evoluzione del personaggio celtico di Perchta, una figura conosciuta in tutta Europa con nomi diversi, tra cui Bertha in Gran Bretagna, Berchta in Austria e Svizzera, Holda o "Frau Holle" in Germania, Frigg in Scandinavia. Comunque la si voglia chiamare, si tratta in ogni caso di una personificazione al femminile dell'inverno, raffigurata per lo più come una vecchia con la gobba e con il naso adunco, capelli bianchi spettinati, vestita di stracci e scarpe rotte. 

PERCHÉ LA BEFANA SI CHIAMA COSÌ

 Il suo nome, Befana, deriva da Epifania, che in greco significa “manifestazione”, e non a caso arriva proprio in occasione di questa festa, nella notte tra il 5 il 6 gennaio. Nella tradizione cristiana, rifiutata inizialmente, ma poi accettata gradualmente già dalla fine del Medioevo, la vecchietta volante è legata alla figura dei Re Magi. La leggenda racconta che i Tre Re, sulla loro strada verso Betlemme, a un certo momento persero la strada: si fermarono quindi a chiede informazioni finché una vecchietta non indicò loro la giusta via. Gaspare, Melchiorre e Baldassarre la invitarono allora a unirsi a loro per andare a portare doni a Gesù Bambino: l’anziana rifiutò, ma poi si pentì della sua pigrizia. Riempì allora un sacco con tutti i dolciumi che riuscì a trovare e si mise sulle tracce dei Magi, per unirsi a loro verso Betlemme. Non riuscì però a raggiungerli: cominciò allora a bussare a ogni porta, regalando dolcetti a ogni bambino che incontrava, nella speranza che uno di loro fosse Gesù Bambino. Ecco perché, ancora oggi i suoi doni sono soprattutto dolce e caramelle. 


PERCHÉ LA BEFANA VOLA SU UNA SCOPA

 La scopa è un accessorio fondamentale di ogni Befana che si rispetti. Della sua origine di vecchietta “volante” abbiamo già parlato: la scopa è però un simbolo che lega la figura di questa vecchietta, dall’aspetto in effetti poco accattivante, a quello delle streghe, perseguitate in tutto il Medioevo e bruciate sui roghi. Il manico della scopa rappresenta probabilmente il palo a cui la presunta strega veniva legata sulla pira, mentre la saggina (che fa da coda alla scopa) rappresenta la catasta di legna che veniva poi incendiata.  La Befana, però non è affatto una strega e non associata con le streghe: per questo è sbagliato rappresentarla con il cappello a punta. La vecchietta dal naso adunco e le scarpe rotte, in effetti porta in testa un fazzoletto pesante colorato, o una sciarpa rattoppata, o uno scialle che le copre anche le spalle. 


IL CARBONE

  Il carbone, che viene lasciato come punizione per i bambini troppo birichini, è legato alla consuetudine di alzare falò propiziatori in occasione dell’Epifania, per bruciare simbolicamente l’inverno e propiziare un nuovo raccolto. In molte società contadine in quest’occasione si bruciava anche un fantoccio che raffigurava una vecchia, per liberarsi di tutto ciò che è vecchio e propiziare l’arrivo della nuova stagione. Il carbone sarebbe quindi un talismano dal significato positivo, anche se, in fondo alla calza, è indice di castigo. 


LA CALZA

 Al contrario di Babbo Natale, che vola su una slitta scintillante e lascia pacchetti perfettamente confezionati, la Befana non bada tanto al packaging, tanto che, per fermarsi, si accontenta di trovare una calza. La tradizione nasce dalla consuetudine, attribuita alla vecchietta, di trasportare i suoi dolci in un grande sacco di iuta, liso e sformato, o al massimo in una gerla di vimini. Anche i doni sono avvolti in sacchetti di tela, così consumati da assumere la forma di un calzettone tutto bitorzoluto. 


LA POESIA

 Nonostante tutto, la Befana è un personaggio amatissimo.  Non è bella da vedere e, come ogni anziana che si rispetti è piena di acciacchi e a volte può mostrarsi scorbutica e litigiosa. Ma con i bambini è tenera e affettuosa e loro la amano molto: anche gli adulti, che tornano in questo un po’ bambini, le hanno dedicato moltissime filastrocche e poesie: tra loro c’è anche Giovanni Pascoli, secondo il quale, come vuole la tradizione, “La Befana vien dai monti a notte fonda. Come è stanca! La circonda neve, gelo e tramontana". 
 

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