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A Cannes 74 Farhadi racconta un eroe dei nostri tempi

Presentato in Concorso " A hero", nuovo film del due volte regista Premio Oscar

Ansa

Sulla Croisette è arrivato "A hero" di Asghar Farhadi, regista doppio premio Oscar per "Una Separazione" e "Il cliente". Applaudito in sala e in gara per la Palma a Cannes 74, il film sembra avere come riferimento cinematografico "Ladri di biciclette" di De Sica ma la storia è del tutto immersa nella realtà iraniana di oggi dove alle rigide regole della società, specie in campo familiare, si affiancano i nuovi valori dei social network, la reputazione che un giorno ti esalta e il giorno dopo ti distrugge. "Mi sono ispirato a storie simili lette sui giornali, storie di persone comuni che sono state messe sotto i riflettori a causa di qualcosa di altruistico che hanno fatto" ha detto il regista.

Al centro del film, c'è Rahim (Amir Jadidi), carcerato per debiti che, uscito per qualche giorno dalla prigione, cerca in tutti i modi di trovare anche solo una parte dei soldi per far ritirate la denuncia e restare in libertà. Per lui a un certo punto arriva la fortuna sotto la forma di una borsa piena di monete d'oro. La sua nuova ragazza la trova abbandonata ad una fermata d'autobus. I due cercano inizialmente di ricavarci dei soldi, poi, per tutta una serie anche di strani "segni", Rahim decide di cercarne il proprietario mettendo un annuncio. Quando la donna che ha perso la borsa approda nella casa della sorella di Rahim, dove vive anche lui insieme al figlio adolescente, e dimostra di esserne la legittima proprietaria, il carcerato diventa subito un eroe. Tv e media lo cercano, e il figlio è davvero orgoglioso di averlo per padre. Da qui il film cambia nettamente.

 

Capace come è Farhadi di cavalcare tutti i registri delle persone semplici, naturali, fa entrare nella vita del protagonista il sospetto, il dubbio. Un dubbio che ha anche la stessa polizia che non vede tutto chiaro nella restituzione della borsa. E un eroe, si sa, fa presto a cadere se la gente non crede più in lui.


ISABELLE HUPPERT, DIVA FRANCESE - Durante la giornata Isabelle Huppert ha regalato ad una platea sold out la sua lezione di cinema e teatro. Per lei recitare è "un incontro con se stessi sotto diverse maschere. Il cinema è puro divertimento", ha detto l'attrice da 118 premi e oltre 100 film e tantissimo teatro. "Non mi intimidisce nessuno", dice senza preoccuparsi di darsi arie la carismatica musa di Claude Chabrol, diretta da Tavernier, Kiarostami, Haneke (il suo preferito che l'ha diretta ne "La Pianista", il film che ama), Godard, Bellocchio, Taviani, Ozon. L'arte della recitazione è per lei il "qui e ora, sorprendere anche te stessa e cercare ogni strategia per essere fuori dal convenzionale".

 

OLIVER STONE RITORNA SULL'ASSASSINIO DI JFK - 24 ore dopo la presentazione del suo documentario "JFK revisited: through the looking glass", Oliver Stone non abbassa la guardia e rilancia la sua tesi della grande cospirazione. "La Cia ha ucciso Kennedy", ha dichiarato. "Perchè stava apportando troppi cambiamenti, voleva ritirare i soldati dal Vietnam, proseguire nel processo di distensione con la Russia, togliere pressione a Cuba. Nessun presidente dopo di lui si è battuto per la pace allo stesso modo. Il regista americano ha anche parlato di Barack Obama sostenendo che l'ex presidente aveva paura di essere assassinato: "Clinton e Obama hanno cominciato sulla stessa via, ma poi si sono fermati e Obama aveva soprattutto il timore di finire anche lui assassinato perché era il primo presidente di colore. Non ne ho le prove, ma ci sono molti indizi anche in questo. La verità su Kennedy fa ancora paura tanto che nessun network americano ha voluto comprare il mio documentario e sono dovuto venire in Europa per trovare i finanziatori".

 

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