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Patto di stabilità e di crescita e debito pubblico italiano | Guarda la quinta puntata di "TOGETHER - Europa2024"

L'approfondimento, realizzato in collaborazione con il Parlamento europeo, è andato in onda venerdì 12 gennaio. Ospiti dell'appuntamento: Irene Tinagli, europarlamentare Pd, Salvatore De Meo, europarlamentare Fi, Carlo Alberto Carnevale Maffè, docente di Strategia all’Sda Bocconi

La prima puntata del nuovo anno di "TOGETHER - Europa2024", il progetto multimediale di Tgcom24 realizzato in collaborazione con il Parlamento europeo, è dedicata a un tema economico cruciale: il Patto di stabilità e di crescita.

Durante l'appuntamento, il quinto, è stato trattato anche l'argomento del debito pubblico italiano, strettamente legato al tema centrale. Tutto ciò è stato fatto con l'aiuto dei nostri ospiti: Irene Tinagli, europarlamentare Pd, Salvatore De Meo, europarlamentare Fi, Carlo Alberto Carnevale Maffè, docente di Strategia all'Sda Bocconi.

 

Il Patto - Il Patto è nato quasi 30 anni fa per salvaguardare le finanze pubbliche degli Stati membri. È stato spesso oggetto di dibattiti e polemiche. Nel dicembre 2023, i ministri dell'Economia dell'Unione europea hanno raggiunto un'intesa che ha aperto la strada alla riforma del Patto. La palla passa adesso al Parlamento europeo.


Le prossime tappe - "L'accordo raggiunto tra i ministri delle Finanze dei Paesi europei non è l'ultimo passo per vedere attivo il Patto di stabilità e di crescita. Ora la palla passa al Parlamento europeo, che deve elaborare un suo testo. Poi si andrà, negli auspici delle istituzioni europee, a un trilogo e a un voto che si cercherà di far arrivare entro la fine di questa legislatura", ha precisato il corrispondente Mediaset da Bruxelles Leonardo Panetta.


"Il testo del Parlamento è già pronto. Ci abbiamo lavorato lungamente nei mesi scorsi, lo abbiamo votato in Commissione Affari Economici - che presiedo - a inizio dicembre, proprio perché volevamo essere pronti appena ci fosse stato l'accordo sul testo del Consiglio. Adesso, dobbiamo fare il nostro ultimo passaggio dentro al Parlamento, quindi il voto in plenaria la settimana prossima, dopodiché saremo pronti a iniziare i negoziati con il Consiglio. Le premesse sono complesse perché il testo del Parlamento è molto diverso da quello su cui hanno trovato l'accordo i governi in Consiglio: lascia più margini di flessiblità. E quindi prevedo che non sarà semplice trovare un punto di caduta comune fra la visione del Consiglio, che è molto più rigida, rigorosa e che tra l'altro è molto diversa dalla proposta originaria che era stata fatta dalla Commissione europea, e il testo del Parlamento", ha spiegato Tinagli.

 

In particolare, l'intervento della Germania ha corretto la proposta di partenza della Commissione inserendo le cosiddette salvaguardie. "Non ci devono spaventare - ha detto De Meo -. Molto spesso sul Patto di stabilità c'è stata una grande strumentalizzazione anche del dibattito politico. L'Italia ha posto sempre e comunque la condizione che ci fosse quella flessibilità necessaria perché gli Stati e l'Unione europea possano avere la capacità di reazione di fronte a eventuali emergenze. Lo abbiamo visto durante il Covid, non è un caso che il vecchio Patto sia stato sospeso. Ora arriviamo in Parlamento con una proposta ancora più flessibile. Abbiamo bisogno di collegare la responsabilità alla flessibilità. C'è bisogno di una regolamentazione che non sia eccessiva e che permetta ai singoli Stati di avere quel margine di manovra che consenta anche di utilizzare la spesa. Poi è responsabilità di ogni singolo Stato far sì che la spesa sia buona, che sia quel debito capace di produrre ulteriore economia. Speriamo sia confermata una flessibilità necessaria a garantire un'Europa solidale".


Il debito pubblico italiano - Nel 1963, il rapporto tra debito pubblico e Pil si attestava al 32,6%. Poi la situazione è cambiata: sono arrivati gli Anni 70, la crisi petrolifera e l'aumento dell’inflazione. È così iniziato un trend di crescita che ci ha portato nel 1980 a registrare un 55%. Il picco si è poi raggiunto nel 1994, quando si è arrivati al 121,8%. Da qui, dunque, è iniziata una fase di controllo e di calo del debito pubblico che si è però interrotta nel 2008, con la crisi economica negli Stati Uniti che ha portato conseguenze anche nel nostro Paese. Proprio in quell'anno si è registrato un rapporto del 106%. Nel 2020, è scoppiata la pandemia di Covid e si è arrivati al 155%. La crescita è rallentata lievemente nel 2023, quando si è arrivati al 142,9%. Un dato che secondo le stime della Nadef dovrebbe rimanere invariato almeno per i prossimi due anni.


"Abbiamo speso troppo e male e siamo cresciuti troppo poco. Perché alla fine il rapporto debito-Pil è un rapporto tra un numeratore che sta sopra e un denominatore che sta sotto. Sopra dobbiamo spendere bene per far crescere il denominatore, cioè far crescere lo sviluppo, l'innovazione. In questi anni abbiamo speso male: per pensioni, previdenza. Spese utili, ma che non hanno fatto moltiplicare il percorso di crescita del Paese. Adesso abbiamo lo strumento del Pnrr, che dovrebbe essere debito buono, ma è ancora tutto da trasformare in potenziale di ricchezza. Quello che conta non è il valore assoluto del debito, che ormai è a 3mila miliardi, ma è la capacità di sostenerlo con la crescita", ha commentato Carnevale Maffè.


"Dobbiamo imparare a spendere meglio, a spendere un po' meno sicuramente, ma a spendere per crescere e non per distribuire. Questo è il messaggio fondamentale che arriva dal Patto di stabilità. Che però è un grande cerotto a una ferita che sanguina da tanti anni - ha aggiunto -. A me è spiaciuto vedere un dibattito un po' tattico, per guadagnare 3-4 anni di tempo. È un peccato perché l'Europa si meritava, e l'Italia si merita, una prospettiva più ampia. Mi aspettavo che l'Europa parlasse delle nuove generazioni. Il Patto di crescita - con la stabilità - avrebbe dovuto creare un bilancio pubblico europeo più forte. Se accentriamo in Europa le spese importanti - penso alla tecnologia, alla difesa, alla salute - allora è chiaro che risparmiamo, perché accorpiamo spese che oggi sono frammentate in 27 Stati. Questa visione è mancata e spiace che l'Italia, che è fondatrice di questo grande progetto di Unione europea, non abbia saputo contribuire a crearla. C'è ancora tempo per farlo, ma l'Unione ha bisogno di un progetto comune di crescita. Dopodiché, quella crescita va resa stabile con della disciplina fiscale. Questa è la chiave di lettura che dobbiamo dare alle nuove generazioni".


Un evento in ricordo di David Sassoli - In chiusura di puntata, si è parlato anche dell'evento in ricordo di David Sassoli che si è tenuto a Roma, presso Esperienza Europa, a due anni dalla scomparsa.

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