AC/DC, in 92mila a Imola per i mostri sacri dell'hard rock
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Trionfo della band australiana che ha ripercorso i successi dei suoi straordinari 40 anni di carriera di fronte a un autodromo gremito
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E' iniziato con un tripudio pirotenico di fuochi d'artificio ed è proseguito con una corsa impazzita attraverso la storia dell'hard rock. Il concerto degli AC/DC all'autodromo "Dino Ferrari" di Imola è stato un trionfo di fronte a 92mila spettatori giunti da tutta Italia (e molti anche dall'estero) per l'unica data tricolore della band australiana. Un grande commiato per quello che potrebbe essere l'ultimo tour dello storico gruppo.
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Alcuni si sono presentati sul posto più di 24 ore prima, assiepati nella calura per aspettare Angus Young, con il suo vestito da scolaretto e la sua Gibson SG. Attesa e fatica ben ripagate. Introdotti da un cartone animato dell'allunaggio del 1969, in cui l'astronauta statunitense Neil Armstrong viene carbonizzato da un meteorite infuocato con la scritta "AC/DC", lanciato in orbita verso la Terra. Un palco largo 45 metri e profondo 26, corredato da sette maxischermi (tre on stage e quattro collocati all'interno dei 100mila metri quadri dell'area concerto) ha fatto da teatro per le scorribande di Angus e del cantante Brian Johnson, per i quali gli anni sembrano non essere passati.
L'onore di aprire le danze è andato alla hit che dà il nome all'ultimo album della band, "Rock Or Bust", uscito a dicembre scorso. In rapida successione, Johnson alla voce, i fratelli Young alle chitarre elettriche, Cliff Williams al basso e Chris Slade alla batteria hanno dato prova della loro inestirpabile energia sfoggiando a 107 decibel i grandi successi che il pubblico si aspettava (una ventina in tutto), da "Shoot to Thrill" a "Back in Black", da "Thunderstruck" a "Hells Bells" e "You Shook Me All Night Long". Tra luci stroboscopiche e fiamme infernali proiettate alle spalle, cornice ideale dello show, la band ha sommato per l'ennesima volta - la decima in Italia - la sua indistinguibile stravaganza rockettara a un'autoreferenzialità che non ha per nulla scontentato il pubblico, affascinato proprio dall'estrema coerenza della proposta musicale della band. E in chiusura non poteva mancare "Highway to Hell", manifesto che incarna la quintessenza maledetta e ribelle del rock.