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Venezia 80, Saverio Costanzo "riscrive" il caso Montesi

 Il regista ha presentato alla Mostra del Cinema il secondo dei sei film italiani in concorso "Finalmente l'alba"

Venezia 80, Saverio Costanzo e i protagonisti di "Finalmente l'alba" sul red carpet

A Venezia 80, Saverio Costanzo "riscrive" il caso Montesi.

Il regista presenta "Finalmente l'alba", secondo film in concorso alla Mostra del cinema. Un film kolossal da 28 milioni di euro, un budget inusuale per un'opera italiana e un cast internazionale con Lily James e Willem Dafoe (assenti per lo sciopero), la giovane protagonista Rebecca Antonaci, Alba Rohrwacher nei panni di Alida Valli, e poi ancora Sofia Panizzi, Joe Keery, Rachel Sennott e un cameo en travesti di Michele Bravi.

 

 

"Sono una persona del Novecento - racconta Saverio Costanzo - per me il cinema è ancora centrale, niente ha più fuoco, spinta propulsiva come le immagini in una sala buia, guardare i film è un'esperienza formativa, un insegnamento che ci cambia, ci porta lontano. Non so se per un giovane è così, per i miei figli lo è, ma secondo me affascinante come il cinema non c'è altro, una passione focosa".

 

Il caso Montesi

 In genere le opere di Costanzo - da "Hungry Hearts" a "Private" fino alla serie "L'amica geniale" - hanno una estrazione letteraria, "Finalmente l'alba" invece no: "Sono partito dal caso Montesi, da quella foto di quel corpo a faccia in giù abusato, così simile a tante tragedie degli stupri e dei femminicidi di oggi, perché diciamolo in Italia per una donna la vita non è facile per niente proprio, culturalmente. E mi sono immaginato che un'aspirante attrice come era stata Wilma avesse quello stesso sogno e da lì è partito tutto il racconto, che incrocia quella storia di cronaca, quel caso mediatico, per seguire in parallelo Mimosa, il simbolo di ingenuità, di purezza, di semplicità che in un giorno e una notte cambia ma senza perdersi e alla fine esce come una leonessa".

 

Ispirato a Giulietta Masina

 Una Mimosa costruita pensando a Giulietta Masina, "con la sua femminilità non scontata, buffa, non convenzione, una ventata di aria fresca rispetto all'immagine stereotipata delle donne e in Rebecca Antonaci ho visto una sua nipote. Lavorare su un personaggio femminile è interessante, mi fa crescere come uomo, un esercizio, quello di assecondare il femminile, che farebbe bene a tutti".

 

Le dive degli Anni 50

 "Finalmente l'alba", con Cinecittà con la sua storia gloriosa protagonista è un film con il mestiere dell'attore al centro, "un mestiere difficilissimo, serve un grande coraggio, sono quelli che rischiano di più, sono i nostri eroi", spiega il regista. "Penso alle dive di quell'epoca alle star degli anni '50, deve essere stato un inferno corrispondere in ogni momento all'immagine artificiale costruita su di loro, essere fatali, seducenti e nel film lo racconto, solo con una pura come Mimosa che non li giudica, che è una pagina bianca, riescono ad essere se stessi. Il marcio del caso Montesi? Non è il cinema, non penso sia un mondo infernale, piuttosto lo sono gli squali da salotto, i predatori che sfruttano ed usano, soprattutto le donne".

 

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