Lo fa sapere Confcooperative Fedagripesca: dal crostaceo si ricava una farina proteica utilizzata per alimenti destinati agli animali domestici
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Il granchio blu diventa pet food. Un modo per evitare che il crostaceo non sia solo un rifiuto da smaltire, visto che solo nel 2024 delle 1.894 tonnellate pescate in Veneto, appena il 38% è stato venduto per le tavole. Lo fa sapere Confcooperative Fedagripesca, nell'evidenziare la lotta senza quartiere al crostaceo, che in poco più di tre anni ha annientato la filiera delle vongole italiane da 200 milioni di euro, escluso l'indotto. Dopo la sperimentazione, il debutto sul mercato. A prova di gatto.
A che l'invasione di questa specie aliena possa trasformarsi in un ritorno economico certo ci ha pensato il consorzio 'Fil Blu', con le Università di Milano e Padova, il Consorzio delle cooperative dei pescatori del Polesine aderente a Confcooperative, la startup Feed from Food, l'azienda veneta di petfood Sanypet e una catena di negozi specializzati.
I ricercatori hanno messo a punto una macchina in grado di lavorare il crostaceo per ricavarne una farina proteica utilizzata per una 'special edition' di paté umido per gatti presso lo stabilimento di Bagnoli di Sopra, nel Padovano; i felini, infatti, a differenza dei cani, sono i più esigenti e saranno loro a decretarne il successo.
Il nuovo alimento, 1,75 euro a confezione, già testato, è pronto a sbarcare sul mercato. Il ricavato, al netto di costi e tasse, sarà devoluto al Consorzio Pescatori per l'acquisto del macchinario necessario a trasformare il granchio in farina, restituendo valore a chi il problema lo vive ogni giorno. "Abbiamo iniziato questa sperimentazione nel dicembre 2024 e ora speriamo che il mercato apprezzi questo prodotto, così da poter acquistare un macchinario più grosso ed entrare in produzione", spiega il presidente del Consorzio, Paolo Manicin.
Cibo per animali domestici ma non solo, perché lo stesso Consorzio del Polesine da settembre ha attivato un massiccio progetto di export verso Sri Lanka e Messico. Dopo quasi un anno, spiega ancora Manicin, "abbiamo dato nuova vita allo spazio, ormai inutilizzato, dove prima lavoravamo vongole e cozze sotto vuoto; basti pensare che a oggi peschiamo 10 tonnellate di granchi al giorno".
In Toscana, invece, i pescatori di Orbetello si confrontano con la Francia per trovare strategie comuni anti-granchio. Al vaglio la possibilità di un fermo biologico di quattro mesi, a condizione che faccia parte di una strategia strutturata, con zone di ripopolamento marino interdette alla pesca e gestite a rotazione. Da giugno, spiega la cooperativa pescatori di Orbetello, la presenza del granchio è aumentata in modo esponenziale: per ogni pesce catturato finiscono nelle reti anche 30 o 40 granchi capaci di arrivare fino a 25-30 metri di profondità; molti esemplari, inoltre, sono pieni di uova, segno di una riproduzione massiccia e incontrollata che rende la situazione ancora più grave.