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Gianni Tarabini, l’artigiano creativo da una stella Michelin

Tradizione istinto e totale fedeltà verso i suoi clienti: questi gli ingredienti della cucina dello Chef, classe 1967

ufficio stampa

Figlio di albergatori, si avvicina alla cucina fin da bambino, spinto dal padre Arnaldo e dalla nonna Carmela, matriarca della famiglia, che gli hanno trasmesso l’amore per il buon cibo.

Inizia la sua gavetta al Ristorante Golf Club di Monza, sotto la guida dello chef Erminio Curti, amico di Gualtiero Marchesi; successivamente, lavora per molto tempo al ristorante Maloja di Nuova Olonio (Sondrio) e poi al Castello di Casiglio a Erba. Ma è solo nel 2007 che la sua vita prende la svolta definitiva, diventando l’executive chef de La Fiorida a Mantello.

 

 

La sua cucina è fatta di materie prime freschissime e fornitori locali, spingendolo a ricercare il meglio di quello che la Valtellina ha da offrire. Dopo una piccola deviazione da Massimo Bottura all’Osteria Francescana, che completa il suo percorso formativo, è pronto per tornare a casa e ottenere la stella Michelin nel 2013.

 

 

Nel 2016 gli viene assegnato il premio Gusto e Salute della Guida Ristoranti d’Italia del Gambero Rosso e il premio Cucina d’Autore della Guida del Touring Club.

 

Nel 2017 riceve il premio Artigiani del Gusto Fontanafredda sul palco di Identità Golose Milano e nel 2018 ottiene la Stella Radiosa del Gatti Massobrio, il taccuino dei migliori ristoranti d’Italia.

 

 

Ecco l’intervista rilasciata al Tgcom24

 

Qual è la prima cosa che fai la mattina quando ti alzi?

Spalanco le finestre e guardo il paesaggio che mi circonda, la natura e le Alpi della Valtellina, luoghi da cui traggo gli ingredienti, le tradizioni, le sensazioni e le storie per ogni mia creazione. Uno sguardo che mi dà tutta l'energia necessaria per affrontare la giornata.

 

 Quando inizia la tua giornata tipo e quando finisce?

La fine della mia giornata non è mai prevedibile: o nelle cucine de La Fiorida, tra servizio ordinario e nuove ispirazioni, o in trasferta per un evento, mai prima di mezzanotte. Ma l'indomani c'è sempre la certezza di essere in piedi alle 8, pronto per ricominciare.

 

 Un ingrediente di cui non puoi fare a meno?

La creatività è sicuramente il mio ingrediente irrinunciabile: amo proporre storie ed emozioni sempre nuove, scritte attraverso le presentazioni ed i sapori dei piatti.

 

 Qual è il primo piatto che ti ricordi di aver cucinato?

La pasta al pomodoro. Un passaggio obbligato, tutti coloro che lavorano in una cucina devono saperla proporre, ma assicuro che non è così semplice servirne un piatto a regola d'arte, come invece potrebbe sembrare.

 

 E quale ha avuto più successo?

Sono due in realtà i piatti che hanno saputo cogliere il gusto e la sorpresa di chi li ha assaggiati. Sono due creazioni particolarmente carismatiche, dalle quali traspare il carattere della mia cucina, legata alla semplicità dei prodotti, delle storie e delle emozioni che ho vissuto nell'infanzia.

“Gnocco di patate di montagna con cuore di Bitto giovane, burro montato, misultin del lario e scorzette di limone”, attraverso il quale racconto le mie radici tra Val Gerola e Alto Lago di Como, e “Il Sogno e l’Emozione… L’uovo rubato nel pollaio, le patate di sacco, la fonduta di bitto dop e il tartufo del versante retico”, che dal palato rievoca, con un tocco più maturo, l'innocente gesto con cui da bambino, furtivamente, rubavo l'uovo appena deposto nel pollaio dalle galline della nonna, bevendolo ancora tiepido dal guscio, prima che potessi essere scoperto.

 

Descrivi la tua cucina in tre aggettivi.

Istintiva, minimale e naturale.

 

Se fossi un film, che film saresti?

Adoro i road movies, quindi Easy Rider.

 

Se fossi una canzone, che canzone saresti?

Non ho dubbi: Psycho Killer, la hit dei Talking Heads.

 

Qual è il giudice che temi di più?

Credo che il giudizio delle persone che appartengono alla cerchia degli affetti più stretti siano quelli che tengo in maggior considerazione e, quindi, posso temere più d’altri, perchè sono persone alle quali sono legato da reciproca stima. La sincerità dei loro giudizi è sicuramente un riferimento per me nel misurarmi, nel lavoro come nella vita.

 

Qual è il tuo ristorante preferito?

L'Osteria Francescana di Massimo Bottura.

 

Qual è un tuo difetto?

Essere istintivo. Devo molto a questo mio lato del carattere, ma a volte dovrei imparare a contare almeno fino a dieci prima di prendere una decisione.

 

 E un tuo pregio?

Voler cercare sempre una nuova sfida. Non mi piace vincere in scioltezza o, peggio, accontentarmi di quanto fatto e delle mete raggiunte.

 

Cosa avresti fatto se non avessi fatto il cuoco?

Sono nato in una famiglia di albergatori, quindi credo che non avrei potuto scegliere percorsi professionali che non fossero a contatto delle persone. Avrei forse potuto seguire le passioni: sarei potuto diventare uno sportivo, in sella ad una moto. Oggi, ad esempio, all’alba dei 50 anni ho scoperto il trial.
                                                                               

Ufficio stampa

 

RICETTA : Uovo di selva

Ingredienti per 4 persone :  12 Patate di montagna  -  400 g di panna  -  4 Uova di Selva  -  Sale q.b.  -  200 g di Bitto della Val Gerola  -  Scaglie tartufo q.b.

 

Procedimento

Bollire le patate per 40 minuti, sbucciarle e schiacciarle con una forchetta aggiustandole di sale.
Cuocere l'uovo in acqua a 65° per 25 minuti.

Bollire la panna e aggiungere il Bitto a pezzetti. Lasciare riposare per un paio di minuti e frullare.

 

Per la presentazione

Mettere le patate schiacciate in una ciotola creando un nido, adagiare l'uovo e sopra versare la fonduta di Bitto. Finire con una grattata di tartufo e, a piacere, dei crostini di pane croccante.

 

Di Indira Fassioni 

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