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L'ultima lezione del prof. Gigi Proietti: "Il teatro andrebbe curato di più dalle istituzioni"

Nel 2019 lʼUniversità di Roma Tor Vergata gli conferì il titolo di Professore Emerito Honoris Causa

Dopo la prima ondata della pandemia, a luglio scorso, aveva voluto riaprire subito il suo Silvano Toti Globe Theatre, il palcoscenico shakespeariano nel cuore di Villa Borghese, che guidava da 17 anni. "E' un gesto di coraggio. C'è voluta la mia 'tigna', come si dice a Roma", aveva detto. E adesso che i teatri hanno nuovamente dovuto arrendersi di fronte ad un nemico più grande di tutto e di tutti, Gigi Proietti se ne è andato. Nemmeno la sua "tigna" è bastata. Sempre in prima linea nella difesa dell'arte suprema dello spettacolo, nel 2019 l'Università degli Studi di Roma Tor Vergata gli aveva conferito il titolo di Professore Emerito Honoris Causa: "Il teatro andrebbe curato di più dalle istituzioni", aveva detto.

E' stata l'ultima lezione del prof. di Teatro Gigi Proietti, che riaprendo con caparbietà il suo Silvano Toti Globe Theatre aveva "rischiato" presentando una stagione "non di monologhi, ma di spettacoli 'veri'", dicendo: "Speriamo non sia una mandrakata, perché Mandrake era convinto di aver fatto una furbata, ma poi non gli andava mica bene".

 

 

Gigi Proietti, Professore Emerito Honoris Causa: "Col teatro nel cuore"

 

Difendere il palcoscenico pur nella sua fragilità, questo il suo impegno di sempre: "Dovremmo prendere la palla al balzo e chiederci se il Teatro è qualcosa da continuare a fare. Da tempo auspico gli Stati Generali. Bisogna ripensare bene a cosa costano uno spettacolo e una tournée, rivedere i rapporti tra privato e istituzioni. Qui c'è qualche privato che dal ministero prende più soldi del pubblico. Ma io queste cose le dicevo anche prima del Covid".

 

Un impegno che lo ha visto sempre in prima linea: "La comicità è un grande mistero. Si sa solo che fa ride'", aveva raccontato durante la sua "lectio" one man show da "Distinguished Professor", all'Università degli Studi di Roma Tor Vergata:  "Non ho avuto maestri, non ho fatto l'accademia e non ho finito giurisprudenza, perché cantavo nei night club. Non avevo idea di cosa fosse il teatro, poi ho fatto la prova pratica al Centro Universitario Teatrale della Sapienza e mi hanno detto che recitavo come Albertazzi. E chi è mi sono detto", così aveva raccontato Proietti. "Ho conosciuto Giancarlo Cobelli e da lui ho appreso la disciplina: se riaprissi una scuola di teatro la pretenderei di più di come ho fatto. Chi fa questo mestiere deve amare in modo sacro il proprio lavoro".

 

Il teatro, aveva insistito, "andrebbe curato di più dalle istituzioni: abbassare i prezzi è possibile solo se lo Stato ci aiuta. Nella nostra città chiudono i teatri come i cinema, ed è chiuso anche il Valle, uno dei teatri più belli d'Europa, proprio in un momento in cui nulla potrebbe essere piu' aggregante del teatro, da vedere ma anche da fare. La cosa più pericolosa di oggi è il pensiero che si allontana, eppure il pubblico esiste, non si esprime ma c'è. Bisognerebbe ricominciare il rapporto tra chi fa teatro e chi lo fruisce".

 

E ancora. "Non mi sono mai fermato, ma forse negli anni la tv ha cambiato un po' il pubblico che ora ride anche per cose che non fanno ridere. Però c'è voglia di conoscere: al Globe Theatre per esempio rispettiamo la struttura drammaturgica di Shakespeare. E' sempre meglio prima leggere che rileggere".

 

Attore istrionico di teatro, cinema e tv, regista, doppiatore, direttore artistico, cantante e grande affabulatore capace di rendere vera con la voce e il corpo anche la più grande illusione ("più sono bravo a fingere, più il pubblico è bravo a credere alla finzione), Proietti ha inaugurato nel 1978 la gestione diretta del Teatro Brancaccio di Roma col Gaetanaccio di Luigi Magni, lasciandola poi nel 2007 - non senza polemiche - a Maurizio Costanzo.
E' stato anche direttore del Teatro Stabile dell'Aquila e a lungo ha fatto del Sistina, con Pietro Garinei, la 'casa' dei suoi più grandi successi. La sua voce si spegne in un momento drammatico per il teatro, con i palchi costretti al silenzio dall'emergenza. 

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