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"Disintegration", quando le tenebre sono luminosissime: 30 anni fa usciva l'album più importante dei Cure

Il concept album è stato il più fortunato del gruppo dal punto di vista commerciale e ha segnato unʼepoca

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Il 2 maggio del 1989 usciva "Disintegration", il più importante album dei Cure.

La band inglese capitanata da Robert Smith con quel disco raggiunse per la prima volta la top 10 anche in Italia. Un risultato ottenuto dal tema cupo e dalle atmosfere che mescolavano dark, rock e psichedelia. Un'immaginario per certi versi poco "pop", a partire dal primo singolo "Lullaby", una ninna nanna gotica accompagnata da un video dai tratti horror.

"Disintegration" è l'apice di una ideale trilogia iniziata con "Pornography" (1982) e chiusa con "Bloodflowers" (2000). Tre album nei quali Smith ha riversato tutto il suo malessere nei confronti della vita. In particolare "Disintegration" nasce da uno stato depressivo in cui Smith versava per l'avvicinarsi dei 30 anni, traguardo che vedeva come definitvo e terrorizzante, con la consapevolezza, tra le altre cose, che praticamente tutti gli artisti da lui stimati avevano composto prima di quell'età il proprio capolavoro. Lui rimedia scrivendo con "Disintegration" il momento più oscuramente luminoso di una carriera quarantennale.

Il disco è la fotografia di un momento personale di Smith, che non a caso era pronto a far uscire l'album da solista nel caso gli altri del gruppo non avessero apprezzato le canzoni. Una virata brusca rispetto ai lavori precedenti che avevano spostato i Cure su un terreno maggiormente pop. Dal 1983, con "The Lovecats", fino al 1987, con l'album "Kiss Me, Kiss Me, Kiss Me", il sound del gruppo si apre a influenze più leggere, con persino l'inserimento di fiati negli arrangiamenti ("Why Can't I Be You?") e melodie romanticamente sognanti ("Just Like Heaven", "Catch"). In "Disintegration" il sogno diventa incubo, come quello del protagonista di "Lullaby", che si immagina un ragno accucciato nel buio pronto a divorarlo. I temi portanti sono lo sfiorire le della vita, l'invecchiamento, la morte e la disintegrazione dei propri punti di riferimento, siano affetti o rapporti umani. Ma rispetto al dark claustrofrobico e malato di "Pornography", in questo album la complessità delle tessiture musicali ha un'ariosità e un'apertura del tutto diversa. Basta sentire la maestosità delle tastiere di apertura di "Plainsong", o la morbida malinconia di "Pictures of You". Anche dove il pop si fa largo, in questo album, lo fa in maniera coerente con il contesto, con canzone d'amore come "Lovesong", che Smith dedica alla moglie sposata l'anno prima, romanticamente decadente. E dove la disperazione e il dolore sfociano in un afflato più energico lo fanno nelle chitarre acide del rock di "Fascination Street".

La realizzazione e l'uscita dell'album coincidono anche con un momento difficile per la band, quello della rottura con Lol Tolhurst, storico membro fondatore del gruppo. Sempre più estraniato dall'attività compositiva e produttiva perché costantemente in preda ai fumi dell'alcol, il tastierista (già batterista) viene ormai sopportato a fatica dai membri della band, e solo l'amicizia con Smith impedisce un'estromissione più rapida. Estromissione che alla fine risulta comunque inevitabile, con Lol che viene accreditato genericamente solo per aver suonato "strumenti vari" e viene poi licenziato (con conseguenti strascichi legali negli anni seguire sull'utilizzo del nome del gruppo). "Disintegration" rappresenta comunque un punto di non ritorno. Se tra i timori di Smith c'era quello di non avere ancora scritto il proprio capolavoro, con questo album lo esorcizza al costo di non riuscire più a replicare tali vertici creativi.  

Proprio in coincidenza di questo trentennale i Cure torneranno per un concerto in Italia, protagonisti del "Firenze Rocks" il 16 giugno. Prima però l'appuntamento è fissato per il 30 maggio: in streaming sarà trasmesso in tutto il mondo lo show speciale alla Sydney Opera House nel quale eseguiranno tutto "Disintegration" più una serie di extra.

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