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Il ritorno dei Casino Royale: "Polaris" è un viaggio tra smarrimento e ricerca di una direzione

Alioscia Bisceglia racconta a Tgcom24 il nuovo album della band: una bussola per orientarsi in questo mondo

Sha Ribeiro

I Casino Royale hanno scritto una pagina importante nella scena musicale degli anni 90. Nel loro dna c'è sempre stata una spinta incredibile nel fare musica, lontano da quella nostrana omologata di quegli anni, ma che guardava costantemente fuori dal Belpaese e oltre. "Polaris" è il nuovo album della band, che ritorna sulle scene, in un'ennesima reincarnazione, guidata sempre da Alioscia Bisceglia. Il titolo fa riferimento alla stella polare, simbolo per eccellenza dell’orientamento in senso lato, in questo periodo storico ancora più fortemente, con cui la band affronta il tema dello smarrimento e della ricerca di una direzione da seguire, sia come singoli e come comunità. Otto brani, un viaggio musicale intenso e suggestivo con un suono tra elettronica britannica, dub, black music e anche un fascino orchestrale. Che Alioscia ha raccontato a Tgcom24.

In questa ennesima reincarnazione dei Casino Royale il titolo del singolo "Fermi Alla Velocità Della Luce" cosa significa?
Siamo qui e ora in questo momento e viviamo in questa società un periodo di cambiamento. Nell'ultimo anno c'è stato un ribaltamento totale dell'accellerazione che ci ha portati a stare fermi, per assurdo. Il titolo è un'immagine che descrive un certo tipo di stato d'animo psico-fisico dell'uomo occidentale in questo momento. I cambiamenti sono improvvisi e quando vivi uno stato di shock ti senti bloccato e ti sembra che tutto intorno vada a duemila allora. "Non si vede l'alba ad ovest" dico nel brano, nel senso che probabilmente stiamo guardando dalla parte sbagliata, se ti trovi in crisi poi vieni travolto.

 

L'album si chiama "Polaris": raccontaci la scelta di questo nome e il significato per voi di questo punto lumioso
E' un po' un gioco con il tema dell'orientamento e dell'essere persi. Il nord è punto di riferimento. La stella polare è il punto di riferimento dei viaggiatori. Ci sembrava fosse affascinante e adatta ad usarla come titolo in un momento in cui siamo persi e confusi e in cui non c'è sicurezza nel futuro. In fondo vuol dire, "fermiamoci e usiamo la bussola", per orientarci verso quale direzione muoverci.

 

Quando è nato questo disco, quando si è accesa la scintilla per un ritorno discografico?
Il primo semino è nato per il ventennale di "Crx", intorno al 2017-2018 quando stavamo lavorando alla ristampa del disco a cui si sono aggiunte nuove versioni delle canzoni. Manfredi Romano (Dj Tennis) è uno che è cresciuto con i Casino Royale. A lui avevo chiesto un remix per quell'uscita. Così quando mi ha mandato un beat, io ho aggiunto la voce con un nuovo testo. Quando l'ha ascoltata mi ha detto: 'Questo è un pezzo nuovo, facciamo un disco e ve lo produco io'. Da qui è nata "Ho combattuto". Poi mi ha mandato altri beat che abbiamo utilizzato. Questa è stata la scintilla che ha fatto partire tutto e ho pensato, "disco nuovo, vita nuova". Ero molto in crisi ed ero perplesso sulle cose da scrivere. Il processo creativo è partito da lì. Poi un'altra spinta è arrivata quando ci hanno chiamato per il concerto di chiusura del Velvet di Rimini. Il gruppo era scoppiato in quel periodo. Ero con Geppi Cuscito, abbiamo fatto un beat volante e siamo saliti sul palco per una versione di "In my soul kingdom", un nostro pezzo storico. Quando siamo scesi dal palco abbiamo abbiamo capito che era un nuovo inizio e da lì è partito il lavoro sul nuovo materiale. 

 

Quali sono le caratteristiche sonore e musicali del nuovo album?
Come succede nel nostro processo creativo, cambiando per la centesima volta un brano esce un pezzo nuovo. E da quel pezzo fatto sul palco di Rimini è nata "Fermi alla velocità della luce". Il brano è arrivata al suo compimento quando abbiamo cominciato ad andare in studio con Franceco Leali che ha prodotto il disco. E' figlio di Fausto, e veniva dalla scena clubbing, noto con il suo progetto Clockwork. Ci eravamo già conosciuti per un passato progetto. Lui aveva poco più di 25 anni ed è stato una piacevole sorpresa perché ha ribaltato il pezzo. In più vedere uno di una generazione differente dalla tua, che conosce Casino Royale e vederlo esaltato nel lavorare insieme, ci ha dato nuova linfa vitale. Il suono del disco è un mix and match tra noi e lui. Questa volta è quasi assente un suono funk, che invece è una nostra caratteristica. Alla fine è uscito un disco molto europeo, e che a me sembra anche molto new wave per alcuni aspetti. Però ho avuto un passato da ragazzino new wave quindi non mi sembra una blasfemia. Penso che come attitudine siamo un gruppo cresciuto in un contesto new wave non dark, e aver vissuto a cavallo tra la fine anni 70 e gli anni 80 ascolando una serie di svariati gruppi che vanno dai Simple Minds fino ai Kraftwerk, ci ha dato la possibilità di essere onnivori. 

 

Qual è la missione speciale dei Casino Royale oggi?
Per fare il disco ci abbiamo messo tantissimo tempo perché siamo 50enni, abbiamo bambini, io ho varie attività. Viviamo il fatto di fare musica come quelli che vanno a pescare 4 volte all'anno. Ha un suo valore però, perché è sincero, non è un progetto commerciale ma è comunque un progetto di comunicazione: si parte dalla musica, con un immaginario grafico, i podcast, e presto arriverà anche un cortometraggio della stessa lunghezza dell'album. Per me rimane un'urgenza. Una necessità. Ho bisogno di comunicare queste cose. E' importante essere ascoltati e condividere.

 

In questo nuovo album c'è comunque il vostro DNA
E' Casino Royale a tutti gli effetti. Quella narrazione. Questa mezz'ora di musica è come la puntata numero zero della nostra nuova serie televisiva. E' anche figlia dei miei ascolti di Radio Rai 3, e potrebbe ricordare qualcosa del suo palinsesto, tra la musica classica e trasmissioni come Battiti. Rimane un lavoro collettivo e la musica è uno dei linguaggi che va a sommarsi ad altri che sono presenti nei Casino Royale. Ormai non siamo non più un semplice gruppo, ma una band aperta e diffusa.

 

Quando ascolto Ghemon e Venerus sono convinto del fatto che abbiate sparso diversi semi nella musica italiana. Che ne pensi?
Hai fatto il nome di due artisti a cui sono molto affezionato. Gianluca l'ho amato moltissimo ed è venuto anche a suonare con noi anni fa, prima che cominciasse questo percorso con la band. Ghemon ha sempre avuto fascinazione per i Casino Royale e per il funk suonato. Ce l'ha nel dna, soprattutto quando ha fatto "Adesso sono qui" (nel disco "Orchidee", 2014). Con Venerus è stato stranissimo. Lui magari non ha mai conosciuto troppo dei Casino Royale, forse perché in quegli anni era troppo piccolo. Ma poi è stato tanto in Inghilterra e forse il fil rouge con noi è il fatto che sia cresciuto musicalmente all'estero. Noi siamo un gruppo che ha da sempre un suono molto esterofilo e contemporaneo. Ed ecco che si svela il mistero e la connessione. Lui è un musicista, colto e inciampa in vari generi musicali. Il suo successo è estremamente positivo in un momento in cui il suono è omologato. Sia in lui che in Ghemon comunque vedo l'attitudine Casino Royale. In più entrambi sono innamorati di un certo tipo di black music che riescono a rendere contemporanea, e possiedono quello spirito indipendente dal punto di vista del gusto di massa.

 

Siete pronti a decollare dal vivo?
Abbiamo già dieci date fissate per febbraio. Niente prima. Questo perché in estate si andrà avanti a singhiozzo, e in autunno saranno tutti in tour e non c'erano più date disponibili. Non abbiamo fretta e la finestra temporale da qui a febbraio servirà per continuare a far uscire output legati a "Polaris".

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