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Cos'è il Pepp, il piano d'emergenza della Bce per contrastare la crisi scatenata dal Covid?

Nato nel marzo 2020 per sostenere l’economia dell’Eurozona, il programma d’acquisto di titoli pubblici e privati ha raggiunto una dotazione complessiva di 1.800 miliardi d’euro. Ecco come funziona e cosa comporta per l’Italia

Il Pepp (Pandemic Emergency Purchase Programme) è un nuovo programma di acquisto di titoli, messo in campo dalla Bce, per sostenere l’economia dell’Eurozona vessata dal Coronavirus. Il piano si va ad affiancare al Programma di acquisto di attività (App, comunemente detto Quantitative Easing), lo strumento che permette alla Banca Centrale Europea di comprare titoli pubblici e privati per tenere sotto controllo lo spread.

La storia – Pur essendo un piano nato appositamente per fronteggiare la crisi economica causata dalla pandemia, per capire il Pepp bisogna fare un passo indietro. Il Programma d’acquisto per l’emergenza pandemica viene definito uno strumento non convenzionale. Prima della crisi economica del 2008 la Bce interveniva nell’economia utilizzando gli strumenti convenzionali. Durante la Grande recessione la Banca Centrale, guidata da Mario Draghi, ha dovuto sviluppare dei nuovi strumenti, detti appunto non convenzionali, per stabilizzare l’Euro. È nato così il Quantitative Easing, che permette al primo istituto bancario europeo di acquistare titoli (detti anche bond) già presenti sul mercato per sostenere la domanda - e quindi i prezzi - e tenere sotto controllo i tassi d’interesse. Il Pepp è uno strumento molto simile a questo.

 

Differenze – Il Pepp, rispetto agli altri programmi d’acquisto, è più flessibile. Oltre a dare la possibilità alla Bce di acquistare obbligazioni con scadenza minima a 70 giorni (prima era un anno), può non rispettare il vincolo del “capital key”: la Bce può comprare titoli di uno Stato proporzionalmente al contributo del suddetto stato al capitale della Banca Centrale. Ora questo vincolo è in parte derogabile. A beneficiarne particolarmente è proprio l’Italia. L’Osservatorio Cpi ha tracciato lo scarto tra acquisti del Pepp a fine maggio 2020 e la quota spettante in base al capital key. L’Italia avrebbe avuto diritto al 17% degli acquisti di titoli pubblici nei primi due mesi del programma, ovvero 29 miliardi. A fine maggio, invece, gli acquisti da parte della Bce erano stati di 37 miliardi. In termini di scarto percentuale soltanto Cipro (+29%) è ai livelli dell’Italia (+27%).

 

 

La dotazione - Il 18 marzo 2020, nel corso di una riunione straordinaria, viene annunciato il programma di acquisti, sia di titoli pubblici che privati, per un valore iniziale di 750 miliardi di euro. Una dotazione che è poi cresciuta fino a raggiungere i 1.800 miliardi di euro. Il Pepp cesserà di esistere quando la crisi pandemica sarà terminata, comunque non prima del marzo 2022.

 

Perché è così importante? – L’emergenza sanitaria ed economica scatenata dal Coronavirus aveva messo in dubbio la stabilità di alcuni Paesi europei, soprattutto quelli più deboli, come Italia, Spagna e Grecia. Quando sui mercati scarseggia la fiducia, lo spread si alza, e l’intervento della Bce con il programma di acquisto si è reso necessario proprio per bloccare il crollo dei titoli di debito pubblico.

 

 

Cosa ci guadagna l’Italia? – La Bce, attraverso il Pepp, si affianca in modo massiccio all’ente privato e compra i titoli di Stato italiani, contribuendo in modo determinante a mantenere sotto controllo lo spread con i titoli di stato tedeschi. Inoltre l’Istituto guidato da Lagarde impiega gli interessi maturati per reinvestirli su ulteriori obbligazioni emesse dall’Italia.

 

I beneficiari – L’Italia è il secondo Stato che più ha usufruito degli acquisti legati al Pepp, ricevendo 118.169 milioni d’euro. Sul primo gradino del podio la Germania con 160.619 milioni, terza la Spagna con 77.128 milioni (dati Bce del novembre 2020).

 

Articolo a cura di Benny Mirko Procopio

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