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La Sicilia approva la prima legge regionale contro il randagismo

Tra le soluzioni, lo stop all'esportazione massiva degli animali da una regione all'altra e la realizzazione di nuovi rifugi sanitari 

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Un passo avanti verso la fine del triste fenomeno dei cani randagi.

L' Assemblea Regionale siciliana ha approvato un disegno di legge strutturato in 31 articoli per la tutela degli animali a quattro zampe e la prevenzione del randagismo. Tra i vari punti del provvedimento, lo stop all'esportazione massiva nei canili da una regione all'altra, la realizzazione di nuovi rifugi sanitari pubblici in tutte le nove province della Regione (distinguendo tra strutture di rifugio e di ricovero), l'istituzione di un garante dei diritti degli animali.

 

Verrà dato un contributo di solidarietà per ciascuna iscrizione all'anagrafe canina e la possibilità per i comuni di trattenere gli introiti delle sanzioni ai padroni indisciplinati di animali domestici. Verrà istituito l'obbligo di registrazione in una banca dati contestuale alla microchippatura e predisposte misure di aiuti economici per i comuni per tutelare i diritti degli animali e la pubblica incolumità. 

 

Norme igieniche - La legge consentirà di contenere e monitorare il fenomeno dell'abbandono e del maltrattamento. Inoltre, sono presenti norme dal punto di vista dell'igiene, a tutela ambientale. I padroni infatti, saranno tenuti a portare con sé una bottiglietta d'acqua per pulire la pipì dei loro cuccioli, oltre a pulire gli escrementi con gli appositi strumenti dalla strada. I cani verranno sterilizzati e curati nei rifugi convenzionati, dotati di ambulatorio, e poi verranno trasferiti nel più breve tempo possibile nei ricoveri o nei parco-ricoveri, in attesa di essere adottati. La sterilizzazione sarà immediata per i cani vaganti non identificati. Sono anche previste delle campagne mediatiche diffuse per sensibilizzare l'opinione pubblica sull'argomento e stigmatizzare la gravità del fenomeno dell'abbandono degli animali. 

 

Ecco il cane più vecchio del mondo: si chiama Pebbles e ha 22 anni

Il cane più vecchio del mondo vive nella Carolina del Sud. Si chiama Pebbles, è una femmina di Toy Fox Terrier,  ha compiuto 22 anni e 60 giorni, ed è entrata nel Guinness World Records. La cagnetta ha strappato il titolo del cane più longevo a Toby Keith, un Chihuahua della Florida che il 16 marzo scorso era stato registrato nel Guinness per aver raggiunto i 21 anni e 66 giorni.

Da quando era cucciola Pebbles vive nella famiglia di Bobby e Julie Gregory, che erano orientati inizialmente ad adottare un cane di grossa taglia, ma quando hanno incontrato la cagnetta - hanno raccontato al Guinness dei primati - è stato "amore a prima vista". 

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Le reazioni - Il presidente dell'Ars, Gianfranco Micciché è soddisfatto: "Questa legge risolverà il problema dei cani abbandonati nell'isola. Era una norma a cui ho tenuto fin dal primo giorno di questa legislatura, tant'è che decisi d'istituire la Commissione speciale d'inchiesta sul fenomeno del randagismo in Sicilia". Il capogruppo del Partito Democratico, Giuseppe Lupo sottolinea che "il governo deve mantenere l'impegno e finanziare i comuni per poter applicare questi interventi, altrimenti resteranno solo sulla carta". Un passo "avanti di civiltà" è stato definito dal deputato regionale del Movimento 5 Stelle e vicepresidente della Commissione Randagismo, Salvo Siragusa: "Il randagismo parte dal vigliacco fenomeno dell’abbandono, quindi occorre lavorare sul fenomeno culturale, stigmatizzandolo e facendo campagne mediatiche diffuse, specialmente durante il periodo estivo. È necessario fermare l'attività di molti privati senza scrupoli che fanno business sulla pelle dei cani. Oggi il Parlamento siciliano ha dato prova di lungimiranza e modernità". 

 

L'allarme dell'Anci - "Il testo di legge in materia di randagismo interviene su una problematica che incide pesantemente sull'organizzazione dei servizi comunali e grava sulle già precarie condizioni finanziarie degli enti". Questo l'allarme del presidente e segretario generale dell'Anci Sicilia, rispettivamente Leoluca Orlando e Mario Emanuele Alvano. "Gli enti locali non hanno né risorse finanziarie, né competenze professionali per contrastare in maniera adeguata questo problema. Sarebbe un'occasione sprecata quella di un disegno di legge che, pur prevedendo alcune significative innovazioni, non affronti tali nodi cruciali", concludono. 

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