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Novant'anni fa nasceva Steve McQueen, una vita a "tutta velocità" e una grande passione per le corse

Nato a Beech Grove, nellʼIndiana, Stati Uniti, il 24 marzo 1930 è morto a 50 anni il 7 novembre 1980

steve mcqueen
ufficio-stampa

Una vita vissuta al massimo la sua, come cantava Vasco Rossi a Sanremo nel 1983, parlando proprio di lui, Steve McQueen. Carismatico, affascinante, spericolato e con una grande passione, quella per le corse. Nato a Beech Grove, nell'Indiana, Stati Uniti, il 24 marzo 1930, l'attore di tante pellicole cult, tra cui "La grande fuga", avrebbe compiuto oggi 90 anni. Morì invece a causa di un tumore il 7 novembre 1980 a soli 50 anni. 

"King of cool" era il soprannome del carismatico e fascinoso attore americano, che era riuscito in poco tempo a diventare un vero e proprio "influencer" capace di fare tendenza in qualsiasi settore lo riguardasse, dai film, veri e propri cult, al look fino alle auto e alle moto che possedeva.

 

E proprio per la sua passione per le corse, motociclistiche e automobilistiche che fossero, oltre che per il suo talento recitativo Steve McQueen è spesso ricordato e citato da tutti ancora oggi. Non c'e' nessuna star del cinema o della musica che abbia legato tanto la sua immagine ai motori e alla velocità. Immagine che il più delle volte lo vede a cavallo di motori, a 4 o a due ruote: dalla moto Triumph T6 ne "La grande fuga", alla Ford Mustang Gt di "Bullit", fino alla Porsche 917 di "Le 24 ore di Le Mans". 

 

Steve McQueen, le immagini più belle di una vita spericolata

 

La sua passione per la velocità lo portò a cimentarsi davvero come pilota professionista in molte gare di auto e moto. Nel 1970 partecipò alle 12 ore di Sebring con Peter Revson con una Porsche 908 (auto che guidò con un piede fasciato per un precedente incidente motociclistico) e durante gli anni Sessanta e Settanta a bordo di una Triumph Bonneville e di una Triumph 500cc. 

 

Sul set di "Le 24 ore di Le Mans" rivelò però oltre che il talento di pilota anche il suo brutto carattere. McQueen litigò infatti con tutti, cacciò addirittura il regista del film che lo aveva fortemente voluto (John Sturges) rimpiazzandolo con Lee H. Katzin. Non solo, in quello stesso periodo, fu abbandonato dalla moglie Neile e non riuscì neppure a guidare quella Porsche 908 con cui si era iscritto alla corsa di resistenza francese perché bloccato dall'assicurazione.  Aggressivo e lunatico una volta si indignò perché James Dean si era rifiutato di ricambiare di pettinargli i capelli, chiamandolo "mangia spaghetti".

 

Sangue misto - l'attore vantava origini inglesi, scozzesi, gallesi, irlandesi, olandesi e tedesche - e figlio di uno stuntman che abbandono' sua madre e lui, McQueen a quattordici anni era già membro di una gang di strada, tanto che la madre pensò bene di mandarlo in una scuola di correzione, la California Junior Boys Republic a Chino Hills.

Uscito dall'istituto, McQueen entrò nel corpo dei Marines, dal 1947 al 1950, e solo nel 1952 iniziò a frequentare l'Actor's Studio di Lee Strasberg a New York.

 

Esordì, prendendo idealmente il testimone di un attore maledetto come James Dean - l'anno dopo la sua morte in un incidente d'auto sulla mitica Porsche 559 spider- , in un piccolo ruolo nel film "Lassù qualcuno mi ama" nel 1956 di Robert Wise. Arriva poi il ruolo di Vin nel mitico western "I magnifici sette" (1960) di John Sturges e, nel 1963, il kolossal "La grande fuga" (1963), sempre di Sturges. Nel 1968 è diretto da Peter Yates nel poliziesco "Bullit" (1968) e, quattro anni dopo, inizia il sodalizio con Sam Peckinpah prima con "L'ultimo buscadero" (1972), e poi nel poliziesco "Getaway!". Da segnalare poi nel 1973 "Papillon" diretto da Franklin J. Schaffner, dove e' Henri Charrière galeotto realmente esistito e autore dell'omonimo romanzo da cui e' tratto il film. È poi tra i protagonisti del kolossal catastrofico all stars "L'inferno di cristallo"di John Guillermin accanto a Paul Newman e William Holden.

 

Tra i suoi ultimi film, entrambi del 1980: "Tom Horn" diretto da William Wiard e "Il cacciatore di taglie" di Buzz Kulik, girato nelle ultime fasi della sua malattia senza l'uso della controfigura in pieno stile McQueen.

 

Due frasi sintetizzano bene la sua 'vita spericolata' come la definì Vasco Rossi in una canzone che è rimasta un cult: "Gli uomini volevano essere come lui e le donne volevano stare con lui" disse l'attrice Ali McGraw che per Steve lasciò il marito iniziando una relazione che fece parlare tutta Hollywood. E ancora: "Quando uno corre vive e tutto quello che fa prima o dopo è solo attesa" così Michael Delaney, il pilota interpretato da Steve McQueen in "Le 24 ore di Le Mans", per spiegare il perché del suo mestiere pieno di rischi.

 

Steve McQueen morì per un tumore alla pleura, il 7 novembre 1980 a soli 50 anni, tumore che, ironia della sorte, fu dovuto  proprio all’esposizione all’amianto di cui erano fatte le tute ignifughe dei piloti del tempo. Il mesotelioma aveva corroso il lato destro del suo corpo, la muscolatura un tempo nervosa e tonica.

 

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