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Renzo Arbore: "Il jazz mi ha regalato il gusto dell'improvvisazione"

A Foggia è partita lʼedizione spring del Medimex. Il 12 aprile lʼartista sarà protagonista di un concerto evento con alcuni dei migliori jazzisti italiani. Tgcom24 ne ha parlato con lui

Renzo Arbore:
ufficio-stampa

E' partita a Foggia l'edizione spring del Medimex che vedrà fino a domenica 14 aprile arrivare nella città pugliese un gran numero di big della musica.

Tra gli appuntamenti più attesi del festival c'è, stasera 12 aprile, il concerto di Renzo Arbore che sarà protagonista di una "jazz night" insieme ad alcuni dei più grandi jazzisti italiani. "Il jazz mi ha lasciato una grande cosa - racconta a Tgcom24 -, il piacere dell'improvvisazione".

Dopo l'anteprima data dall'inaugurazione della mostra "Pattie Boyd and the Beatles", è partita quindi ufficialmente l'edizione spring del Medimex. Nella prima giornata sono stati gli incontri d'autore con gli Ex-Otago e lo stesso Arbore, e una emozionante "Lezione di Rock" di Ernesto Assante e Gino Castaldo sui Beatles con ospite speciale Klaus Voormann (musicista che con i Beatles ebbe una lunga frequentazione oltre ad aver realizzato la copertina di "Revolver").

Con venerdì 12 iniziano anche gli appuntamenti live. Arbore sarà protagonista in piazza Cavour dell'evento "Renzo Arbore & Friends", con un super cast composto da Enrico Rava, The Italian Trio (Dado Moroni – Rosario Bonaccorso – Roberto Gatto), Stefano Di Battista, Enrico Zanisi, Nicky Nicolai e Noemi. "E' un evento che rende giustizia all'anima jazzista della Puglia - spiega Arbore -. Un'anima che si è formata per tanti motivi, a partire dal fatto che siamo state una delle prime regioni liberate durante la seconda guerra mondiale. Quando sono arrivati gli americani Radio Bari ha avuto delle visite di jazzisti straordinari. E poi tutti i bandisti sono diventati improvvisamente jazzisti. Abbiamo una buona tradizione con solisti eccellenti, cito per tutti Gianluca Petrella, un trombonista straordinario nato a Bari, il migliore del mondo".

Qual è il significato di questa serata?
Celebriamo questa tradizione con una rappresentanza molto importante del jazz italiano, che oggi è probabilmente il secondo del mondo, e il condizionale è solo per scaramanzia. Dopo quello americano ci siamo noi. Ma quello americano ragiona molto sulla scia dei grandi successi del passato mentre il nostro è molto vivo e viene esportato ovunque nel mondo con grandi nomi. E alcuni di questi saranno a Foggia.

Renzo Arbore:
ipa

Cosa significa per lei suonare nella sua città?
C'è un sapore particolare perché all'anima jazz di Foggia sono profondamente legato. Per una questione di anziantà ho conosciuto, ho sentito suonare gli americani perché il circolo ufficiali era di fronte a casa mia e mi addormentavo con la loro musica. Poi insieme ad altri amici, uno dei quali era il papà di Gegè Telesforo, ho fondato il jazz college a Foggia. Pur con tutte le difficoltà dell'epoca abbiamo avuto una discreta attività. Anche dopo che mi sono trasferito a Roma la tradizione jazzistica di Foggia è stata portata avanti da altri elementi. Uno si chiamava Toni De Mita che per anni ha fatto venire grandi musicisti. E tra i talenti foggiani bisogna citare Gegè, come fa lo scat lui non lo fa nessuno...

Oltre ai grandi jazzisti in piazza Cavour, il 12 aprile, ci sarà con voi anche Noemi.
Il jazz in genere ospita anche quelli che fanno una musica di qualità, anche pop ma contigua al mondo jazz. Noemi è tra queste. Farà un pezzo di Marvin Gaye e alcune sue canzoni di grande nobiltà.

Avete già deciso che repertorio suonare?
Abbiamo fatto una scaletta di massima. Mi vogliono far cantare perché hanno scoperto che con le canzoni napoletane faccio il crooner. In realtà ho fatto dei dischi da crooner e proprio i miei amici musicisti mi hanno incoraggiato. Io, per la verità, mi vergogno un po'. Canterò un po' di standard americani e con Nicky Nicolai, bravissima vocalist, abbiamo preparato sommariamente delle cose, poi altre le vedremo lì. Io credo che il pubblico si interesserà molto. La mia funzione poi è sempre quella di fare da propaganda al jazz più difficile. 

E' un genere ancora in grado di attirare i giovani?
Il pubblico giovane è interessato a questa musica perché il genere è più vivo che mai. Direi che c'è proprio un revival del jazz in Italia. Per esempio soprattutto per quello che riguarda lo swing. Attraverso il ballo e l'abbigliamento molti ragazzi in tutta Italia, da Matera a Milano, hanno riscoperto lo swing. Io ho fatto nel 2015 un programma che si chiamava "Quelli dello swing". Ma non è solo quello. C'è la bontà dei musicisti italiani. E poi c'è stata la riscoperta del fatto che il jazz è stato un po' inventato dagli italiani che erano partiti dalla Sicilia, come Nick La Rocca, che con altri italiani ha fatto il primo disco nella storia del jazz. 
Ce l'abbiamo evidentemente nel dna, non c'erano solo siciliani, qualcuno anche del nord. In alcuni casi gli americani sono molto invidiosi della bravura dei nostri e hanno scoperto che c'è anche una via alla melodia italiana nel jazz.

Cosa le ha insegnato il jazz?
Devo al jazz una grande cosa: l'ispirazione per la mia attività, prima alla radio e poi in televisione. Io dicevo a Boncompagni che così come si può suonare senza lo spartito perché si improvvisa su un tema e poi ognuno va a istinto, così si può fare con le parole. Con un po' di presunzione, nel 1970, quando abbiamo comiciato con "Alto gradimento" abbiamo un po' battezzato, con Marenco e Bracardi, l'improvvisazione. E me la sono portata dietro, da "l'Altra domenica" a "Quelli della notte" e avanti. Ancora oggi, si parte con un piccolo canovaccio e si va. Non faccio prove e soprattutto non scriviamo nulla perché sono convinto che quando improvvisi sei più efficace di quando rileggi o ripeti una cosa già preparata tempo prima.

C'è un problema: non è una cosa per tutti. Bisogna avere il talento per sapere improvvisare...
Questo è vero. Tanto che io non trovo improvvisatori per fare altri programmi, come mi piacerebbe tanto. E' una genia un po' scomparsa quella dei Benigni, Troisi, Marenco. Adesso ci sono ottimi professionisti, scrivono e fanno delle cose. Bravi. Ma quelli con i quali puoi fare il gioco del jazz sono rari a trovarsi...