fino al 24 gennaio

La scultura per ridisegnare la realtà: Beverly Pepper in mostra a Bologna

Esposti al CUBO trentasei lavori dell'artista tra sculture, bozzetti, disegni, acquerelli, foto e sketchbook

17 Ott 2025 - 14:00
1 di 10
© Vincenzo Ruocco
© Vincenzo Ruocco
© Vincenzo Ruocco

© Vincenzo Ruocco

© Vincenzo Ruocco

"Lavoro fino a quando sento che lo spazio fuori dalla scultura esiste", ha detto Beverly Pepper. Le sue opere infatti sono in stretta connessione con l'ambiente che le circonda, ridefinendo lo spazio, e in sostanza, la realtà stessa. "Space Outside" è il titolo scelto per la mostra dedicata all'artista americana ospitata da CUBO nelle due sedi di Bologna fino al 24 gennaio, a sottolineare questo processo che parte da un bisogno interiore ma che, attraverso l'arte, diventa un’esperienza collettiva in cui riconoscersi e ritrovarsi. Quelli esposti sono trentasei lavori tra sculture, bozzetti, disegni, acquerelli e sketchbook, oltre a uno straordinario corredo iconografico costituito da foto e video, un corpus di opere che va dal 1965 al 2018 che indagano il rapporto tra ambiente, memoria e comunità. 

L'esposizione a Bologna

  Quella che CUBO ha dedicato a Beverly Pepper è una mostra d'archivio che rilegge l'opera dell'artista ripercorrendone le tappe. A cura di Ilaria Bignotti e Marco Tonelli e in collaborazione con la Fondazione Progetti Beverly Pepper di Todi, propone un viaggio attraverso forme, materiali e idee che continuano a dialogare con le sfide del presente, invitandoci a riscoprire il senso di appartenenza e la connessione tra esseri umani, natura e ambiente urbano. Il fulcro sono le due opere monumentali parte del patrimonio artistico del Gruppo Unipol: Prisms, che troneggia nella sede espositiva di Porta Europa, e Virgo Rectangle Twist, che inquadra il paesaggio dalle vetrate della Torre. Sono due opere fondamentali per Beverly Pepper, che inizia a ragionare sull’opera pubblica come principio e motore di inclusione, coinvolgimento, condivisione, luogo di esperienza. A queste sono associati disegni di progetti ambientali e disegni progettuali delle medesime sculture che però sembrano opere a sé stanti: ricchi di colori, emozioni, dettagli che raccontano il pensiero dell'artista. "A dimostrazione di quel continuo fluire di scala e di pensiero che la scultrice sapeva tradurre in opere plastiche e in grandi interventi" scrive la curatrice Ilaria Bignotti nel testo in catalogo.

Chi era Beverly Pepper

 Nata a Brooklyn nel 1922, Beverly Pepper ha lasciato gli Usa e dopo aver vissuto a Parigi e Roma ha deciso di trascorrere l'ultima parte della sua vita  a Todi, in Umbria. Dopo aver iniziato come grafica industriale e studiato pittura a Parigi, si avvicina alla scultura nel 1960, in seguito a un viaggio in Cambogia. Espone per la prima volta le nuove opere in legno nel 1961 alla Galleria Pogliani di Roma e l'anno successivo, partecipa al grande evento d’arte pubblica Sculture nella Città a cura di Giovanni Carandente, organizzato nell’ambito del Festival dei Due Mondi di Spoleto. Per l’occasione, lavora nelle acciaierie Italsider di Piombino per realizzare le sue opere. L’evento segna il suo ingresso nel panorama della scultura internazionale e rivela sin da subito la sua vocazione per l’arte pubblica. Dagli anni Settanta, infatti, muovendosi dal site-specific a vere e proprie installazioni monumentali in spazi esterni (naturali e urbani) considerate degli environments (ambienti), elabora il concetto cardine di Connective Art. Nella sua produzione Land Art rientrano, inoltre, anche parchi pubblici e vari altri progetti realizzati in tutto il mondo, dagli Stati Uniti, all’Europa, al Giappone. 

La poetica di Beverly Pepper

 Beverly Pepper, pioniera della scultura in ferro, della scultura pubblica monumentale site-specific e della Land Art, è stata una donna coraggiosa, che ha scelto di non conformarsi. Si è rimboccata le maniche ed è entrata in officina, tagliandosi i capelli e facendosi chiamare George, per imparare a dare forma con le proprie mani ai suoi pensieri. La sua è una visione emancipante dell'arte, che ha a che fare con gli aspetti relazionali, ambientali e comunitari. Non a caso per le sue opere si parla di Connective Art, ossia di arte come luogo di connessione e consapevolezza dello spazio e delle comunità, nell’intento di affrontare l’alienazione prospettata dall’avanzamento tecnologico. Fondamentale per lei è il concetto di querencia. Il termine spagnolo indica "il luogo nell’arena dove il toro va per sentirsi al sicuro dal matador" e dunque, in senso lato, quello spazio che dà sicurezza e rifugio, invitando alla riflessione e alla consapevolezza. In tempi segnati dall’incertezza e dall’alienazione, l’opera di Pepper resta così di sorprendente attualità: insegna che l’arte, quando è davvero pubblica, non è mai solo un oggetto, ma un’esperienza in cui riconoscersi e ritrovarsi. Un invito a cercare dentro e fuori di noi i nostri spazi più autentici.