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Crisi nel Mar Rosso, dalle ripercussioni economiche alla missione Ue | Guarda la sesta puntata di "TOGETHER - Europa2024"

L'approfondimento, realizzato in collaborazione con il Parlamento europeo, è andato in onda mercoledì 24 gennaio. Ospiti dell'appuntamento: Marco Campomenosi, capo delegazione Lega al Parlamento europeo, Nicola Danti, europarlamentare di Italia Viva e vicepresidente di Renew Europe, e Alessandro Pitto, presidente di Fedespedi

Le ripercussioni economiche della crisi nel Mar Rosso e la missione Ue.

Questi gli argomenti trattati nella sesta puntata di "TOGETHER - Europa2024", il progetto multimediale di Tgcom24 realizzato in collaborazione con il Parlamento europeo, con gli ospiti Marco Campomenosi, capo delegazione Lega al Parlamento europeo, Nicola Danti, europarlamentare di Italia Viva e vicepresidente di Renew Europe, e Alessandro Pitto, presidente di Fedespedi. Durante l'appuntamento, abbiamo parlato anche di un tema strettamente legato alla questione: la difesa europea.

 

Il contesto - Il 22 gennaio, i ministri degli Esteri dei 27 Stati membri hanno dato un primo via libera alla missione europea che da febbraio sarà in campo per la protezione dei mercantili in transito dal Mar Rosso. Uno scudo contro gli Houthi yemeniti, il gruppo di ribelli sciiti sostenuti dall'Iran che da settimane con ripetuti attacchi sulle navi cargo minacciano l'economia mondiale.

 

"Si tratta di una missione difensiva - ma anche con la licenza di utilizzare la forza - fortemente voluta da Italia, Francia e Germania. Ora c'è un accordo politico. Come ha ricordato Borrell, i Paesi hanno dato l'ok, ma non vuol dire che tutti parteciperanno. È evidente che più Paesi e mezzi parteciperanno, più questa missione avrà una sua efficacia", ha spiegato il corrispondente Mediaset da Bruxelles Leonardo Panetta.

 

Le conseguenze - "Il Canale di Suez, dal 1869, cioè da quando è entrato in funzione, ha riconsegnato al Mediterraneo una centralità che aveva perso dalla scoperta dell'America in poi. Una straordinaria importanza anche per l'Italia, che ha fatto della portualità uno degli asset strategici per le sue politiche economiche. L'Italia è un Paese che vive di commercio internazionale, di Made in Italy, ma anche di approvvigionamento e di materie prime che in gran parte arrivano proprio tramite il Canale di Suez. Attraverso quest'ultimo, transita il 17% delle nostre importazioni. Parliamo di industria tessile, che sappiamo essere proprio uno dei punti forti del nostro Paese, macchinari, metallurgia e materie prime. Quindi, tutte merci di cui abbiamo bisogno per approvvigionare le nostre industrie, che stanno subendo appunto un incremento di costi e di servizi legati ai ritardi dovuti alla crisi. Stesso discorso vale per l'export: il 7% dell'export italiano del Made in Italy viaggia tramite il Canale di Suez e anche questo è un dato che ci può far preoccupare e dare dei primi segnali di allarme. Export in buona parte costituito da food, quindi da merci deperibili, che hanno necessità di essere consegnate, di arrivare a destinazione in tempi ragionevoli e che consta di diverse centinaia di milioni all'anno di valore", ha specificato Pitto.

 

"Secondo me, la vicenda deve insegnarci ad avere una concentrazione maggiore su queste dinamiche. Ricordiamoci che nel Canale di Suez, qualche anno fa, una nave si è messa di traverso e ha creato delle conseguenze nei porti europei per settimane e settimane. Ora, ci sono diverse difficoltà: quella di indeterminatezza dei tempi per chi deve ricevere i container, che è un problema economico importante, e quella di approvvigionamento. Altri soggetti sono coinvolti nella vicenda: Regno Unito, Stati Uniti, Cina. Quindi, non è un qualcosa che interessa solo noi dell'area del Mediterraneo. La stessa vicenda degli Houthi è collegata al tema dell'Iran. C'è una volontà di escalation, per cui la reazione deve essere adeguata per difendere i nostri interessi commerciali, ma non per aggravare ulteriormente una situazione già abbastanza instabile", ha dichiarato Campomenosi.

 

"In questa fase, l'Europa non può permettersi un nuovo rialzo dei tassi d'interesse e nuova inflazione. Dobbiamo agire con forza. Per cui, salutiamo con favore la decisione dei ministri degli Esteri degli scorsi giorni, ma credo che bisogna agire davvero con urgenza e immediatamente, dispiegando le forze necessarie per controllare quell'area strategica per i nostri commerci. Una nuova fase di incertezza economica sarebbe terribile per l'Europa in un momento come questo", ha affermato Danti.

 

Difesa europea, a che punto siamo? - Tutto ciò porta a una riflessione in tema di difesa europea. A che punto siamo? Cosa manca per raggiungerla? "Di fatto, c'è già una collaborazione completa: nessuno Stato membro dell'Unione prende iniziative militari da solo; un esempio è anche l'accordo di questi giorni. Non credo occorra fare molto di più, magari mettere più budget e progetti comuni. Il cammino è giusto. Il sistema che abbiamo oggi è equilibrato, anche se può essere reso più efficiente e rapido", ha aggiunto Campomenosi.

 

"In questo campo, spendiamo ancora poco e male, con grande diseconomia rispetto ad altre realtà. In questi anni, abbiamo lavorato per garantire un'industria della difesa europea. Ora credo ci sia da fare un passo ulteriore per arrivare a un coordinamento politico, a una difesa comune vera e a un futuro esercito europeo", ha concluso Danti.

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