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Twitter vieta tutti gli spot politici e Wall Street non apprezza

La svolta del social network "non ha nulla a che fare con la libertà di espressione", come ha dichiarato lʼad Jack Dorsey

Twitter vieta tutti gli spot politici e Wall Street non apprezza - foto 1

"Abbiamo preso la decisione di bloccare tutte le inserzioni pubblicitarie politiche a livello globale", ha annunciato Twitter e subito il titolo perde il 2,28% a Wall Street nelle contrattazioni after hours.

"Questo non ha nulla a che fare con la libertà di espressione", ha affermato l'a.d. del social network Jack Dorsey.

La svolta in casa Twitter arriva ad un anno dalle elezioni presidenziali americane del 3 novembre 2020 

 

"La pubblicità su Internet è molto potente ed efficace, ma comporta significativi rischi politici laddove può essere usata per influenzare voti", afferma Jack Dorsey, 

 

"Questo non ha nulla a che fare con la libertà di espressione. Ha a che fare con il pagare" per raggiungere il pubblico più ampio possibile e "questo ha significative ramificazioni che l'architettura democratica di oggi potrebbe non essere in grado di gestire", aggiunge.

 

Wall Street non prende bene la decisione di vietare tutte le inserzioni pubblicitarie politiche sul social network dei cinguettii e i titoli Twitter arrivano a perdere nelle contrattazioni after hours il 2,28%.
 

Del resto quanto accaduto con le presidenziali Usa del 2016, ma anche nel corso delle campagne elettorali in tanti Paesi europei e del mondo occidentale, hanno da tempo posto il problema del ruolo dei social network nei processi elettorali in primissimo piano, con Facebook e Twitter finiti spesso sul banco degli imputati.

 

Ora Dorsey, alle prese con un difficile rilancio di Twitter, vuole voltare definitivamente pagina, a differenza di Zuckerberg che ancora pochi giorni fa è stato duramente contestato in Congresso.

 

Dopo Usa 2016 l'amministratore delegato di Twitter aveva già varato una stretta, iniziando a chiedere agli inserzionisti di verificare la loro identità e pubblicando una banca dati degli spot politici ed elettorali presenti sulla propria piattaforma. E di recente vietando le pubblicità sponsorizzate da organismi sostenuti da governi, una risposta in particolare alle fake news circolate sulle proteste a Hong Kong e favorite da media sostenuti da Pechino.

 

E' inevitabile che adesso la decisione di Twitter metterà ancora più pressione su tutti gli altri social media. Anche se Zuckerberg ha continuato a difendere la sua linea: Facebook è nato per dare voce a tutti e si schiera dalla parte della libera espressione. Dunque la soluzione non è vietare ma regolare e vigilare. E nel quartier generale di Menlo Park opera oramai in pianta stabile una sorta di 'war room' dove una task force di esperti prova a controllare tutti i contenuti che passano sulla piattaforma di Facebook, soprattutto a ridosso di importanti elezioni.

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